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Archeologia, eros e delfini: nuove scoperte nel tempietto di Paestum | "Si riscrive la storia della città"

Dagli scavi centinaia di ex voto, statue ed altari che vanno a cambiare quanto finora conosciuto sull'antica Poseidonia

Straordinarie notizie dal Parco Archeologico di Paestum e Velia.

Grandi le sorprese, infatti, dai lavori per riportare alla luce il tempio greco rinvenuto nel 2019 lungo le mura ovest della città antica. E queste numerose scoperte stanno cambiando la storia conosciuta dell'antica Poseidonia grazie al tempio dorico con il basamento in pietra e la cella che ospitava la statua della divinità, le decorazioni in terracotta dipinta del tetto con i gocciolatoi a forma di leone, una straordinaria gorgone, una commovente Afrodite. Ma anche sette stupefacenti teste di toro, l'altare con la pietra scanalata per raccogliere i liquidi dei sacrifici e centinaia di ex voto tra cui spiccano le immagini di Eros a cavallo di un delfino, che la fantasia potrebbe rimandare al mitico Poseidon, il dio che ha dato il nome alla città. "Uno scavo unico, - commenta la direttrice del parco archeologico Tiziana D'Angelo, - che potrà cambiare la storia conosciuta dell'antica Poseidonia".

 

"E' il più piccolo tempio periptero dorico che conosciamo prima dell'età ellenistica, il primo edificio che a Paestum esprime pienamente il canone dorico", spiega Gabriel Zuchtriegel, l'ex direttore di Paestum oggi alla guida di Pompei che ha appena dato alle stampe un corposo studio sull'architettura dorica. "Quasi un modello in piccolo del grande tempio di Nettuno", che allora appunto doveva essere in costruzione, "una sorta di missing link tra il VI e il V secolo a.C.". Molto importante, quindi, anche perché in qualche modo dimostra l'autonomia artistica e culturale della comunità e sconfessa chi ha sempre creduto che nelle colonie ci si limitasse a copiare le produzioni della madrepatria.

 

Fotogallery - Paestum: eros e delfini, nuove scoperte nel tempietto

 

Il basamento in pietra con gradini d'accesso e delimitazione della cella per la divinità, le decorazioni in terracotta colorata del tetto con i gocciolatoi a forma di leone, una straordinaria gorgone, una commovente Afrodite. Straordinaria, dunque, la distesa di oggetti ritrovati nello spazio che separa il fronte dell'edificio dall'altare, eretto come di regola all'esterno: statuette in terracotta con i volti degli offerenti o quelli delle divinità, addirittura 15 quelle con il piccolo eros a cavallo del delfino, templi e altari in miniatura. Piccoli capolavori di artigianato che si aggiungono alle sette teste di toro ritrovate intorno all'altare, forse "oggetti di scena" a disposizione di chi amministrava il culto. E che sembrano essere stati poggiati in terra con devozione, "come in un rito di chiusura", ragiona D'Angelo, messo in atto quando il santuario, che pure continuò ad essere frequentato anche in epoca lucana e poi dal 273 a.C. con l'arrivo dei romani, cadde in disuso.

 

"Ogni giorno una sorpresa", sorride la direttrice attorniata dalla squadra di archeologi coordinata da Francesco Mele. Per capire di più, certo, ci vorrà tempo, serviranno studi, restauri, analisi di laboratorio. Intanto, si procede con le ricerche per documentare ogni periodo di vita del tempio fino ad arrivare al momento della sua costruzione, cercando anche di capire la dinamica che ha portato una parte delle mura a collassare sul retro dell'edificio.

 

Gli elementi di forte interesse "sono tanti", sottolinea D'Angelo. Come la firma - proprio su una delle statuette col delfino- degli Avili, "una famiglia di ceramisti di origine laziale, nota anche a Delo, la cui presenza qui a Paestum non era mai stata documentata".

 

O come l'ubicazione particolarissima di questo santuario, costruito nella città, sì, ma lontano dal centro e dagli altri templi, giusto a ridosso delle mura. Vicinissimo al mare, sul quale praticamente si affacciava: "Le navi che passavano se lo trovavano di fronte", fa notare.

 

Il pensiero va agli amorini sul delfino e a una moneta romana del III sec.a.C che su un lato aveva proprio Eros a cavallo del delfino e sull'altro Poseidon. Che sia proprio questo il tempio intitolato al dio che ha dato nome alla città? D'Angelo scuote la testa: “E' ancora presto per dirlo, ma l'ipotesi è estremamente interessante. "Solo una suggestione", quindi. In attesa che gli scavi accendano nuove luci sulla storia della città antica.

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