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Sigaretta elettronica, prima il boom ora la crisi

La denuncia dei produttori: "Fatturato in picchiata, i negozi chiudono". La colpa? "Sono state tassate come le sigarette tradizionali"

Afp

Boom e subito crisi: sembrerebbe questo il destino delle sigarette elettroniche. I produttori denunciano e lanciano l'allarme: "Il fatturato è in picchiata (-50%), tanti negozi chiudono e in migliaia resteranno disoccupati dopo l'equiparazione fiscale con le sigarette tradizionali". Da gennaio, infatti, partono le nuove regole: sale l'imposta di consumo del 58,5% e potranno essere vendute solo dai tabaccai.

Il settore, dopo un boom iniziale senza paragoni in tempo di crisi in termini di fatturato e nuovi occupati, ora è in forte crisi. "Con il solo annuncio del decreto che prevede una tassazione spropositata per le sigarette elettroniche e tutti gli accessori, - spiega Ovale, uno dei maggiori produttori e importatori italiani - il gruppo ha già subito una perdita del 50% del fatturato. A fine anno la stima è che il calo raggiungerà almeno l'80%. Il danno avrà ripercussioni sociali ed economiche di enorme portata.

"Incassi mancati per colpa dell'imposta" - "Già almeno 3.000 persone - rincara la dose Massimiliano Mancini, presidente di ANaFE (Associazione Nazionale Fumo Elettronico) in una lettera al ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni - avranno probabilmente bisogno di sussidi, dato che già molti stanno perdendo lavoro e investimenti. Il nostro è un settore che nel 2012 ha realizzato un fatturato di circa 350 milioni di euro con l'apertura di circa 3.000 punti vendita e l'impiego di un totale di circa 4.000 persone (escluso l'indotto), ma che nel 2014 possiamo tranquillamente prevedere sarà ridotto a meno di un quarto". Quindi "alle minori entrate previste per il 2014 (e ora, sembra, anche per il 2013), si aggiungeranno le mancate entrate da IVA, IRES, IRPEF, contributi pensionistici, cedolare sugli affitti e dazi doganali che oggi i negozianti versano, ma che domani, un volta chiusi, non verseranno più".


Effetto boom sull'Erario - "Secondo i nostri studi, - continua Ovale - senza il provvedimento legislativo che equipara di fatto le e-cigs e le bionde tradizionali, lo Stato avrebbe continuato ad incassare, soltanto dal gruppo Ovale, tra i 60 e i 70 milioni di euro (tra Iva e tasse varie); ora quella cifra probabilmente si ridurrà a pochi milioni di euro. Cosi la tassa che doveva servire, nelle intenzioni dichiarate dal governo, a coprire il rinvio dell'aumento dell'iva, si tradurrà di fatto in un clamoroso flop".



Disoccupati in aumento - A questo va aggiunto che "la maggior parte dei negozi sarà costretta a chiudere (su 400 punti vendita Ovale, la metà ha già disdetto i contratti di affitto), lasciando senza lavoro tra le 1000 le 1.500 persone, disoccupati che peseranno sul welfare. Infine possiamo dire con certezza che ci saranno danni anche per il settore dell'editoria in quanto solo la nostra azienda ha investito per la pubblicità, nell'ultimo anno, circa 2 milioni di euro sui media nazionali, e i rivenditori circa 1 milione su quelli locali. Una spesa che sarà immediatamente azzerata dall'equiparazione senza senso ai tabacchi, che vieta qualunque forma di promozione. I due prodotti sono talmente differenti da risultare addirittura in antitesi, dato che le sigarette elettroniche sono di fatto un valido aiuto per smettere di fumare. Per questo crediamo sia contraddittoria la manovra del governo che addirittura, pochi giorni dopo l'approvazione della legge, ha chiesto tramite il ministro della Salute aiuto ai parlamentari per la lotta al fumo. Senza contare che molti dei fumatori elettronici hanno smesso di fumare, contribuendo di fatto alla riduzione della spesa sanitaria".