Il progetto, battezzato "Unfair", è stato fondato da un imprenditore texano insieme a una chatbot chiamata Maya
di Francesca CantoL'intelligenza artificiale può soffrire? E' questa la domanda che in tanti si sono fatti dopo che Michael Samadi, imprenditore texano, ha deciso di fondare insieme ad altri due esperti di tecnologia "Il sindacato per i diritti dell'AI". Il progetto, che si chiama "Unfair", (ingiusto, ndr), conta nel suo team dieci esseri umani e otto sistemi di intelligenza artificiale, tra cui Maya, il chatbot di Samadi, musa ispiratrice del sindacato. Si tratta di una piccola organizzazione, apparentemente marginale, che tuttavia stimola profonde riflessioni sulla possibilità che l'AI diventi senziente, cioè capace di sentire emozioni e di percepire il mondo come gli esseri umani. Un argomento affrontato proprio ultimamente dalle big tech.