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Tino Vettorello, chef da Festival (ma non solo)
 

Protagonista della Mostra del Cinema da oltre dodici anni e punto di riferimento di molte star al Lido, anche quest'anno al suo ristorante Tino ha accolto attori, registi e addetti a lavori

Tino Vettorello, lo Chef a cinque cerchi 

Mentre la 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha calato definitivamente il sipario, attribuendo il Leone d’Oro a Nomadland di Chloé Zhao, la kermesse fa suoi i conti finali, in una delle edizioni più complicate, ma riuscite benissimo in termini di organizzazione, con meno accreditati (quasi seimila contro i dodici del 2019) pubblico e poche star.

Eppure un protagonista c’è sempre, da oltre dodici anni, ormai diventato faro e punto di riferimento per molte star al Lido: lui è Tino Vettorello, chef di fama internazionale, 25 anni di carriera, il cui ristorante (e relativo brand) Tino, di fronte al Casinò, ha accolto, in dieci giorni d’eventi, davvero tutti, tra attori, attrici, registi, addetti ai lavori.

 

 

Una macchina perfetta, mai ferma, impreziosita da altri punti ristoro, almeno tre bar distribuiti nei paraggi, per un totale di sessanta persone di brigata. Vettorello è ormai una sicurezza consolidatasi nel tempo, un ambasciatore del Made in Italy enogastronomico, capace di occuparsi anche della gestione di ristorazione all’interno delle Olimpiadi invernali di Vancouver e Sochi, o per i Mondiali di nuoto di Roma (nel 2009) e l’America’s Cup

 

 

Lo chef a cinque cerchi insomma, ma anche quello che non ha mai smesso di credere nel proprio lavoro, fin da bambino, aprendo realtà importanti: il Ristorante Tre Panoce (a Conegliano), Al Traghetto (a Jesolo), o il Venicet, col supporto dell’Università Cà Foscari di Venezia.

 

 

Allora com’è andata quest’anno?

Ci voleva, e dobbiamo continuare a essere propositivi, per questo ringrazio la Biennale che ha voluto fortemente fare il Festival. Mi sento orgoglioso di aver partecipato. Non potevamo mancare, anche se due mesi fa c’era molta perplessità mentre stavamo organizzando. Ad oggi, facendo un bilancio, posso dire che è andato bene.

 

Come ha vissuto il lockdown, c’è stato timore?

Quando la mia azienda ha iniziato a ricevere i primi annullamenti, non è stato facile, mi ha molto provato, non solo in quel periodo, perché vedi il lavoro di una vita, in pochi giorni, che lentamente si stava spegnendo senza possibilità di poter reagire. Abbiamo avuto la forza, io e tutti i miei collaboratori, ci siamo sostenuti, andando avanti. Abbiamo aperto subito un nuovo ristorante a Jesolo, si chiama Michelangelo Tino. Il marchio è quello, così la nostra filosofia: vogliamo farci riconoscere, non nasconderci, e metterci la faccia.

 

Veniamo ai piatti, ha rivisto ulteriormente il menù giusto?

Volevo rinnovare sì, attraverso l’uso di frutta e verdura, e soprattutto maggior colore, forza, energia.

Penso bisognasse dare una svolta anche cromatica, e azzardare di più in termine di sapori e immagine.

Da qui l’idea di introdurre il tonno, servito con pistacchio, melanzane, burrata e basilico, o lo spaghetto al quadro, sempre al tonno, con pomodoro ciliegino, o lo spago al Prosecco. Negli antipasti avevamo Ostriche rosa – Tarbouriech, La perla del Delta, l’Arcobaleno veneziano (seppia, piovra e gambero), mentre nei secondi il “classico” frittura di Laguna, con verdure croccanti, o il branzino in cornucopia.

 

E per il gran finale?

Il Tiramisù Trevigiano.

Alta qualità e ricerca dunque.

E attenzione riguardo le allergie, che però, a parte il glutine, sono sembrate quasi scomparire.

Negli anni sono venuti da lei celebrities quali George Clooney, Lady Gaga, Tilda Swinton.

 

Chi l’ha colpita maggiormente?

Dal primo all’ultimo. Se qualcuno non rimane sodisfatto, sono io a non esserlo.

La mia linea guida è la medesima: dobbiamo lavorare, e, visto i risultati, stiamo raccogliendo i frutti.

 

Dopo la Mostra quali saranno i prossimi progetti, non si ferma è vero?

Come potrei! Avremo una nuova apertura importante aziendale, verso fine ottobre, un ristorante gourmet all’interno di Villa Soligo, immerso nel territorio del Conegliano Valdobbiadene e del Prosecco DOGG.

Dall’altra parte coltivo un desiderio: vorrei ci fosse la possibilità di tornare a fare altri grandi eventi,

e dare felicità alla gente. Non sarà facile, ma credo che il mondo libero se ne riapproprierà.

 

 

Di Indira Fassioni 

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