UN'ANALISI APPROFONDITA

Unobravo presenta MINDex: il barometro del benessere mentale degli italiani

L'azienda, che offre un servizio di psicologia online, ha pubblicato un’indagine approfondita su percezioni, aspettative e sfide legate al benessere mentale

15 Mag 2025 - 16:10
Danila De Stefano, Ceo e fondatrice di Unobravo © Ufficio stampa

Danila De Stefano, Ceo e fondatrice di Unobravo © Ufficio stampa

In occasione del mese della salute mentale, Unobravo ha pubblicato la prima edizione dell’Unobravo MINDex - Il barometro del benessere mentale degli italiani, un’indagine approfondita su percezioni, aspettative e sfide legate al benessere mentale. Lo studio ha coinvolto sia il pubblico che i professionisti clinici, esplorando tre aree: la percezione della salute mentale nella società e nel discorso pubblico; esperienze, ostacoli e il ruolo della terapia psicologica; e la cura della mente nei luoghi di lavoro.

Sebbene cresca l’attenzione sul benessere psicologico, la strada per sconfiggere stigma, disinformazione e retaggi culturali è ancora in salita. Infatti, solo una minoranza degli intervistati – il 16%percepisce la salute mentale come un argomento affrontato apertamente, con gli uomini (19%) più ottimisti rispetto alle donne (13%), mentre il 28% ritiene che rimanga ancora un tema delicato e difficilmente discusso. 

“Investire nella salute mentale significa investire nel potenziale delle persone e della società. Anche se spesso non ce ne rendiamo conto, tutto è psicologia: le relazioni e come le viviamo, le emozioni che proviamo, ciò che abbiamo dentro di noi che ci ostacola o facilita nel raggiungimento dei nostri obiettivi personali. Prendersi cura della propria salute mentale può essere una rivoluzione positiva, e troppe persone ancora si tengono a distanza. La nostra indagine MINDex mette in luce come ci sia ancora molta strada da fare per rompere il pregiudizio rispetto al benessere psicologico, a partire dalla consapevolezza di sé e del proprio stato emotivo, per guardare alla terapia psicologica come un gesto quotidiano, accessibile e naturale”, ha commentato Danila De Stefano, Ceo e fondatrice di Unobravo.

Il disagio mentale come debolezza

 Il dato che emerge con maggiore forza è che, per l’81% degli italiani, il disagio psicologico è ancora visto come un indice di fragilità caratteriale. A riscrivere la narrazione, le generazioni più giovani: ben il 43% dei rispondenti nella fascia 18-29 anni crede che sia in corso una trasformazione positiva nel modo in cui si guarda alla salute mentale. 

La maschera dello “star bene” delle donne e dei giovani

 Uno degli aspetti più preoccupanti emersi riguarda il comportamento di tanti italiani, soprattutto donne e giovani, costretti spesso a fingere di star bene. A livello generazionale, la situazione è ancora più accentuata tra i 18 e i 29 anni: ben il 38% afferma di aver dovuto nascondere il proprio disagio emotivo, tra questi, il 20% lo fa quotidianamente. Per quanto riguarda gli over 40, il 36% dichiara invece di non fingere mai o quasi mai. Questo fenomeno evidenzia la persistente difficoltà, nella nostra società, di normalizzare la vulnerabilità emotiva come componente legittima dell’esperienza umana.

Del resto, questa “maschera” è spesso indossata per difendersi da commenti stereotipati: più di quattro italiani su dieci hanno dichiarato di aver sentito o pronunciato la seguente frase: "Tutti hanno dei problemi, affrontali". Le donne riportano più spesso degli uomini di sentirsi rivolgere questa espressione (48% vs. 38% degli uomini). Anche tra i più giovani, un gruppo consistente racconta di essere stato liquidato con espressioni come “stai solo esagerando” (39%).

Consapevolezza emotiva e self-care

 La maggior parte del campione (82%) si considera del tutto o almeno in parte consapevole del proprio stato emotivo e del conseguente impatto sulla vita quotidiana, con una leggera prevalenza tra gli over 40 (84%) rispetto ai gruppi più giovani. Questo però contrasta col parere degli psicologi, il 90% dei quali dichiara che solo in poche occasioni i pazienti comprendono il proprio disagio emotivo. Gli uomini percepiscono il proprio benessere mentale in modo significativamente più positivo (68% buono/molto buono) rispetto alle donne (54%), le quali riportano più frequentemente un peggioramento nell’ultimo anno (22% contro il 15% degli uomini). Inoltre, sempre le donne si prendono meno cura della propria salute mentale rispetto agli uomini, con il 21% che tende a dare priorità agli altri (contro il 12% degli uomini).

Cosa incide sulla salute mentale e cosa stiamo perdendo

 Oltre il 90% degli italiani ha vissuto almeno una difficoltà che ritiene abbia influenzato il proprio status psicologico, tra cui spiccano lo stress lavorativo (35%), le preoccupazioni economiche o abitative (29%) e i timori legati alla salute (27%). Giovani (18-29 anni) e donne sono più inclini a sperimentare ansia sociale o bassa autostima (31% dei giovani, 30% delle donne), solitudine (25% dei giovani), oltre a sentirsi bloccati, insoddisfatti e privi di uno scopo (32% dei giovani, 28% delle donne). Tra gli uomini emergono più frequentemente stress legato al lavoro (37%) e problemi di dipendenza (11%). Infine, le relazioni personali sono l’ambito più colpito da una salute mentale inadeguata (46%), seguite dalla crescita personale e dall’autostima (40%), dalla salute fisica e dal benessere (38%) e dal lavoro e carriera (37%). Quattro giovani su dieci (40%) sentono che le proprie emozioni e stato psicologico impediscono quasi sempre o spesso di vivere appieno determinate situazioni od opportunità. Dal punto di vista delle tematiche sociali che destano preoccupazione, al primo posto si colloca la lotta quotidiana per l’uguaglianza di genere, indicata dal 45% degli intervistati. Seguono le sfide economiche e finanziarie, comprese le tensioni legate alla guerra commerciale (42%), mentre al terzo posto si trovano i timori legati alla violenza e alla sicurezza pubblica (37%) - quest’ultima al primo posto per genitori o caregivers di minorenni.

Strumenti e supporto terapeutici

 La terapia si sta sempre più affermando come uno strumento imprescindibile per il benessere mentale e la crescita personale per il 42% degli intervistati, in particolare tra le generazioni più giovani (46%) e tra le donne (48%). Solo una minoranza continua ad associarla esclusivamente a situazioni di crisi o emergenza (13%), mentre il 6% dichiara di non credere nella terapia. Sul tema dell’impatto dell’intelligenza artificiale sul settore, i giovani non la temono e anzi, la vedono come un’alleata del proprio benessere psicologico. Il 52% degli intervistati di età compresa tra i 18 e i 29 anni ritiene che l'IA avrà un impatto positivo sul miglioramento dell'assistenza alla salute mentale. Il costo resta tuttavia la barriera principale: il 57% afferma che sarebbe proprio questo a ostacolare l’inizio di un percorso psicologico.

Benessere psicologico e sfera lavorativa

 La salute mentale continua a non essere adeguatamente valorizzata in azienda, con solo un terzo dei lavoratori (33%) che ritiene che la propria organizzazione promuova un ambiente psicologicamente sano. Quattro lavoratori su dieci (42%) riportano che il loro datore di lavoro non offre attualmente alcun benefit o supporto specifico per la salute mentale dei dipendenti. Sebbene la maggioranza (56%) si senta libera di esprimere emozioni e difficoltà sul lavoro, il 32% si trattiene per paura di sembrare debole o poco professionale e il 12% si sente costretto a "indossare una maschera". I lavoratori tra i 30 e i 39 anni sono i più colpiti da stress e burnout: il 65% di loro ha preso in considerazione l’idea di lasciare il lavoro o lo ha già fatto. È più comune mentire per motivi di salute mentale quando si prende un giorno di assenza (38%) che dichiarare la vera ragione (29%).

La parola agli esperti: ostacoli interiori, tabù culturali e mancanza di consapevolezza

 L’indagine interna, condotta da Unobravo e partecipata da oltre 1.600 psicologi facenti parte della rete, conferma che la salute mentale resta ancora un terreno minato. Il dato più emblematico riguarda la narrativa interiore più diffusa tra i pazienti: il 73% dei professionisti tende a osservare che gli utenti rimandano l’inizio della terapia perché convinto di dover “farcela da solo/a”, un atteggiamento che riflette una visione ancora stigmatizzata del disagio emotivo. Non sorprende, quindi, che il 57% degli accessi alla terapia avvenga solo dopo un punto di rottura e che nel 70% dei casi non si sia in grado di articolare il proprio malessere, riportando di sentirsi semplicemente “male”.

Un cambiamento generazionale verso una maggiore apertura

 Il punto di osservazione privilegiato dei professionisti clinici conferma i dati di tendenza generale, rispetto allo spaccato generazionale: il 61% segnala un abbassamento dell’età media dei pazienti, con le generazioni più giovani descritte come più aperte e consapevoli (52%) rispetto alle precedenti. Infine, tra i bisogni più profondi riportati durante i percorsi terapeutici, il più ricorrente è la ricerca di stabilità e sicurezza psicologica (41%), spesso compromesse da un contesto che continua a imporre ai pazienti aspettative di efficienza e produttività, anche nel proprio processo di guarigione.

Il post-lockdown come acceleratore della domanda di supporto

 L’impatto della pandemia ha avuto un ruolo di acceleratore nella domanda di supporto psicologico: il 66% dei professionisti clinici ha registrato un aumento delle richieste già a partire dal primo lockdown, stimato in molti casi tra il 26% e il 50%. In questo scenario, la terapia online ha rappresentato un fattore abilitante determinante. 

“La terapia online ha rappresentato una vera svolta: per oltre il 71% degli specialisti ha contribuito in modo significativo ad ampliare l’accesso e normalizzare la richiesta di supporto. Anche a cinque anni dalla pandemia, la domanda rimane alta ed è in crescita, segno che il bisogno di salute mentale non è un’emergenza passeggera, ma una componente strutturale del nostro benessere”, sottolinea Valeria Fiorenza Perris, direttore clinico di Unobravo.  

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri