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Caro energia, Confcommercio: a rischio 120mila imprese e 370mila posti di lavoro

Il presidente Carlo Sangalli: "Situazione da vera emergenza"

Il caro energia e un'inflazione prossima all'8%, per quasi l'80% dovuta proprio all'impennata dei prezzi delle materie prime, mettono "a rischio da qui ai primi sei mesi del 2023 circa 120mila imprese del terziario di mercato e 370mila posti di lavoro".

E' quanto stima Confcommercio-Imprese per l'Italia, che indica come la spesa in energia per i comparti del terziario nel 2022 ammonterà a 33 miliardi, il triplo rispetto al 2021 (11 miliardi) e più del doppio rispetto al 2019 (14,9 miliardi).

 

Uno scenario che "in assenza di interventi specifici e nuove misure di sostegno, rischia, anche alla luce delle ulteriori restrizioni nella fornitura di gas annunciate dalla Russia, di ampliare il numero di imprese che potrebbero cessare l'attività e causare una forte frenata all'economia nella seconda parte dell'anno", sostiene Confcommercio.

 

 

I settori più colpiti - Tra i settori più esposti, "il commercio al dettaglio, in particolare la media e grande distribuzione alimentare che a luglio ha visto quintuplicare le bollette di luce e gas - sottolinea ancora l'associazione -, la ristorazione e gli alberghi con aumenti tripli rispetto a luglio 2021, i trasporti che oltre al caro carburanti (+30-35% da inizio pandemia ad oggi) si trovano ora a dover fermare i mezzi a gas metano per i rincari della materia prima; ma a risentire pesantemente di questa situazione sono anche i liberi professionisti, le agenzie di viaggio, le attività artistiche e sportive, i servizi di supporto alle imprese e il comparto dell'abbigliamento che, dopo una stagione di saldi marginalmente favorevole, si trova oggi a dover sopportare incrementi consistenti".

 

Sangalli: "Nuovo governo dia risposte immediate" - Per Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, i costi dell'energia "sono, ormai, da vera emergenza. Il nuovo governo dovrà dare risposte immediate accelerando soprattutto su Recovery Fund energetico europeo e fissazione di un tetto al prezzo del gas. E' vitale, insomma, tagliare drasticamente il costo dell'energia per tutte le imprese, anche quelle non 'energivore' e 'gasivore'. In caso contrario si rischia di vanificare la ripresa economica di questi ultimi mesi".

 

Gas via mare, le strade per fare a meno della Russia

C'è gas che arriva da tutto il mondo, tranne che dalla Russia, sulle navi metaniere che attraccano ogni settimana al terminale gasiero di Adriatic Lng, 15 km al largo della costa veneta, a Porto Viro (Rovigo). E'il rigassificatore più grande dei tre esistenti in Italia - gli altri sono a Panigaglia (La Spezia) e a Livorno - il primo al mondo realizzato off-shore.  Diventerà il nostro caposaldo quando il Governo, d'intesa con i partner dell'Ue, deciderà di chiudere definitivamente il rubinetto al gas di Mosca. Col rigassificatore in Adriatico, una struttura in cemento armato lunga 180 metri, larga 88 e alta 47 metri, (oltre che dagli altri due impianti nazionali) si garantirà il riscaldamento agli italiani il prossimo inverno. Quello di Porto Viro, entrato in funzione nel 2009, è l'unico impianto italiano a poter accettare le metaniere cosiddette 'super large scale vessels' con capacità sino a 217mila metri cubi liquidi. Mas come funziona il rigassificatore? Il combustibile fossile arriva infatti sulle navi allo stato liquido, compresso a -160 gradi. Viene riportato allo stato gassoso - e a quel punto avviato verso la rete di distribuzione - sfruttando la differenza di temperatura data dall'acqua di mare. Intanto davanti alla costa veneta le navi vanno e vengono senza sosta. Dall'inizio del 2022 sono già 18 le metaniere giunte al terminale, per un totale di oltre 1,5 mld di metri cubi di gas. Nel 2020 erano state 76, 81 nel 2021. Il metano liquefetto arriva qui da 9 Paesi: prevalentemente dal Qatar, ma anche da Egitto, Trinidad e Tobago, Guinea Equatoriale, Norvegia, Nigeria, USA, Angola.

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