Spunta da un caveau svizzero il quadro ricercato da mezzo millennio. La scoperta raccontata da "Sette", il settimanale del Corriere della Sera
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Lo cercavano da 500 anni. Storici d’arte, collezionisti, galleristi. Tutti alla ricerca del ritratto che Leonardo da Vinci fece a Isabella d’Este, marchesa di Mantova dal 1490 al 1539 e una delle donne più influenti del Rinascimento. E’ stato finalmente trovato, come racconta un’esclusiva pubblicata su “Sette”, il settimanale di approfondimento del Corriere della Sera, firmata da Veronica Arioli.
Che il quadro esistesse lo si sapeva già, grazie a un cartone preparatorio risalente al 1499 e conservato al Museo del Louvre. Sapevamo anche che, negli anni successivi, la marchesa aveva insistito, con lettere e ambasciatori, affinché lo schizzo venisse trasformato “de colore”. Risalgono al 1517, poi, testimonianze di un quadro della nobildonna conservato nel castello di Blois ("dove è pintata di oglio una certa Signura di Lumbardia"). Poi più nulla. Un vuoto che ha portato diversi esperti a ipotizzare che l'opera non fosse mai stata realizzata, o che lo schizzo fosse una preparazione per la più nota Gioconda, la Mona l’Isa, la bella Isa. Ma ecco che, tre anni e mezzo fa il quadro spunta fuori, dal caveau svizzero di una famiglia che dai primi del Novecento vive tra il Centro Italia e il cantone di Argovia.
“Ritratto di Isabella d’Este” risalirebbe a un periodo tra il 1513 e il 1516 circa, anni che Leonardo trascorse a Roma, ospite in Vaticano di Giuliano de’ Medici, fratello del Papa. Il quadro presenta dei dettagli probabilmente aggiunti da Salai e Melzi, i due allievi “più affezionati” al maestro, che lo seguirono a nella città eterna: una corona sulla testa di Isabella e una palma impugnata nella mano destra, come fosse uno scettro.
Dettagli a parte, “non ci sono dubbi che il ritratto sia opera di Leonardo”, afferma Carlo Pedretti, storico dell’arte ritenuto il massimo studioso di Leonardo, “però, dopo tre anni e mezzo di studi, ci serve ancora una manciata di mesi per definire quali sono le parti aggiunte dagli allievi e proporre di cancellarle”. A conferma della sua teoria ci sono tre riscontri scientifici: tre prelievi dall’opera hanno dimostrato che i pigmenti utilizzati sono gli stessi che utilizzò Leonardo in altri quadri; l’imprimitura della tela è preparata secondo la procedura descritta dall’artista nel suo Trattato; infine, la fluorescenza ha fatto riapparire, davanti alla mano, il libro, presente nel cartone conservato al Louvre, che simboleggia Isabella protettrice di Lettere e Arti.
La scoperta è destinata non solo a risolvere uno dei più famosi thriller della storia dell'arte, ma anche ad avere ripercussioni sugli studi leonardeschi. Il ritratto di Isabella sarebbe precedente alla Gioconda e al San Giovanni Battista, sui quali avrebbe influito notevolmente. Inoltre l'opera metterebbe in profonda crisi le teorie di Martin Kemp, altro massimo esperto di Leonardo, il quale, basandosi proprio sul cartoncino conservato al Louvre, sostiene che l'artista non era un pittore di professione, che quasi mai portava a termine le sue opere, e che non realizzava quadri su tela. Misteri a parte, di una cosa possiamo essere sicuri: dopo 500 anni, Leonardo non smette mai di stupire.