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Consob: Ifil non ha obbligo di Opa

Ma gli atti passano ora ai giudici

08 Feb 2006 - 08:36

L'operazione era venuta a galla alla fine della scorsa estate, quando la Fiat aveva annunciato l'equity swap con le banche estere che permetteva alla famiglia Agnelli di mantenere più del 30% del Lingotto. Sulla vicenda la Consob ha preso la sua decisione: niente obbligo di Opa sulla Fiat da parte della finanziaria degli Agnelli. Ma ora la palla passa ai giudici. Reati ipotizzati, aggiotaggio e mancate comunicazioni agli organi di vigilanza.

La magistratura avrà dunque il compito di accertare se l'operazione di equity swap che ha permesso alla holding degli Agnelli di restare prima azionista del Lingotto abbia violato le norme sulle comunicazioni agli organi di vigilanza, evitando così anche di dare al mercato tutte le informazioni. Questa la decisione della Commissione appresa in serata, che ha così concluso l'istruttoria avviata l'estate scorsa dopo che il titolo Fiat aveva cominciato la fase più decisa del suo recupero sui mercati.

Le procure che svolgeranno gli accertamenti sugli eventuali reati informativi che sarebbero stati commessi - secondo alcune fonti questi potranno riguardare anche l'ipotesi di aggiotaggio - sono quelle di Milano e Torino.

L'istruttoria Consob, avviata a metà settembre, quando di fatto si apprese dell'operazione di equity swap, iniziò per verificare il comportamento delle società del gruppo Fiat che avevano fatto diversi comunicati sull'andamento del titolo e su eventuali progetti futuri, società che alla Commissione - sia in luglio sia in agosto così come in settembre - avevano negato il sussistere di operazioni in atto mentre il titolo saliva in Borsa. Successivamente, però, si apprese che l'operazione di equity swap che aveva permesso a Ifil di restare sopra la soglia del 30% di Fiat mentre al di sotto sarebbe scattato l'obbligo di Opa, era stata avviata fin da aprile. Così, contestualmente all'attività della Commissione, anche le Procure di Milano e Torino avviarono alcuni accertamenti e ora erano in attesa del responso dell'istruttoria Consob già sui loro tavoli.

EQUITY SWAP, ECCO QUELLO CHE ACCADDE

La particolare operazione finanziaria rappresentata dall'equity swap - di cui va evidenziato che il Lingotto non ha mai ritenuto dovesse cadere sotto l'obbligo delle comunicazioni - si svolse così: in pratica, Ifil aveva acquistato da Exor (controllata per il 70,45% della Giovanni Agnelli Sapa) 82 milioni e 250mila azioni ordinarie per 535 milioni. Exor le aveva avute da Merrill Lynch, a seguito di un'operazione finanziaria (per l'appunto equity swap) pattuita nell'aprile 2005. Il prezzo di cessione era di 6,5 euro per azione, inferiore al valore di Borsa di quel periodo (7,82) ma soprattutto a quello fissato per le otto banche del convertendo (10,28). Peraltro, per mantenere invariata la sua quota, la finanziaria aveva anche acquistato direttamente sul mercato 5,5 milioni di titoli il 7,8 e 9 settembre per un esborso di 41 milioni. L'operazione aveva cosìconsentito a Ifil e alla famiglia Agnelli di mantenere la presa su Fiat e rimanere sopra la soglia fatidica del 30% (30,06%) anche dopo l'ingresso delle banche attraverso la conversione del prestito da tre miliardi di euro. L' operazione stessa era stata definita da Ifil un investimento a prezzi vantaggiosi per cogliere "un'opportunità irripetibile" per mantenere la quota in Fiat scommettendo "sul rilancio del gruppo".

Il contratto realizzato dalla Exor è nato in aprile come puro strumento finanziario (un equity swap su 90 milioni di azioni Fiat), congegnato per scommettere sulla ripresa delle quotazioni Fiat, spiegò successivamente Ifil. Solo il 15 settembre l'accordo con Merrill Lynch, informò la Sapa, è stato modificato, decidendo di chiudere l'operazione con la consegna di 82 milioni 250 mila azioni Fiat sottostanti il contratto e non, come solitamente previsto in derivati di questo genere, con il pagamento del corrispettivo economico previsto al termine di tale "scommessa". Questi titoli sono stati dapprima pagati dalla Exor a Merrill a 5,6 euro l'uno e poi rigirati alla Ifil a 6,5 euro per azione.

L'operazione aveva destato perplessità soprattutto per la tempistica, visti da un lato i contratti siglati in aprile e dall'altro i successivi comunicati diffusi su richiesta Consob dalla Giovanni Agnelli e dall'Ifil. Entrambe avevano escluso a fine estate ogni "iniziativa in relazione alla scadenza del prestito convertendo" precisando di non aver "alcun elemento utile" a spiegare l'andamento del titolo sul mercato.

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