fino al 28 maggio

Al Castello di Novara espone Sergio Floriani: ecco le sue "Tracce"

Fino al 28 maggio 2023 in mostra un centinaio di opere dello scultore padovano

27 Apr 2023 - 15:36
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Sergio Floriani (Grantorto, Padova, 1948) parte dalle tracce dell’uomo (e "Tracce" è per l’appunto il titolo della mostra fino al 28 maggio al Castello di Novara), s’immerge nel colore e arriva a sfiorare l’infinito. Entità distanti e apparentemente inconciliabili trovano nelle sue opere un terreno comune, perché dell’umanità non lo appassionano la storia, le imprese o le tribolazioni; del colore non subisce il fascino degli impasti o i capricci delle pennellate e dello spazio smisurato non lo attrae né il lato scientifico né quello astronomico, di tutti loro vuole invece cogliere e restituire la dimensione filosofica ed escatologica o meglio, per dirla con Umberto Eco, gli interessa esprimere "l’impronta di un’idea", cioè la forma nella quale è racchiusa la verità originaria che conduce all’essenza fondante della vita. La cosa sorprendente è che l’itinerario di questo viaggio è già nelle nostre mani, e l’affermazione non è da prendere come una metafora.

La mappa archetipa di quest’avventura tra terra e cielo, Sergio Floriani l’ha rintracciata proprio nei microsolchi che il genere umano ha sulla punta delle dita fin dalla nascita, nelle impronte digitali: topografie uniche e irripetibili, le cui linee diventano per lui rilievi di piombo o di stagno, traiettorie attraverso le quali esplorare le possibilità dell’arte. Il suo è un percorso che comprende il segno, la forma e lo spazio, ma non dimentica il dialogo continuo con la materia, che gli fa perlustrare le possibilità della pittura e della scultura (due elementi che nelle opere di Floriani convivono sempre) e spazia dall’acciaio corten allo stagno, dalla catramina su carta giapponese alla sabbia su piombo, mentre il colore a volte si accende nelle tonalità più vivaci, quasi pop, e altre, per esempio quando racconta i malinconici contorni del lago è capace di raccogliersi in tenui e silenziose gradazioni (Paesaggio lacustre, 1982).

 

La mostra al Castello di Novara (dal 29 aprile al 28 maggio), promossa dal Comune di Novara e dalla Fondazione Alberto Giacomini di San Maurizio d’Opaglio, raccoglie gli ultimi quarant’anni di lavoro dell'artista, attraverso un cammino tematico e iconografico. Nelle 11 sale del primo piano dello storico castello sono collocate un centinaio di opere: dai delicati e mistici rilievi in carta (Mon trésor gotico, 1984) al Totem (2015), nel quale le impronte diventano pozze di colore; dai Signum (2009) ai Cerchi d’acqua, due serie in cui le parole (nei primi) e il colore (nei secondi) abbozzano un nuovo alfabeto di lettere e di forme, fino ai variopinti rilievi di ultima generazione: piccole e grandi tavole sulle quali il colore si distende senza sfumature e le sagome che vi affiorano, lontane sorelle delle prime impronte digitali, maculano la superficie trasformandola in materia cosmica.

Una domanda sorge spontanea: sono quadri? No, sono sempre sculture. Floriani è uno scultore. Lo è da sempre, anche quando, agli esordi, disegnava i profili dell’Isola di San Giulio, non lo faceva con gli occhi del pittore, ma del costruttore: l’isola era un algoritmo di linee e di piani che seguiva i criteri di chi è avvezzo a edificare, a calcolare pesi e misure, a studiare proporzioni e progettare strutture. Infine, i tratti che compongono il disegno spiraliforme delle prime impronte, di cui si conserva un ricordo nell’argentea Sagoma R (2017) che apre la mostra, nelle opere più recenti sono andati alla deriva, si sono smembrati in tante “pozzanghere” di materia plumbea e mercuriale, in netto contrasto con i fondi, che hanno invece tonalità scure e uniformi, se trattate con la sabbia nera, o note arrugginite quando la base è in ferro. È il caso, ad esempio, del grande Divido per otto (2003), dove lo stagno si dirada in dionisiaci accumuli nubiformi e si raccoglie in un cerchio come fosse l’immagine di un lontano pianeta.

Sergio Floriani ne realizza anche una versione con catramina su carta giapponese, un’impronta in negativo, nella quale i ruoli si ribaltano in un contrappunto luminoso: ciò che nel metallo era luce ora diventa ombra, materia bituminosa, mentre la superficie morbida della carta conferisce all’insieme un’atmosfera assorta, senza tempo, quasi zen.

"Tracce" di Sergio Floriani
29/04 - 28/05/2023
Fondazione Castello di Novara
Piazza Martiri della Libertà, 3
Per info, orari e biglietti cliccare qui

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