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Cucina di qualità e sostenibile, parola di Davide Oldani
 

Una collaborazione tra lo chef due Stelle Michelin e un’azienda leader nei prodotti per alimenti che porterà ad un impegno concreto per la sostenibilità e l’innovazione, sostenendo i giovani chef dell’Istituto Olmo di Cornaredo

L' arte in cucina 

Una partnership d’eccezione quella tra Kenwood, leader mondiale nei prodotti per la preparazione degli alimenti, e Davide Oldani, chef due Stelle Michelin del Ristorante D’O e recentemente premiato con la Stella Verde per la sostenibilità. Tutto parte dall’artigianato e dalla tradizione italiana, unito allo sviluppo tecnologico per promuovere un’idea di cucina innovativa, di qualità e sostenibile. Soprattutto, di una cucina in cui la tecnologia è messa al servizio del benessere della persona.

Una collaborazione d’eccezione, incentrata soprattutto sulla condivisione di valori che sono alla base della filosofia di Davide Oldani: competenza, sostenibilità, artigianalità e tradizione. Una ricetta che permette di aspirare all’eccellenza, all’attenzione per la tradizione e al benessere in cucina.

 

L’obiettivo è quello di guardare al futuro delle nuove generazioni di chef e appassionati di cucina: un impegno che si concretizza nel supporto all’Istituto Professionale Statale per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera “Olmo” di Cornaredo, inaugurato nel 2017 alle porte di Milano e per il quale lo Chef Davide Oldani ricopre la funzione di mentore. Per i ragazzi, saranno messe a disposizione nuove tecnologie e gli ultimi prodotti all’avanguardia, che andranno ad arricchire i corsi dell’Olmo.

   

«Sono entusiasta di contribuire allo sviluppo di una nuova gamma di prodotti e grato per l’impegno concreto in favore delle nuove generazioni.» ha affermato Davide Oldani. «Come recita il mantra del D’O, “bisogna avere sempre ben presente la terra su cui mettere i piedi e non solo il cielo dove mettere i sogni”».

 

 

 

Davide Oldani, due Stelle Michelin e una Stella Verde per la Sostenibilità: crede che chef si nasca o si diventi?

 

Chef sicuramente non si nasce. Probabilmente si può nascere cuochi, ma non sono così convinto neanche di questo, poiché è un mestiere che chiunque può fare, come diceva Ratatouille. Non tutti, invece, possono diventare chef.

 

 

 

L’innovazione è sempre più presente in Cucina: la tecnologia sta cambiando il modo di pensare in cucina?

 

Se presa con intelligenza, cambia il modo il pensare, ma non di cucinare sicuramente. Per come la intendo io, la tecnologia consiste nella sostenibilità. Ad esempio, noi usiamo una lista vini con un fold di ultima tecnologia, con una carta sempre precisa e ordinata. Ciò mi permette di non stampare carta, di non consumare inchiostro, di rimanere sempre aggiornato in tempo reale. La tecnologia deve servire a questo. Poi, in cucina esiste la tecnologia, vedi i forni, le piastre a induzione, tutto funziona a energia. Il mio ristorante, dalla cucina, alla sala, al riscaldamento, funziona ad energia elettrica.

 

 

 

Può l’innovazione viaggiare di pari passo con la sostenibilità in cucina? Quali sono i valori condivisi da lei e Kenwood?

 

Assolutamente, poiché è sostenibile e c’è un gruppo di ricerca che mi ha messo a disposizione il suo know-how tecnologico. Io ho messo a disposizione l’artigianato tradizionale che pratico tutti i giorni, perciò insieme abbiamo visto che potevamo fare grandi cose. In più, ho avuto la fortuna di poter lavorare ai prodotti secondo la mia idea, facendo veramente parte del progetto.

 

 

 

Cultura e sapere sono sinonimo di libertà. Dunque, la collaborazione con l’Istituto Professionale Statale per l'enogastronomia e l'ospitalità alberghiera Olmo di Cornaredo è una parte fondamentale del progetto, per investire negli chef del futuro?

 

Sì, assolutamente. I giovani cuochi avranno un’opportunità in più per sperimentare le nuove tecnologie in cucina per essere sempre aggiornati, oltre che ad avermi come mentore.

 

 

 

Cosa possiamo dire a questi ragazzi che vogliono iniziare una carriera in questo mondo?

 

Gli consiglierei di leggere i miei libri “Cuoco andata e ritorno” e “Il giusto e il gusto”, che contengono alcune indicazioni non su come fare una buona ricetta, ma su come costruire una buona passione e una buona vita per arrivare a fare una buona ricetta. Come già detto in precedenza, molti possono fare i cuochi, ma in pochi possono diventare capi di cucina, che significa tutt’altro. L’impegno è totale e ci dev’essere sostenibilità a 360 gradi: dev’essere nel rispetto del contadino, del prodotto, del cibo, e ci deve essere sostenibilità umana. Il cuoco dev’essere quel punto fermo che traduce in buono tutto ciò che la Natura ci dà.

 

 

 

“IspirAzioni” è il ciclo di interviste da lei realizzate dedicate a piatti simbolo della cucina italiana, disponibili sul sito kenwoodclub. Qual è il primo piatto che ricorda di aver cucinato nella sua vita?

 

Il primo “pasticcio” che ho fatto fu tra la seconda e la terza media. Aiutavo mia madre in cucina a casa, la domenica, prima di andare a giocare a calcio. A me piaceva e un giorno preparai un piccolo pan di spagna ricoperto con un po’ di crema pasticcera.

 

 

 

C’è un ingrediente di cui non può fare a meno in cucina?

 

La passione.

 

 

 

Se fosse un film, quale sarebbe?

 

“The Last Dance”, la docu-serie Netflix su Michael Jordan.

 

 

 

Se fosse una canzone, quale sarebbe?

 

La versione di "Pinball Wizard” degli Who eseguita da Elton John, come si vede nel film "Tommy" del 1975, in cui il protagonista diventa un campione di flipper.

 

 

Come nasce un piatto del D’O?

 

Un piatto del D’O nasce dalle idee dell’intera brigata, dove ognuno dice la sua. Ma in comune abbiamo il concetto di giudicare il piatto dall’equilibrio dei contrasti, che poi diventa armonia, che poi a sua volta diventa il nostro modo di vedere la cucina. Ogni piatto deve avere determinate caratteristiche che movimentano il palato: caldo e freddo, morbido e croccante, dolce e salato, amido e basico.

 

 

 

Chi vorrebbe vedere seduto alla sua tavola?

 

Papa Francesco.

 

 

 

Cosa avrebbe fatto se non avesse fatto lo chef?

 

Avrei fatto un lavoro artigianale in ogni caso.

 

 

 

Domanda a bruciapelo: cosa ha mangiato oggi a pranzo?

 

Pollo al curry con mela Golden, insalata cotta e cruda.

 

 

 

Se dico la parola Covid cosa le viene in mente?

 

Penso che sia accaduto qualcosa che l’uomo non si è meritato. Forse, però, l’essere umano è un po’ troppo spinto a comandare la Terra e tutti ci siamo accorti che, anche con i cambiamenti climatici, la ripopolazione dei mari e tutto quello che sta accadendo all’ambiente, l’essere umano è piccolo mentre la Natura è così vasta, visto anche il suo sviluppo durante i lockdown.

 

 

 

Avete lavorato con il delivery?

 

No, ma apprezzo chi l’ha fatto in maniera intelligente, propagandando la qualità che fai. Devi essere attrezzato e organizzato per poterlo fare.

 

 

 

Di Indira Fassioni

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