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Addio all'ispettore Derrick

Telebestiario di Francesco Specchia

Ma, scusate, non era già morto? Dal livido quartiere di Schwabing dove uffici e birrerie sapevano di cassetto e carta da parati e dove la neve, fuori, dava sempre l’idea di polistirolo; dalle ville lussuose di Starnberg agli studi di Pucheim (in cui la serie tv si girava gli interni con tristissimo mobilio pre Ikea): dappertutto, insomma, a Monaco di Baviera, oggi, la notizia della morte di Horst Tappert/ l’Ispettore capo Derrick avvolge con sudario di mestizia ogni sguardo e ogni ricordo.

Eppure, nell’immaginario italiano, Derrick - il poliziotto dai pensieri concavi, l’uomo che onorò la Germania più di Wagner, Beckenbaur e Adenaur messi insieme- già da anni era un mausoleo vivente, un flebile Zeitgeist nel senso dello spirito d’un tempo passato. O, come suggerisce la collega Valeria Braghieri, Tappert col suo carico di croci della Repubblica tedesca e Telegatti (ben 4), era ormai diventato “una pietra tombale in movimento”, pure se assai ben epigrafata. Perchè - ammettiamolo - Derrick/Tappert fu sempre in grado di fare della propria mediocrità una leggenda. E non ci riferiamo tanto alla sua biografia sfilacciata da figlio di portalettere e casalinga spinto d un’ambizione più grande di lui. Un tipo che, vocazione del travet e sguardo da cocker, studiò da contabile e s’allenanò da boxeur; ma giusto per entrare -per caso- in una compagnia teatrale (nel ’45 col ruolo del Dr. Streibel nella piéce Helwig Die Flitterwochen: poi passò a Beckett, Balzac, Shakespeare e Moliere). Nè ci ingolosiscono, di Tappert, le esperienze belliche di patriota e prigioniero sul fronte russo. Di Derrick ci ha sempre attratto il modello Facis.

Quel fascino compassato e piccoloborghese, vincente nello stile degli omarini d’acciaio di -paragone italico un po’ azzardato- Guareschi e Giovanni Mosca. Tecnicamente, riportano le enciclopedie, “l’Ispettore Derrick debuttò sul canale della ZDF nel 1974. Ben presto Derrick batté tutti i record della televisione tedesca fino ad arrivare al dicembre 1997 quando viene girato a Monaco di Baviera il 281° ed ultimo episodio, sempre con gli stessi protagonisti del 1973”. Notare: gli stessi protagonisti dopo 23 anni. Questo significa che Tappert era un invincibile e inspiegabile macchina d’ascolti. Lo era, naturalmente, in coppia con Fritz Wepper ossia il mitico Harri Klein, l’ispettore piovuto dall’impossibile, che in Italia difficilmente avrebbe fatto l’appuntato delle barzellette. Se vi capita di smanettare su Youtube, gustatevi la parodia surreale che ne fecero Max Tortora e Max Giusti in “Omicidio alla discoteca Fottemberg” estratto dal programma Rai Stracult e intuirete, dei due, il valore semantico. Vabbè. Parlavamo di successo inspiegabile del telefilm. Non è del tutto esatto. Il successo dell’Ispettore Derrick è d’una banalità quasi sconcertante.

Derrick nacque sulla scia di Der Kommissar, una serie poliziesca che doveva essere, nel ’69, la risposta tedesca -ed europea- alla chiassosa invasione dei telefilm americani. Siccome a livello d’azione non poteva essere Starsky e Hutch, e a livello d’indagine analogica non poteva surclassare Ellery Queen, Derrick puntò tutto sull’empatia coi propri indagati, mediocri come lui. «...Ha quasi sempre ha che fare con gente più modesta e peggio vestita di lui, psichicamente instabile, intimidita da un rappresentate della legge, come accade ad ogni buon tedesco» scrisse Umberto Eco in una celeberrima Bustina di Minerva del ’95, peraltro plagiata dalla sua stessa “Fenomenologia di Mike Bongiorno” di una ventina d’anni prima . E gl’indagati di Derrick, appunto, non sono mai geni del Male, diavoli irredenti o fascinosi angeli della vendetta. Sono costoro, semmai, figurine ritagliate dalla quotidianità. Protagonisti inconsapevoli di trecento puntate di omicidi ripetitivi e banalmente spietati. Gli assassini di Derrick potrebbero essere gli Olindo e Rosa, gli Alberto Stasi, le Amande dei nostri giorni. Per dire. Agiscono non secondo iter romanzeschi del giallo classico, ma sugli schemi consolidati della cronaca nera di periferia; si muovono tra condomini, uffici, negozi, mense aziendali, balere tristissime frequentate da entreneuse polacche, se proprio vogliono essere trasgressivi; e appaiono così evidentemente colpevoli, si presentano così spudoratamente coinvolti che tutti -anche se il delitto non fosse mostrato dall’inizio- , tutti, perfino Harri, sarebbero in grado di riconoscerli. Derrick, poi, proprio per la sua capricciosa inattualità, piace alle donne. Le conforta, le consola e ispira loro fiducia, anche se non s’è mai capito perchè non ha mai contratto matrimonio. Perfino l’inconfondibile tema musicale è stato scritto dal musicista Les Humphries, aveva un che d’ipnotico, di solennemente ansiolitico.

A dire il vero, negli stessi anni dell’esordio di Derrick, la tivù italiana poteva vantare un altro grande antieroe borghese. Il tenente Colombo. Che, però era più divertente.. Coll’ impermeabilino unto e la leggendaria petulanza, il proletario Colombo era la sfiga che si trasformava nella nemesi. Derrick, invece, parlava poco, disturbava meno e aveva il sense of humor di un piatto di crauti. Colombo aveva una moglie, sempre presente anche se non si vedeva mai. Derrick, con quel suo parrucchino, mostrava l’aspetto di fiscalista afflitto da perenne vedovanza. Però la Germania, tre generazioni di spettatori noi compresi, non avrebbero potuto farne a meno...

Francesco Specchia