l'intervista

Educazione, casa e occupazione, i progetti della Fondazione Comunitaria Nord Milano | Pessina: “I giovani non vanno protetti, vanno ascoltati”

Dopo anni alla guida della Fondazione Comunitaria, Paola Pessina chiude il mandato puntando tutto sulle nuove generazioni. “Il nostro compito è fare spazio, non dettare la strada”. Welfare, sostegno alle donne e inclusione: la sfida delle periferie parte da qui

di Luisa Vittoria Amen
12 Mag 2025 - 17:59
 © Instagram

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Paola Pessina, alla fine del suo mandato come Presidente della Fondazione Comunitaria Nord Milano, chiude un ciclo di impegno intenso per il territorio. Già sindaca di Rho e con una lunga esperienza nei CdA di enti sanitari milanesi, ha guidato l’ente filantropico – parte della rete di Fondazione Cariplo – con l’obiettivo di rafforzare il welfare di comunità, mettendo in rete soggetti pubblici, privati e no-profit.

Tra i risultati più rilevanti: 266.000 euro destinati al bando “Ti accompagno a casa” per il diritto all’abitare, 286.000 euro per progetti contro la solitudine nelle periferie, e 131.000 euro a 16 progetti educativi che connettono le scuole al territorio. Con il Fondo Inclusione Giovani, sono stati raccolti 125.000 euro in due anni per favorire l’ingresso dei ragazzi nel mondo del lavoro. Sul fronte della lotta alla violenza di genere, il progetto Seconda Stella ha già restituito autonomia a diverse donne che ne sono state vittime, in alloggi confiscati alla criminalità.

Qual è oggi la priorità strategica per la Fondazione?

Abbiamo deciso che la priorità è sostenere le energie giovani delle nostre comunità. Il passaggio dalla scuola al mondo del lavoro è sempre più faticoso, più di quanto non fosse per le generazioni precedenti, e la crisi COVID ha reso ancora più visibili queste difficoltà. Per questo molte attività della Fondazione sono state orientate a dare spazio ai giovani, non tanto assistendoli, quanto riconoscendo il loro potenziale. Gli adulti non devono proteggerli o guidarli passo passo, ma farsi da parte, permettendo ai ragazzi di mettersi alla prova, di scoprire da soli di essere capaci. Hanno energie e visioni, e vanno riconosciute. Non si tratta di fare cose “per” loro, ma di lasciarli protagonisti.

Quali i principali progetti a sostegno dei giovani?

Il nostro approccio è quello di creare le condizioni perché i giovani possano agire, decidere, proporre. Nei progetti che sosteniamo nei comuni dell’hinterland milanese – Sesto, Cinisello, Bollate – cerchiamo di valorizzare il protagonismo giovanile, mettendo al centro le loro idee e capacità. Gli adulti, in questo contesto, devono avere il compito di facilitare, non di dirigere. È una sfida anche culturale: uscire dalla logica dell’adulto che sa e del giovane che deve solo apprendere. Vogliamo invece che i ragazzi si sentano legittimati a portare il proprio contributo, a fare errori, a proporre soluzioni. Solo così possono sentirsi parte attiva delle loro comunità.

Su quali temi i giovani dimostrano oggi maggiore attenzione e partecipazione?

Il tema che più di tutti sembra parlare ai giovani è quello della sostenibilità, intesa non solo in chiave ambientale, ma anche sociale e comunitaria. Molti ragazzi percepiscono che le generazioni precedenti hanno consumato risorse e possibilità che avrebbero dovuto toccare anche a loro. Per questo sono molto sensibili a tutto ciò che riguarda il riciclo, il risparmio energetico, la giustizia sociale. Abbiamo deciso di puntare proprio su questi temi nei progetti a loro dedicati, perché ci siamo accorti che lì c’è un ascolto reale. È un modo per riconoscere il loro sguardo sul presente, che è spesso più lucido e consapevole di quanto gli adulti immaginino.

Un esempio concreto?

Un esempio importante viene dai PCTO, i Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento, l’ex alternanza scuola-lavoro. In teoria sono ottimi strumenti per far conoscere ai ragazzi il mondo che li attende dopo il diploma, ma nella pratica spesso non funzionano. I ritmi e i linguaggi di scuola e azienda sono diversi, così come lo sguardo che gli adulti rivolgono agli studenti. Ci siamo resi conto che ciò che può rendere efficace un PCTO è la presenza di un terzo adulto: un educatore. È lui che riesce a far dialogare l’insegnante e l’imprenditore, ed è lui che aiuta i ragazzi a trovare un senso nel percorso. Abbiamo tante cooperative e realtà del terzo settore con queste competenze, e quando le coinvolgiamo, i risultati si vedono.

Che tipo di progetti nascono da questo modello?

Nascono progetti centrati sulla sostenibilità, dove i ragazzi entrano in azienda, osservano, si confrontano e poi propongono miglioramenti concreti. L’educatore li aiuta a costruire un’ipotesi, che poi presentano davvero all’impresa. A volte le idee sono semplici, ma funzionano. Nel caso di un'azienda di Senago, per esempio, un gruppo di ragazzi ha proposto l’uso di vernici anti-inquinamento: l’azienda non le conosceva, ha approfondito il tema con i tecnici e ha deciso di adottarle. I ragazzi ne erano orgogliosi. Non era un’invenzione rivoluzionaria, ma in quel contesto era nuova e utile. Quando le aziende prendono sul serio le loro proposte, i giovani capiscono che c’è spazio per loro già ora, non solo in un futuro ipotetico.

Milano è una città attrattiva ma con un costo della vita molto alto: come cercate di sostenere i giovani che faticano ad affrontare queste difficoltà, soprattutto sul piano abitativo?

Il costo della vita a Milano pesa soprattutto su chi vive nei comuni dell’hinterland, spesso con redditi più bassi. La Fondazione non ha avviato progetti specifici sul tema della povertà giovanile, ma nel 2024 ha dedicato il suo bando più importante – circa 300.000 euro, con contributi anche fino a 70.000 euro – al tema dell’abitare. La difficoltà di accesso alla casa è centrale e si riflette anche sulle opportunità educative e sociali dei più piccoli: quando una famiglia ha poche risorse, a mancare sono spesso le attività culturali, sportive, aggregative. Questo genera disuguaglianze precoci. Per questo il sostegno ai giovani passa anche da interventi su povertà educativa, accesso ai servizi e inclusione.

Quali sono gli obiettivi strategici futuri della Fondazione?

Con il nuovo consiglio d’amministrazione che si insedierà a fine mese, l’obiettivo sarà consolidare le direttrici già avviate. Al centro restano i giovani, l’educazione e l’inclusione, che si intrecciano tra loro. Uno strumento concreto è la piattaforma nordmilanoeduca.org, una raccolta delle migliori esperienze educative del territorio, anche fuori dalla scuola. Il principio è sempre lo stesso: gli adulti devono fare spazio ai giovani, riconoscere che è da loro che arriva l’energia per cambiare. Accanto a questi temi, la Fondazione lavorerà su altri fronti: il sostegno alle donne, la disabilità, la povertà in senso lato, l’impatto ambientale e, infine, l’attivazione della cittadinanza. Si tratta di far sentire ogni persona parte attiva della comunità, promuovendo scambi, eventi, co-progettazione, perché ciascuno possa contribuire alla coesione e al benessere collettivo.

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