Rischi climatici: tre regioni italiane nella top 10 europea
Gli eventi meteorologici estremi che affliggono il nostro Paese fanno entrare Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna tra le regioni più esposte in Europa
Sul fronte del clima solo cattive notizie. Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna sono nella top ten (rispettivamente al quarto, quinto e ottavo posto) delle regioni europee più esposte agli eventi meteorologici estremi e al cambiamento climatico nel 2050. A dirlo è la prima analisi globale del patrimonio immobiliare e del territorio compiuta da Xdi (The Cross Dependency Initiative), società tra i leader mondiali nell'analisi del rischio climatico fisico.
I rischi principali che causano danni in Europa sono le inondazioni fluviali e superficiali o le inondazioni combinate con l'inondazione costiera, fra gli otto pericoli climatici estremi insieme con caldo estremo, incendi boschivi, movimenti del suolo (legati alla siccità), vento estremo e congelamento, spiega Xdi. Sulla base di questi otto fattori si calcola il rischio climatico interno lordo. Il dataset Xdi 'Gross Domestic Climate Risk' mette a confronto oltre 2.600 regioni (o altre entità substatali) di tutto il mondo in base alle proiezioni dei danni agli edifici e alle proprietà causati da eventi estremi e mette in luce la vulnerabilità dei centri economici.
Il confronto del rischio fisico in relazione al clima per il 2050 in Europa ha rilevato che la Bassa Sassonia in Germania, le Fiandre in Belgio, Krasnodar in Russia e il Veneto e la Lombardia in Italia sono le regioni europee ai primi posti in classifica e rientrano nella top 100 delle regioni più a rischio del mondo. Come ha dichiarato Rohan Hamden, Ceo di Xdi: "È fondamentale che le aziende, i governi e gli investitori comprendano le implicazioni finanziarie ed economiche del rischio climatico fisico e lo soppesino nel loro processo decisionale prima che i costi si aggravino oltre i limiti finanziari".
Luca Iacoboni, responsabile programmi nazionali di Ecco, think tank italiano per il clima, osserva che "il costo dell'inazione è di gran lunga più alto di quello che si dovrebbe sostenere per mettere in campo efficaci azioni di mitigazione e adattamento". Suggerisce quindi di "allineare gli investimenti pubblici e incentivare quelli privati verso la vera decarbonizzazione".
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