FINO AL 12 FEBBRAIO

"La leggenda del santo bevitore", in scena la parabola di Roth con Carlo Cecchi

Al Teatro Franco Parenti di Milano con la regia di Andree Ruth Shammah fino al 12 febbraio

26 Gen 2023 - 14:30
 © Ufficio stampa

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Torna in scena (fino al 12 febbraio) "La leggenda del santo bevitore", la splendida parabola di Joseph Roth, che Andrée Ruth Shammah ripropone a quasi 15 anni dalla messa in scena originale con Piero Mazzarella, per celebrare i 50 del Franco Parenti di Milano. "Un modo per capire da dove si viene e dove si andrà", spiega la regista e direttrice del teatro: "Per ricordare e omaggiare chi non c'è più, ragionando sul tempo e sul teatro...". Sul palco il protagonista questa volta è Carlo Cecchi, che in un "affollamento di voci", come le definisce lui stesso è il narratore, ovvero l'autore, ma anche il "narrato" e se stesso, in una continua sovrapposizione di mondi che si intersecano e si intrecciano. Il racconto dell’attore include il racconto dell’autore che, a sua volta, include quello del personaggio: "Passare dalla terza persona alla prima... per me è stata una scoperta".

Cecchi, che a Mazzarella non assomiglia proprio, è Andreas Kartak, iconico clochard, protagonista del romanzo di Roth, barbone ormai alcolizzato che vive sotto i ponti di Parigi, tra occasioni mancate, ricordi e struggimenti della coscienza. Finché  un misterioso benefattore gli regala una cospicua somma di denaro, da restituire in un determinato giorno e in un determinato luogo. Con quei soldi Andreas "vive", fa l'amore, mangia al ristorante e dorme in albergo, adempiendo così il suo dovere morale e omaggiando la vita... per morire sereno. Sul palco con lui un uomo e una donna (Giovanni Lucini e Roberta Rovelli), e una colonna sonora struggente, che va da Stravinskij al jazz, dalle melodie yiddish e russe alla musica parigina.

"Mazzarella era un omaccione sanguigno, fisico e concreto", spiega la regista: "Cecchi è tutt'altro... è più Roth seduto al bancone del bistrot, che racconta al barman di Andreas...".

Ma i confronti non servono a nulla per questo spettacolo che non è una ripresa, bensì una scelta precisa per ribadire l'importanza e il valore di un certo repertorio, come ricorda la regista. 

Che poi assoldare Cecchi non è stato così facile, ricorda la Shammah: "Glielo proponevo da tempo, poi un giorno mi ha chiamato e ha accettato". Aveva letto il racconto e ne era rimasto affascinato. 


Lui, che con i suoi 84 anni sul palco a recitare ci va quasi di malavoglia, con quell'indolenza che lo contraddistingue: "Vado in scena perché non ne posso fare a meno come se fossi spinto. Da una parte ne farei volentieri a meno", dice, ricordando come per lui valga sempre e comunque il principio del "Qui e ora" e poi aggiunge: "Ogni mattina mi sveglio e dico 'anoyher fucking day.'..", una frase che anche Roth avrebbe detto.

 

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