Accordo raggiunto tra i 27 Paesi Ue
I Paesi dell'Ue hanno raggiunto - dopo anni di discussioni - l'accordo per consentire di lavorare più di 48 ore alla settimana. La durata massima dell'orario potrà essere di 60 ore, in caso di accordo fra azienda e dipendente. Contrari i sindacati di tutto il Vecchio Continente, mentre si sono astenuti 5 dei 27 Paesi votanti. Il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha sottolineato che la nuova norma è ''un modesto ma importante passo avanti".
Soddisfatta anche la Commissione europea. "Abbiamo creato maggiore sicurezza e migliori condizioni per i lavoratori, pur mantenendo la flessibilità di cui l'industria ha bisogno", ha detto il commissario Ue agli Affari sociali Vladimir Spidla. I rappresentanti europei hanno poi trovato l'accordo sulla normativa per le agenzie di lavoro temporaneo e hanno stabilito la parità di trattamento per lavoratori temporanei e quelli a tempo indeterminato su retribuzione, congedo e maternità.
Contrari alla nuova normativa si sono mostrati invece i ministri di Spagna, Belgio, Grecia, Ungheria e Cipro. Il ministro degli esteri spagnolo, Miguel Angel Moratinos, come i rappresentanti dei lavoratori, ha definito "inaccettabile" l'accordo raggiunto a Lussemburgo. Madrid, ha aggiunto, "non solo non lo appoggia, ma lo respinge". Sulla sua stessa linea il ministro spagnolo del Lavoro, Celestino Corbacho, secondo cui l'Europa sarà "riportata indietro" sul piano delle conquiste sociali, "al XIX secolo".
SACCONI: LA PAROLA SPETTA AI SINDACATI
Per quanto riguarda il nostro Paese invece, ha spiegato il ministro Sacconi, "non cambierà nulla. I contratti continueranno ad avere un ruolo centrale nel fissare gli orari di lavoro". Secondo il ministro infatti la direttiva "consente il cosiddetto 'opting out' a favore della contrattazione individuale nel caso in cui non ci sia la contrattazione collettiva". Ma questo, ha ribadito, "non è il caso dell'Italia, dove anche lo pause rientrano nell'orario di lavoro".
"Credo che si dovrà aprire un tavolo di confronto con l'obiettivo di rendere più favorevole la conciliazione dell'orario di lavoro con i tempi di vita, a cominciare dalle necessità legate alla famiglia - ha chiarito Sacconi -E' il lavoratore stesso che oggi ha bisogno di uscire dall'orario standard".
Rispetto al part-time, ha poi osservato il ministro, "spetta alla contrattazione collettiva offrire un idoneo menù ai lavoratori perchè trovino la soluzione più adatta alle loro necessità. Questo è un invito alla contrattazione, non un modo per eliminarla. Ma - conclude - i sindacati devono comprenderlo".
CGIL: ACCORDO UE E' PEGGIORATIVO
Quello varato a Bruxelles è un provvedimento "diverso e peggiore della legislazione italiana": ha invece rimarcato il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni. "Come può un governo votare in Europa un simile provvedimento, sapendo che non si potrà essere al riparo dagli effetti invasivi di una simile scelta?" ha sottolineato il sindacalista. Per Fammoni queste direttive "non possono al momento trovare applicazione nel nostro Paese". "Viene allora da chiedersi perchè il governo italiano abbia dato un voto positivo, che ha permesso il raggiungimento della maggioranza qualificata, per conseguire ciò che definisce un compromesso modesto e meno avanzato della nostra attuale situazione. A meno che non s'intenda usare la nuova direttiva per quell'opera di deregolazione dell'orario di lavoro che abbiamo ascoltato negli annunci del ministro del Lavoro" ha concluso.