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Parmalat: un sogno di nome Barilla

Bondi dice no all'operazione Granarolo

14 Feb 2006 - 11:27

dal "Sole 24 Ore"

Granarolo-Parmalat? Per l'amministratore delegato del gruppo di Collecchio, Enrico Bondi, il matrimonio non s'ha da fare. E non perchè lo dice lui, ma perchè, come ha ribadito venerdì nel corso della conference call con gli analisti, ci sarebbero problemi di Antitrust insormontabili.

E poi, a ben guardare, latte più latte non pare essere la combinazione maggiormente in grado di entusiasmare il mercato. II comparto viaggia infatti a margini che sono al minimo del settore alimentare. II modello a cui tutti guardano è invece Danone che, con una gamma diversificata di prodotti, è in grado di sprizzare una redditività a due cifre.

Non a caso il piano industriale di Bondi prevede che Parmalat si faccia forza aggregante per dar vita a un campione "made in Italy" nel settore alimentare. Anche se in conference nessun analista ha chiesto espressamente all'amministratore delegato cosa abbia in mente a riguardo, sono molte le indicazioni che portano in direzione di Barilla. Sulla carta sono in effetti solo due i gruppi alimentari italiani con le caratteristiche giuste per poter produrre una combinazione da campione nazionale: Ferrero e, appunto, Barilla. Quest'ultima in più, agli occhi di Parmalat, ha il vantaggio di essere sulla stessa piazza, a Parma. La vecchia Parmalat dei Tanzi proprio a Barilla era andata a far concorrenza con la diversificazione nei prodotti da forno.

Ma la questione, che si scontra anche con l'indisponibilità della famiglia Barilla a perdere il controllo del gruppo, è comunque prematura per il gruppo di Collecchio. Il piano di Bondi prevede infatti che la costruzione del polo alimentare nazionale sia finanziata dai proventi delle cause in corso. Ma al momento non si registrano passi avanti concreti nel contenzioso e neppure sono arrivate nuove transazioni dopo quelle concluse con Morgan Stanley e prima ancora con Nextra. Oltretutto le banche sono riuscite per lo meno a prendere tempo sulle revocatorie, se non addirittura a ipotecarne l'esito, con il ricorso alla Corte costituzionale. Comunque una "grana" perchè le revocatorie, per un ammontare quantificato dai legali di Bondi in oltre 7 miliardi, costituivano la parte meno aleatoria del contenzioso, data la normativa in vigore in Italia che è favorevole ai creditori. Così, in attesa che possano maturare le condizioni, per ora il sogno resta nel cassetto.

Intanto su un altro versante, come segnala Radiocor, Deloitte & Touche ha presentato due ricorsi al Tar per chiedere l'annullamento della delibera con cui la Consob, lo scorso dicembre, ha «intimato di non avvalersi» di Giuseppe Rovelli e Adolfo Mamoli «nell'attività di revisione contabile per un periodo di due anni». La Commissione presieduta da Lamberto Cardia aveva sanzionato Deloitte per la revisione dei bilanci Parmalat: Adolfo Mamoli e Giuseppe Rovelli erano stati responsabili della revisione contabile svolta, rispettivamente, sui bilanci di esercizio 2001 e 2002 di Parmalat Finanziaria.

Benchè i ricorsi al Tar, inoltrati venerdì scorso, riguardino il provvedimento della Consob, l'iniziativa legale è probabilmente da inquadrare nel tentativo di Deloitte di difendere il proprio operato, contestato appunto da Bondi che, in qualità di commissario straordinario di Parmalat, aveva accomunato Deloitte all'altro certificatore del gruppo, Grant Thornton, promuovendo contro entrambe le società di revisione una causa per 10 miliardi di dollari di danni negli Stati Uniti. Negli Usa sono pendenti anche altre due cause contro Bank of America e Citigroup, citate per danni per la stessa cifra.

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