economia

Crisi, Draghi:segnali incoraggianti

Subito riforme e interventi sul lavoro

29 Mag 2009 - 10:59

Mario Draghi, nelle "Considerazioni finali" lette all'assemblea di Bankitalia, indica le linee guida per "uscire più forti da questa crisi". Una ricetta che si basa sulle riforme strutturali per garantire la tenuta dei conti pubblici, su interventi sul riassetto degli ammortizzatori sociali, sulla la ripresa degli investimenti pubblici, e sulle azioni di sostegno della domanda e del credito. Ma dice: "Segnali di miglioramento ci sono già".

Il governatore però chiede ulteriori sforzi al governo sui conti pubblici, in deciso peggioramento. Secondo le stime di Palazzo Koch quest'anno il Pil potrebbe arrivare a cedere il 5%. Ma a preoccupare Draghi sono i pesanti risvolti sul mondo del lavoro: il 40% delle imprese ridurrà il personale e i disoccupati, ora all'8,5%, potrebbero salire al 10%.

Ma vediamo in sintesi i punti salienti delle "Considerazioni finali".

Pil in caduta al 5%, ma segnali di miglioramento
Molto è stato fatto ma "molto resta ancora da fare" per "sanare la ferita che la crisi ha aperto nella fiducia collettiva". Una fiducia che "non si ricostruisce con la falsa speranza, ma neanche senza speranza: uscire da questa crisi più forti è possibile". Draghi non nasconde la gravità della fase economica che stiamo vivendo, con un Pil previsto in caduta del 5% nel 2009. E ricorre più volte alla parola fiducia, che va ricostruita "non con artifici, ma con la paziente, faticosa comprensione dell'accaduto e dei possibili scenari futuri; con l'azione conseguente".

Subito riforme, quelle a sostegno del lavoro in primis
La ricetta del governatore è, a un tempo, semplice e complessa. Si tratta di fare le "riforme strutturali: non solo per dire ai mercati che il disavanzo è sotto controllo, ma perchè queste riforme costituiscono la piattaforma della crescita futura". Al primo posto Draghi pone la "riforma organica e rigorosa" degli ammortizzatori sociali esistenti, che renda più universali i trattamenti per limitare il rischio più grande che corre l'Italia, vale a dire il crollo dei consumi da parte delle famiglie. Il nuovo sistema, dice il governatore, può essere ridisegnato attorno ai due tradizionali strumenti: cassa integrazione e indennità di disoccupazione.
Questi, secondo Draghi, andrebbero affiancati da una misura di sostegno al reddito per i casi non coperti, come ovunque in Europa e come prevede il Libro Bianco del governo; mentre per i bassi salari potrebbe essere studiato un credito d'imposta. Il nostro sistema di protezione sociale è "frammentato" e i "lavoratori altrimenti identici ricevono trattamenti diversi solo perché operano in un'impresa artigiana, invece che in una più grande": così 1,6 milioni di dipendenti non hanno diritto a sostegni in caso di licenziamento e che l'8% di quanti hanno diritto a un'indennità nel settore privato, riceveranno meno di 500 euro al mese.
Draghi reclama quindi "un buon sistema di ammortizzatori sociali per chi cerca un nuovo lavoro, finanziariamente in equilibrio nell'arco del ciclo economico", perché così si attenua la preoccupazione dei lavoratori, si sostengono i consumi, si accresce la mobilità tra imprese, si favorisce la riallocazione delle competenze individuali verso gli impieghi più produttivi.

Allarme sulla disoccupazione che potrebbe salire al 10%
Potrebbe salire oltre il 10% la quota dei lavoratori in Cassa integrazione e senza lavoro. Draghi avverte: "I lavoratori in Cassa integrazione e coloro che cercano una occupazione sono già oggi intorno all'8,5% della forza lavoro, una quota che potrebbe salire oltre il 10%. E questo proseguirebbe la decurtazione del reddito disponibile delle famiglie e dei loro consumi, nonostante la forte riduzione dell'inflazione".

Conti pubblici, intervenire subito
Un Pil in caduta di "circa il 5%" e che tra ottobre 2008 e marzo 2009 ha lasciato sul terreno "oltre 7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente". Un deficit che quest'anno si accresce ''di circa due punti, a oltre il 4,5%" e che "potrebbe superare il 5% nel 2010". Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi snocciola i dati di crescita e conti pubblici. Punta l'indice sulla crescita del debito e richiama a interventi rapidi, con tagli di spesa da fare "subito" e contrasto all'evasione fiscale che "consentirebbero di ridurre aliquote legali", far calare le tasse, "diminuendo distorsioni e ingiustizie".
Ma si vede la luce in fondo al tunnel? ''I recenti segnali di un affievolimento della fase più acuta della recessione - spiega Draghi - provengono dai mercati finanziari e dai sondaggi d'opinione, più che dalle statistiche finora disponibili sull'economia reale". A livello internazionale "non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica: si prevede che la crescita riprenderà nel 2010''.
I riflessi sui conti pubblici sono immediati. A partire dalle tasse pagate. "Nel 2008 il gettito dell'Iva è diminuito dell'1,5% a fronte di una crescita dei consumi del 2,3% anche per effetto dello spostamento di questi verso beni essenziali ad aliquota più bassa", dice Draghi con una immagine che ben fotografa i morsi della crisi. Il 2009 non è meglio. "Nei primi 4 mesi l'Iva riscossa è stata inferiore del 10% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente. L'Ires, scesa di oltre il 9% nel 2008, potrebbe flettere in misura ancora maggiore nell'anno in corso. Oggi solo il gettito dell'Irpef tiene". E la spesa? Quella primaria "ha già toccato il valore massimo dal dopoguerra" e "salirà di 3 punti percentuali nel 2009. Supererà largamente il 50% del Pil. Ecco allora che il deficit pubblico volerà quest'anno oltre il 4,5% e punta verso il 5% nel 2010.
Così, anche senza considerare interventi di sostegno all'economia, "il peso del debito sul prodotto sarà comunque molto aumentato, riportandosi ai livelli dei primi anni Novanta". Draghi non indica valori, ma quelli sono gli anni nei quali il debito dal 105,20 del Pil del 1992, balzò al record di 121,94 del 1994. Draghi non nasconde i suoi timori: La fine della crisi troverà l'Italia più debole e "se dovessimo limitarci a tornare su un sentiero di bassa crescita sarebbe arduo riassorbire il debito pubblico".
Bisogna allora agire su due fronti: riequilibrio conti e riforme. "Le misure di riduzione della spesa corrente - spiega Draghi - vanno introdotte nella legislazione subito, anche se con effetti differiti, senza rinvii a ulteriori atti normativi e a decisioni amministrative". In questo capitolo entrano ''il graduale incremento dell'età media effettiva di pensionamento" e un'attenta attuazione del federalismo fiscale. "Molto ci si aspetta dalla progettata riforma della Pa" e dalla semplificazione degli adempimenti burocratici. Anche perché "semplificazione normativa ed efficacia dell'azione pubblica sono condizioni necessarie per ridurre il peso dell'economia irregolare, stimato di più del 15% dell'attività economica".

La lotta all'evasione vale il 15% dell'economia
Il capitolo della lotta all'evasione, del sommerso vale il 15% dell'economia italiana. ''L'occultamento di una parte considerevole delle basi imponibili - afferma Draghi - che riduce la competitività di larga parte delle imprese, determina iniquità e disarticola il tessuto sociale. Progressi nel contrasto delle attività irregolari consentirebbero di ridurre le aliquote legali, diminuendo distorsioni e ingiustizie''. Come dire: la lotta contro l'evasione potrebbe portare più equità ed anche ridurre le tasse a chi, proprio per colpa di chi non le versa ne paga troppe.

Le banche diano credito alle imprese
In questa fase di crisi economica serve "lungimiranza" da parte delle banche nel valutare i finanziamenti da dare alle imprese, evitando quindi eccessive restrizioni nell'offerta di credito. "Le banche italiane - ha detto Draghi - non hanno eredità pesanti nei loro bilanci. Utilizzino questo vantaggio nei confronti dei concorrenti per affrontare un presente e un futuro non facili. Valutino il merito di credito dei loro clienti - ha aggiunto - con lungimiranza. Prendano esempio dai banchieri che finanziarono la ricostruzione e la crescita degli anni Cinquanta e Sessanta".
Con la crisi, ha sottolineato il governatore, "non si può chiedere alle banche di allentare la prudenza nell'erogare il credito; non è nell'interesse della nostra economia un sistema bancario che metta a rischio l'integrità dei bilanci e la fiducia di coloro che gli affidano i propri risparmi".
"Quel che si può e si deve chiedere alle nostre banche - ha evidenziato Draghi - è di affinare la capacità di riconoscere il merito di credito nelle presenti, eccezionali circostanze. Va posta un'attenzione straordinaria alle prospettive di medio-lungo periodo delle imprese che chiedono assistenza finanziaria. Nei metodi di valutazione - ha concluso - nelle procedure decisionali delle banche vanno tenute in conto tecnologia, organizzazione, dinamiche dei mercati di riferimento delle imprese".