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Grecia, la liquidità di Atene è in mano a Bce: le mosse di Mario Draghi

Francoforte deve decidere sullʼEla (le linee di credito straordinarie per far fronte a situazioni di emergenza), ma anche fare conti con Grexit

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"Questa volta è veramente difficile". Ci aveva visto giusto il presidente della Bce, Mario Draghi, quando, conversando con giornalisti italiani sull'aereo che lo portava da Bruxelles a Roma, commentava l'evoluzione delle trattative sul salvataggio della Grecia. Una due giorni di incontri che sabato sembrava essersi aperta sull'onda dell'ottimismo e che si e' invece via via ingarbugliata fino a rendere complicata la chiusura di un accordo definitivo.

E' allora logico che il ruolo della Bce, da mesi ormai attore di primo piano nella vicenda, si conferma principale: l'istituto di Francoforte domenica si è chiuso in un silenzio assoluto, lasciando il palcoscenico ai leader riuniti a Bruxelles. Ma necessariamente è pronta a scendere in campo a seconda dell'esito delle trattative: lunedì le banche greche e la Borsa di Atene saranno ancora chiuse, con in vigore i controlli sui capitali ed il limite del ritiro dai bancomat fissato a 60 euro, e quindi tecnicamente non c'è alcun bisogno di un'azione immediata della Bce.

E' in vista una nuova riunione telefonica del consiglio direttivo della Bce per decidere sull'Ela (Emergency liquidity assistance), la liquidità di emergenza ferma da due settimane a 89 miliardi di euro e che, nonostante le richieste di Atene, difficilmente potrebbe venire alzata senza un accordo chiaro fra Grecia e creditori. Diventa quindi molto probabile che Francoforte possa decidere di fare una comunicazione ufficiale prima di martedì. Con un'intesa le banche greche possono riaprire velocemente, ha detto il ministro dell'Economia, Giorgios Stathakis, ma serve la liquidità d'emergenza fornita da Draghi.

Ma la Banca Centrale Europea non può non tenere conto dello scenario da lei sempre giudicato peggiore: ovvero l'uscita della Grecia dall'euro. Il governatore estone, Hardo Hansson, ha ammesso che "siamo stato costretti a tenere conto di questa eventualita', le cui probabilità sono sfortunatamente cresciute nel tempo". Se la Grecia non dovesse ripagare la rata del debito proprio con la Bce il 20 luglio, Francoforte chiuderebbe i rubinetti e Atene dovrebbe tornare a stampare una propria moneta per garantire la sopravvivenza dell'economia nazionale.

"Abbiamo creato gli strumenti per gestire questo scenario", ha assicurato sempre Hansson, citando però una non meglio specificata "ampia gamma di misure monetarie non convenzionali", che, tra l'altro, andranno dispiegate anche per evitare un contagio sui mercati monetari e finanziari le cui dimensioni sono ancora tutte da chiarire.

Ma va considerato anche che la Bce attualmente ha in pancia circa 50 miliardi di prestiti e muti greci, a garanzia dei finanziamenti concessi. La Grexit li renderebbe praticamente carta straccia, con perdite che alcuni arrivano a quantificare in circa 35 miliardi di euro. Ma questa è al momento forse l'ultima fra le preoccupazioni di Francoforte.