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Attese e mercati, la sfida elettrica tra Tesla e Nikola

Elon Musk non è più il profeta solitario della mobilità elettrica, dovrà vedersela con la tecnologia rivoluzionaria di Nikola


Nikola si affianca alla stella solitaria di Tesla, la mobilità elettrica diventa un costellazione
Un anno fa Tesla viaggiava sui 250 dollari, poi il picco record a febbraio, una correzione del 50% causa virus e la ripartenza da aprile che ha portato l'azienda fondata dal visionario Elon Musk a nuovi massimi oltre 1.000 dollari. Ovviamente tutti i produttori stanno puntando ‘anche' sull'auto elettrica, quello che fa di Tesla una novità assoluta è che scommette ‘solo' sull'auto verde, con il plus di posizionarsi nella fascia alta per cui offre al compratore finale il doppio plus di una macchina ‘top' e della targhetta ben visibile di essere rispettoso dell'ambiente. Ora con lo sbarco in Borsa di Nikola, Tesla non è più una stella solitaria. La sfida è dichiarata fin dal nome, lo stesso del genio serbo-americano inventore del motore a corrente alternata a fine del 1800 il cui cognome, Tesla, era stato preso da Musk come brand. Nikola punta sul trasporto elettrico ma nei mezzi pesanti, e ha tra gli azionisti (al 7,1%) l'italiana Iveco, parte di CNH, che ne sta studiando lo spin-off. Trevor Milton, fondatore di Nikola, punta sul trasporto elettrico delle cose più che delle persone, dai pick-up ai grandi veicoli industriali in cui è specializzata proprio Iveco. L'Ipo di Nikola a inizio giugno è stata accolta con un applauso da Wall Street, che nel primo giorno di contrattazioni ha spinto il titolo in rialzo di oltre il 100% a una capitalizzazione di $28 mld, più di Ford e Fca messe insieme. Elon Musk ha arricciato il naso e non pochi raccomandano di vendere Nikola allo scoperto, ma sembra invece una buona notizia anche per Tesla. È la conferma che gli investitori puntano sul mega-trend globale del motore elettrico, e che i pionieri hanno davanti una prateria. Certo, Nikola non ha ancora mai venduto niente, mentre Tesla punta a superare quest'anno mezzo milione di consegne, ma la sua tecnologia basata sull'idrogeno potrebbe rivoluzionare il trasporto merci.


Le recessioni hanno sempre coinciso con la ‘V' degli utili
Il rally delle azioni è minacciato da una nuova ondata di contagi. Anzi no, dal ritorno delle tensioni commerciali tra USA e Cina. Inoltre i prezzi delle azioni di Wall Street sembrano troppo alti a fronte di un'economia ancora in piena recessione che non si sa ancora quando tornerà ai livelli pre-virus. E quello che leggiamo tutti i giorni nei titoli delle cronache finanziarie e delle tv. Ma la correlazione tra geopolitica, pandemia, dati economici e prezzi delle azioni quotate come quelle citate sopra sono molto indirette. Mentre la correlazione diretta è quella tra prezzi e utili. E le recessioni, per le aziende, sono sempre importanti occasioni per ristrutturare, tagliare i costi e recuperare efficienza, per chi ovviamente ce la fa. Su Yahoo Finance Myles Udland ha proposto il grafico che segue, che mostra come, quasi immancabilmente, dal dopoguerra ad oggi, ad ogni recessione abbia corrisposto un rimbalzo a V degli utili aziendali. Utili S&P 500 (linea blu), rimbalzi a ‘V' (frecce rosse) e recessioni (in grigio) Utili S&P 500 (linea blu), rimbalzi a ‘V' (frecce rosse) e recessioni (in grigio)Fonte: Fred su dati Bureau of economic analysis Secondo lo stesso Bureau, a cui è affidato in America il compito di ‘certificare' le recessioni, quella attuale è partita a fine febbraio e l'uscita potrebbe essere già iniziata.


La maggioranza silenziosa americana non si scopre nei sondaggi
I titoli dei giornali e delle tv americani danno nei sondaggi Joe Biden in vantaggio su Donald Trump alle presidenziali del 3 novembre di una decina di punti percentuali, ma su siti e blog USA dubbi e scetticismo montano e c'è addirittura chi dice che dichiarare al sondaggista di votare Biden da parte di chi ha votato Trump 4 anni fa e continuerà a farlo, sia diventato uno sport nazionale. In effetti molti dati sono in realtà una media tra diversi sondaggi, che magari riflettono diverse ispirazioni politiche. Andando a vedere i singoli istituti, la realtà è diversa. I Rasmussen Reports del 19 giugno 2020 danno a Trump un tasso di approvazione del 47%, contro il 45% di cui godeva Obama lo stesso giorno del 2012, 4 mesi prima di essere rieletto. La Zogby Polls recentemente dava Biden al 46% e Trump al 51%, mentre i sondaggi di Democracy Institute/Sunday Express, che avevano azzeccato sia la prima elezione di Trump che il referendum sulla Brexit, puntano a un testa a testa nazionale, indicando però un Trump in vantaggio in diversi stati indecisi, come Florida, Iowa, Michigan, Minnesota, Pennsylvania e Wisconsin. Insomma, la maggioranza silenziosa, che non è fatta solo di bianchi, sarebbe tale anche quando squilla il telefono del sondaggista.


Contenuto a cura di Financialounge.com