Al Teatro Franco Parenti di Milano con la regia di Andree Ruth Shammah fino al 12 febbraio
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Torna in scena (fino al 12 febbraio) "La leggenda del santo bevitore", la splendida parabola di Joseph Roth, che Andrée Ruth Shammah ripropone a quasi 15 anni dalla messa in scena originale con Piero Mazzarella, per celebrare i 50 del Franco Parenti di Milano. "Un modo per capire da dove si viene e dove si andrà", spiega la regista e direttrice del teatro: "Per ricordare e omaggiare chi non c'è più, ragionando sul tempo e sul teatro...". Sul palco il protagonista questa volta è Carlo Cecchi, che in un "affollamento di voci", come le definisce lui stesso è il narratore, ovvero l'autore, ma anche il "narrato" e se stesso, in una continua sovrapposizione di mondi che si intersecano e si intrecciano. Il racconto dell’attore include il racconto dell’autore che, a sua volta, include quello del personaggio: "Passare dalla terza persona alla prima... per me è stata una scoperta".
Cecchi, che a Mazzarella non assomiglia proprio, è Andreas Kartak, iconico clochard, protagonista del romanzo di Roth, barbone ormai alcolizzato che vive sotto i ponti di Parigi, tra occasioni mancate, ricordi e struggimenti della coscienza. Finché un misterioso benefattore gli regala una cospicua somma di denaro, da restituire in un determinato giorno e in un determinato luogo. Con quei soldi Andreas "vive", fa l'amore, mangia al ristorante e dorme in albergo, adempiendo così il suo dovere morale e omaggiando la vita... per morire sereno. Sul palco con lui un uomo e una donna (Giovanni Lucini e Roberta Rovelli), e una colonna sonora struggente, che va da Stravinskij al jazz, dalle melodie yiddish e russe alla musica parigina.
"Mazzarella era un omaccione sanguigno, fisico e concreto", spiega la regista: "Cecchi è tutt'altro... è più Roth seduto al bancone del bistrot, che racconta al barman di Andreas...".
Ma i confronti non servono a nulla per questo spettacolo che non è una ripresa, bensì una scelta precisa per ribadire l'importanza e il valore di un certo repertorio, come ricorda la regista.
Che poi assoldare Cecchi non è stato così facile, ricorda la Shammah: "Glielo proponevo da tempo, poi un giorno mi ha chiamato e ha accettato". Aveva letto il racconto e ne era rimasto affascinato.
Lui, che con i suoi 84 anni sul palco a recitare ci va quasi di malavoglia, con quell'indolenza che lo contraddistingue: "Vado in scena perché non ne posso fare a meno come se fossi spinto. Da una parte ne farei volentieri a meno", dice, ricordando come per lui valga sempre e comunque il principio del "Qui e ora" e poi aggiunge: "Ogni mattina mi sveglio e dico 'anoyher fucking day.'..", una frase che anche Roth avrebbe detto.