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Natalie Imbruglia: "Sono fuggita dalla musica ma ora posso ricominciare"

Dopo cinque anni di silenzio la cantante pubblica "Male", un album di cover di brani interpretati tutti da artisti uomini. "Nella musica è cambiato tutto, ma bisogna sapersi adattare" dice a Tgcom24

natalie imbruglia male 2015
ufficio-stampa

Torna, a cinque anni di distanza dal precedente lavoro "Come To Life", Natalie Imbruglia. "Male" è un album di cover di canzoni tutte originariamente cantate da interpreti maschili. "Mi è piaciuta l'idea di dare un visione femminile di quei pezzi - dice lei a Tgcom24 -. Perché un silenzio così lungo? Sono fuggita dalla musica perché avevo bisogno di staccare la spina, fare altro. Adesso sono tornata a divertirmi".

Natalie Imbruglia: "Sono fuggita dalla musica ma ora posso ricominciare"

La fine del primo decennio degli anni 2000 per Natalie è stato tutt'altro che facile. Prima la rottura con la propria casa discografica originaria, poi un album prodotto in proprio affondato quasi ancora prima di essere lanciato. In mezzo il divorzio e la depressione. I tempi del successo planetario di "Torn", il brano che la lancioò nel 1995, sembravano lontani anni luce. A quel punto la decisione: staccare e gettarsi in altri progetti. Sono così arrivati "X Factor" come giudice ma soprattutto la recitazione, con alcuni ruoli in teatro e al cinema (per lei che aveva comunque iniziato in una soap televisiva) dopo essersi rimessa a studiare.

Ora cinque anni dopo è il momento di rifarsi avvolgere dalle note. E così mentre sta mettendo insieme i pezzi per il prossimo album di inediti, ha deciso di riprendere contatto con l'ambiente con un album di cover. Una serie di brani "maschili" riletti in chiave femminile con un repetorio vasto che va da Cat Stevens e Damien Rice ai Cure e ai Daft Punk. E la gente ha apprezzato visto che in Inghilterra l'album ha debuttato nell Top20.

Come mai ha voluto solo canzoni "maschili"?
E' una cosa nata strada facendo. All'inizio l'idea era semplicemente di un album di cover dei miei artisti preferiti, uomini e donne che fossero. Ma stilando la lista delle canzoni che più amavo mi sono resa conto che puntare solo su canzoni di interpreti maschili sarebbe stato più interessante. Da donna offrire il mio punto di vista a un pezzo cantato da un uomo mi intimidiva e stimolava al tempo stesso. E poi il cambio di sesso avrebbe evitato il confronto immediato con la voce originale, il distacco sarebbe stato più netto.

Cosa cambia nel passaggio da maschile a femminile?

E' impossibile intelletualizzare una cosa del genere. E' qualcosa che riguarda più il feeling che differenzia l'interpretazione di una donna da quella di un uomo. La cosa strana è che in questo caso a sorprendermi sono state di più le somiglianze. Nonostante molte di queste canzoni fossero introspettive mi sono sentita molto in sintonia con quei sentimenti.

L'album ha un suono classico, non molto in linea con il pop attuale. Come mai?
Volevo una produzione veramente organica, senza troppi suoni elettronici. Questo per meglio entrare in sintonia con il mood delle canzoni che hanno come denominatore comune l'essere personali e introspettive, incentrate sull'amore e il proprio modo di viverlo.

Come ti è venuto in mente di trasformare "Friday I'm In Love" dei Cure in una canzone country?
Buona parte del merito è del mio produttore Billy Mann. E devo ammettere che all'inizio ero non poco nervosa all'idea di quale potesse essere la reazione a questa versione. I fan dei Cure sono molto attaccati al gruppo, avrebbero anche potuto prenderla come un sacrilegio. Ma quando l'ho provata mi sono divertita moltissimo e quando fai un album di cover non puoi pensare di accontentare tutti, bisogna prendersi anche dei rischi e andare avanti con quello che ti piace.

La gente come l'ha presa?
Quest'estate ho fatto alcuni spettacoli dal vivo e la reazione del pubblico è stata entusiasta, in tutti i vari Paesi in cui ho cantato. Questo mi ha rincuorato, significa che ho fatto la scelta giusta.

Erano cinque anni che non pubblicavi nulla. Come mai un silenzio così lungo?

Avevo smesso di divertirmi. Ho avuto un blocco di ispirazione e non mi trovavo più a mio agio con l'industria musicale, così ho deciso di staccare per un po', pur con tutti i rischi che questo avrebbe comportato. Sono andata in Australia dove ho fatto il giudice per "X Factor", poi ho iniziato a studiare recitazione. E' stata la decisione giusta, infatti adesso ho la mente sgombra e sono tornata a divertirmi nel fare musica. Non mi sento più fuori posto ma per me è come ricominciare da capo.

Hai vissuto forse l'ultima epoca d'oro del pop, prima che il download e l'avvento dei talent cambiassero tutto. Come ti trovi oggi in questo mondo musicale?
Io credo che sia necessario essere aperti ai cambiamenti. Anzi, credo che molti dei problemi derivino dal fatto che le case discografiche non hanno capito abbastanza in fretta che tutto stava mutando. Nel caso dei talent non credo che siano il male assoluto. Qualunque mezzo che offra la possibilità a un giovane talento di mettersi in mostra per me è il benvenuto. Questo non vuol dire che debba essere l'unico modo. Anzi, oggi con la Rete i giovani hanno più possibilità di un tempo di diffondere la propria musica e farla arrivare a una platea vastissima.