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Renzo Arbore: "In attesa dei jazzisti della risata mi diverto con l'Orchestra italiana"

Lo showman, che ha festeggiato 50 anni di carriera nel 2015, riparte con una serie di concerti in tutta Italia. E in quanto alla televisione dice che per ora... si diverte tanto con Internet

Renzo Arbore:
ufficio-stampa

Nel 2015 ha festeggiato 50 anni di carriera ma per Renzo Arbore il modo migliore di celebrare un simile traguardo è...

guardare al futuro. Mentre a Roma è aperta una mostra a lui dedicata, lo showman riparte in tour con l'Orchestra italiana. E la televisione? Per ora meglio la Rete. "Internet è una scoperta fantastica e una grande opportunità - dice a Tgcom24 -. Nell'intrattenimento di oggi mancano i jazzisti della risata, quelli capaci di improvvisare".

Renzo Arbore: "In attesa dei jazzisti della risata mi diverto con lʼOrchestra italiana"

I punti fermi sono un'autobiografia ("E se la vita fosse una jam session? Fatti e misfatti di quello della notte") e una mostra al Macro Testaccio di Roma, aperta fino al 3 aprile. Ma per quanto uno non lo veda in televisione, il mondo di Arbore è in continuo movimento, con progetti e pubblicazioni, dai cd musicali ai dvd antologici delle sue tramissioni ("Sto lavorando anche ai 'Prototipi': dvd con una puntata esemplare di ogni mia trasmissione più significativa").

E poi c'è l'attività dal vivo. E proprio da lì partiamo nella chiacchierata con lui. Dall'Orchestra italiana che riparte il 28 febbraio da Brescia, per un tour che toccherà quasi tutto il nord Italia (l'1 e 2 marzo sarà a Milano) per poi arrivare fino al Canada e Cuba. "Ho una veneranda età ma ho questa impresa che funziona e la porto in giro - dice Arbore -. Chi l'ha vista ritorna. Perché il mio codice è semplice ed elementare: dare di più di quello che la gente si aspetta. Mi affatico molto ma rende. E il passaparola poi fa il resto, così facciamo sold out dappertutto".

Lei ha sempre dato l'impressione di fare una cosa solo fino a quando la divertiva, tanto che i suoi progetti sono sempre stati limitati nel tempo. Dopo 26 anni l'Orchestra italiana ha ancora un fascino intatto?
Sì, perché cambia il pubblico. Alla televisione più o meno il pubblico è sempre lo stesso e quindi devi sempre inventare sempre qualcosa di nuovo. Con l'Orchestra una volta perfezionato il concerto lo si modifica quel tanto da adattarlo ai diversi posti in cui andiamo ma è uno spettacolo che si può ripetere.

All'ingresso della mostra su di lei campeggia la scritta "lasciate ogni tristezza voi ch'entrate"...
La mostra al testaccio è importantissima perché lascia tutti di stucco. Compreso me, che non l'ho curata. Se ne sono occupati infatti i miei scenografi, Alida Cappellini e Giovanni Licheri. Mi hanno saccheggiato casa ma non tutto, perché sono ancora pieno di roba. Loro sono gli scenografi dei miei programmi, da "Indietro tutta" in avanti.

E quelli che entrano cosa ti trovano?
Tutto quello che ho collezionato, da incosciente, in anni e anni. In particolare quelli che ritenevo i prodotti della fantasia sfrenata dei designer e degli inventori di stronzate. Gli anni 80 sono stati gli anni delle cose frivole, di quelle che oggi non se ne trovano più. Certi oggetti da regalo strani oggi sono introvabili. Tra gli anni 80 e 90 erano tipici. Sono anni che rimpiangeremo perché in quel periodo si è sdoganato il sorriso. E con esso la voglia di vivere, l'inseguimento del benessere. Non che mancassero i problemi, ma rispetto ad altre epoche... E poi ci sono anche le cose vintage, i dischi di jazz, le camicie... tutta questa roba messa in un museo, bene illuminata, colpisce molto il pubblico.

Non mancano i cimeli delle sue trasmissioni televisive. Con la televisione rimane un rapporto a distanza?
Ho fatto una televisione d'autore, composta tutta da format, anche se molti ricordano solo "Quelli della notte" e "indietro tutta". Una televisione di questo tipo richiede entusiasmo. E deve essere richiesta. Se me la richiedono un po' di idee messe da parte le ho. Ma per adesso non me le chiede nessuno e me le tengo per me. E per il mio canale internet, un po' carbonaro.

Sta sperimentando con la Rete?
Sì. Su Renzoarborechannel.tv c'è una parte del mio repertorio, qualche malefatta odierna, cose scelte da me ma non mie. Ho uno studio a casa mia che mi permette di andare in streaming quando voglio. Avessi tempo lo utilizzerei di più ma per il momento mi diverto a esplorare Internet che considero un'invenzione meravigliosa, pur con le sue controindicazioni. Ma queste le hanno tutte le cose.

Per lei è il futuro?
Non solo. Secondo me i ragazzi dovrebbe lavorarci rivolgendosi al passato anche perché per andare avanti bisogna conoscere le fondamenta. Avendo io un po' di esperienza in questo campo... credo non si possa fare il comico oggi se non conosci Walter Chiari o Totò. Da lì si parte. E' una cosa in divenire molto affascinante.

Lei ha sempre ricercato l'originalità che oggi manca in molti campi. Qual è il motivo?
C'è una pigrizia da parte degli autori. Ora l'intrattenimento si fa con la satira e l'imitazione dei personaggi, una cosa che guardo ma non ho mai praticato. E grandi imitazioni. Alcuni sono bravissimi, come Virginia Raffaele, ma il varietà vero, di cui noi siamo stati maestri, è finito con Fiorello. Da allora non si è più fatto.

Eppure non si può nemmeno dire che sia la gente a essere stanca del genere...
No, lo dimostrano gli ascolti dello stesso Fiorello o di programmi come Techeteché. La gente cerca la risata perché ormai si ride sempre meno. E chi fa ridere spesso arriva dalla mia epoca, come Frassica o Ferrini. Le scuole di umorismo sono state due: Alto gradimento e Drive In. La prima ha generato tutte le mie trasmissioni, la seconda ha prolificato in Zelig e in altre trasmissioni simili.

Qual è la grande differenza tra le due scuole?
Se le rapportiamo alla musica possiamo dire che una è televisione e l'altra jazz. La mia era quella jazz, con grande improvvisazione. Mentre dall'altra parte c'è grande confezione, autori e scrittura. Noi abbiamo fatto intere trasmissioni improvvisando e questa scuola non ha eredi se non quelli nati con me. Non c'è una scuola, si impara sul campo. Questo non è un modo vecchio di fare televisione, sarebbe addirittura un tv del futuro. E' difficile trovarne gli epigoni, ma non è detto che non nascano.

Però poi bisogna trovare qualche club che dia modo loro di esibirsi...
C'è la Rete. Possono trovare uno sbocco lì ma i talenti sono merce rara. Eccezion fatta per la radio, la tecnica del cazzeggio, quella che permette di lanciare la palla e avere una risposta pronta, meglio con una battuta, è praticata sempre meno.