Brasile 2014, il Mondiale dei numeri 10 nella patria di Pelè
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Neymar, Messi e James Rodriguez da sogno, sorprese Ruiz e Feghouli, deludono Cassano e Rooney
Il 10 è da sempre il numero magico del calcio, una maglia che pesa una tonnellata, capace di rendere leggenda chi trova la forza di trasformare la pressione in energia e di schiacciare chi questa forza non ce l'ha. Un numero che il calcio ha storicamente consegnato al fantasista, il giocatore di maggior talento in grado di prendere sulle spalle il peso dell'intera squadra o, nel caso dei Mondiali, di interi popoli. Il 10 di Pelè, Maradona, Puskas, Platini, Matthaus, Baggio e Zidane, quel numero fatato che nell'ultimo decennio sembrava aver perso significato, sacrificato sull'altare della fisicità e della tattica del calcio moderno, ma che al Mondiale brasiliano, quello della tecnologia per i gol, dei time out e dello spray, è tornato finalmente di moda.
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10 E LODE
Il duello tra Neymar e Messi è il più atteso fin dall'inizio del Mondiale, una sorta di remake dell'eterna e impossibile sfida tra Pelè e Maradona, e le due stelle non hanno certo deluso le aspettative: 4 gol a testa e un ruolo da trascinatori, in attesa di sfidarsi faccia a faccia nella finale del Maracanà. Ma il talento emergente che sta stregando il mondo è quello di James Rodriguez, che a soli 22 anni è il capocannoniere del torneo, ha segnato il gol più bello e sta portando i Cafeteros a risultati insperati.
Gli ottavi appena conclusi hanno inoltre fatto brillare le stelle di Giovani Dos Santos e Wesley Sneijder, che quando la posta in palio è alta non tradisce mai, e confermato l'importanza di Benzema, già a tre gol nonostante sia a secco da due partite. Alla compagnia si aggiungono due protagonisti a sorpresa: l'algerino Feghouli e il costaricano Ruiz, giustiziere dell'Italia. I due hanno assaggiato il calcio di vertice in Spagna e Inghilterra, ma nessuno li avrebbe immaginati tra i leader di nazionali ancora in corsa dopo i gironi. Un po' come l'eterno Karagounis, ancora fondamentale per la sua Grecia e senza dimenticare Eden Hazard, in campo questa sera, che pur non avendo ancora segnato sta aiutando il Belgio a farsi onore.
LA MANCANZA DEL 10 Per capire quanto sia decisiva la presenza di un vero numero 10 in campo ai Mondiali brasiliani basta guardare il cammino delle nazionali i cui giocatori di maggior talento hanno deluso.
A casa anzitempo, insieme all'Italia di Prandelli, che ha scelto di affidare il 10 ad Antonio Cassano salvo poi schierarlo solo per alcuni scampoli di gara senza possibilità di incidere, ci sono andate il Portogallo (il numero 10 è Vieirinha, ma la delusione è stato CR7), l'Inghilterra dell'anonimo e insolitamente poco combattivo Rooney, la Spagna di Fabregas, che nonostante la maglia numero 10 ha rivestito un ruolo da comprimario, e la Croazia di Modric.
Ma anche Forlan non è riuscito a dare alcun contributo all'Uruguay, né Dzagoev è riuscito a convincere Capello, che lo "vede" pochissimo. Per non parlare di Kagawa, che un anno fa in Confederations Cup aveva fatto sognare il Giappone e sperare Zaccheroni e che ora, dopo una pessima stagione al Manchester Utd, sembra uno qualunque.
Nella patria che più ama questo sport il calcio è tornato alle origini, Brasile 2014 è il Mondiale dei numeri 10. E per fortuna.