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Il fuori tempo dei Rolling Stones

Il regalo più grosso di Jagger & C. ai 70mila del Circo Massimo: la stupefacente illusione - accompagnata dalla musica - delle lancette che si fermano

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È un peccato, perché alla fine dovrebbe essere solo musica, only rock'n'roll, sono loro i primi a dirlo. Invece, qui la vicenda è diventata più spessa, e ora i Rolling Stones sono definitivamente diventati qualcosa di più, è una situazione in cui l'insieme è più grande della somma delle parti.

A Roma, nel teatro senza tempo del Circo Massimo, si è assistito a una perfetta esibizione di gente senza tempo, che ormai non viene più giudicata per quanto fa, ma per come lo fa, e per quanto tutto ciò possa rappresentare qualcosa di biologico ancora prima che sociologico e - lo dicevamo - musicale.

Essere lì, in mezzo al mucchio dei 70mila e passa, è significato farsi una specie di giro sulla vettura di "Ritorno al futuro". Dall'ipotetica autoradio, i suoni sporchi e squillanti che sono il trademark di Keith Richards, ma esattamente come quando sei al volante, la musica è stata un gran bel sottofondo al viaggio, che è stato tra memoria, sogno, fantasia, domande da porsi.

Mick, Keith, Charlie, i loro compagni di cordata, hanno alternato momenti ispirati ad altri più zoppicanti, ma sai chi se ne frega se un accordo o una chiusa di una canzone vengono sbagliati o Jagger salta di palo in frasca tra le strofe delle sue canzoni a dispetto del "gobbo" che può leggere sul palco: il punto centrale, alla fine, è che sono lì, ancora una volta, a miracol mostrare, 70 anni e rotti producendo ancora musica, quella musica apparentemente lontana nei decenni e nei modi.

E questo è un messaggio straordinario di vita, di dimostrazione che l'età pensionabile potrebbe fare tranquillamente parte della teoria della relatività di Einstein. I soldi sono importanti per tutti e figuriamoci per una holding del palco come gli Stones, sui loro biglietti è come se stesse scritto "solo per un pubblico abbiente". Ma quello che da qualche anno restituiscono ai convenuti di un loro concerto, ha un tasso di interesse enorme, vale a dire la sensazione irreale di essere fuori dalla dinamica più ineluttabile di tutte, il tempo. E i soldi, tra parentesi, non ti consentono di annacquare i rischi di figuracce, di performance che azzerino mito e rispetto costruiti in 50 anni di palchi.

Allora finisce che io non invecchio perché se sono qui, e ci sono ancora gli Stones on stage - viene da pensare - e Mick ha sempre i capelli lunghi e scuri, e va avanti e indietro per un palco cantando. Io non invecchio perché sono portato a pensare che sì, loro cantano e suonano e sono delle star mondiali, ma che tutti possano cercare, anche con l'aiuto indispensabile della fortuna, di andare oltre a una vecchiaia in cui mantenere la posizione verticale sia l'unico obiettivo.

Mick Jagger, il suo look, la sua performance richiamano automaticamente delle ironie: ma bisogna vederlo per credere a ciò che sa fare ad anni 71, e considerare per esempio, visto che siamo in clima Mondiale, che ha più fiato di Cassano e Thiago Motta messi insieme; Charlie Watts, anni 74, scende dalla batteria ed è un canuto e un poco ingobbito signore inglese, ma se ci risale è ancora l'uomo delle centinaia di rullate, e ancora tiene il ritmo, guida il beat inconfondibile dei suoi soci.

Questi, i Rolling Stones, hanno cristallizzato gli anni. Poi sì, certo, c'è stata anche la musica, tanta, suonata discretamente dalla "greatest rock'n'roll band in the world" (o presunta tale), il juke-box finale con "Miss You", "Start Me Up", " Sympathy For The Devil", "Brown Sugar" e - nei bis - "Satisfaction" era esattamente tutto ciò che i fans, arrivati per almeno metà dall'estero, volevano.

Ma era colonna sonora, tappeto in una bellissima sera di estate di un'illusione massima come e più del Circo: il tempo così come lo conosciamo e contiamo non c'è più, i Rolling Stones lo hanno fermato, ridimensionato, rimodellato e, qualsiasi cosa accada in futuro, questo - insieme alla musica - rimarrà. E nell'attesa di conferme, Time Is On Their Side. Ma veramente.