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I Nomadi tra presente e futuro: "Dateci il via e siamo pronti a tornare sul palco"

E' uscito "Solo esseri umani" il nuovo album di inediti della band emiliana. Tgcom24 ne ha parlato con il leader storico Beppe Carletti


Andrea Colzani

E' uscito "Solo esseri umani", il nuovo album di inediti dei Nomadi. Un lavoro nato durante i mesi di pandemia e lockdown, quando la band è stata costretta a stare lontana dal suo elemento naturale: il palco. "Ci siamo chiusi in sala prove per quattro mesi e ci siamo aggrappati alla musica" racconta a Tgcom24 Beppe Carletti. Nell'album anche un brano cantato con Enzo Iacchetti e "Il segno del fuoriclasse", dedicato ad Augusto Daolio.

 

 

Un album in pieno stile Nomadi, fedele alla tradizione di una band con oltre 50 anni di carriera alle spalle ma che non ha perso un briciolo di entusiasmo a dispetto dei tempi difficili che stiamo vivendo. Undici canzoni (dieci più una seconda versione di che affrontano temi universali come valori, amore e vita, con molte sfaccettature, analisi sul tempo che cambia, sul senso di collettività, della società. Un lavoro che in qualche modo sfida la contemporaneità uscendo solo in formato fisico (cd e vinile) e in digital download, mentre non sarà disponibile sulle piattaforme streaming, dove è stato pubblicato solo il singolo realizzato con Enzo Iacchetti.

 

Beppe Carletti sprizza come sempre energia. "Sono molto contento. Speriamo che le cose vadano sempre meglio - dice -. Purtroppo in questo anno ci è mancato il pubblico che è la nostra forza, per noi il contatto con la gente è fondamentale, noi viviamo in mezzo al popolo. Però abbiamo la fortuna che quattro o cinque di noi abitano davvero a poca distanza l'uno dall'altro e così abbiamo passato quattro mesi in sala prove a registrare il disco".

 

Quanto è stato difficile per una band come la vostra, abituata a passare la maggior parte del tempo in tour?

Per noi è una sensazione nuova, non avevo mai passato tanto tempo in sala in tutta la mia carriera. Solitamente facevamo dei brevi turni tra un impegno live e l'altro. Però quando stati con persone con cui stai bene è davvero bello, è diverso, anche se il periodo è difficile. Ci siamo divertiti in sala come mai. E' stato un bel modo di passare il tempo durante giornate che sembrano non passare mai. Certo, stare su un palco è un'altra cosa, ma comunque abbiamo fatto ciò che amiamo. 

 

Come definiresti "Solo esseri umani"?

Queste sono dieci canzoni che ci rappresentano, sono i Nomadi di questo momento. Nei brani sullo sfondo si avverte anche un po' del momento generale che stiamo attraversando ma non abbiamo voluto focalizzarci troppo su quello. Noi non abbiamo mai fatto la canzonetta del momento. Al massimo possiamo fare una canzone che racconta il momento. Alla fine siamo soddisfatti di questi brani, siamo credibili.

 

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Andrea Colzani

 

Come è nato l'album?

Avevamo delle canzoni nuove, siamo arrivati in sala con i brani già scritti ma poi ci abbiamo lavorato molto. Soprattutto sui testi io sono molto selettivo. Intanto mi devo ricordare tutto quello che abbiamo fatto in passato perché la cosa peggiore è ripetersi. Se inizi a ripeterti significa che non hai più nulla da dire. E poi l'importante è essere sempre fedeli allo spirito e allo stile dei Nomadi.

 

Tra i brani ce n'è uno particolarmente significativo che è "Il segno del fuoriclasse", dedicato ad Augusto Daolio, cantante storico della band. Come mai questa canzone oggi, a 29 anni dalla sua scomparsa?

Dopo tanti anni era arrivato il momento di dedicare una canzone ad Augusto. Inizialmente mi era stato proposto un altro testo che però non c'entrava nulla con l'idea di Augusto che volevo trasmettere. Però da lì siamo partiti per sviluppare l'idea del canzone come poi è venuta. Abbiamo voluto raccontare cosa è stato Augusto e quale è stato il suo lascito, quello di un fuoriclasse della musica.  Tempo per lavorare ne avevamo, non avevamo fretta, e quindi abbiamo lavorato fino a quando non siamo stati soddisfatti. Qualcuno dirà che ho sfruttato Augusto, ma ci sono abituato. In realtà non l'ho sfruttato ma ho portato avanti il suo nome. 

 

La title track del disco ha una doppia versione: nella seconda, uscita come singolo, canta Enzo Iacchetti. Come è nata la collaborazione con lui?

Con Enzino Iacchetti ci conosciamo da anni, da quando è venuto a un nostro raduno a Novellara, è davvero una bella persona. Lo abbiamo invitato, ha sentito alcune cose e gli sono piaciute molto e ha voluto fare qualcosa. Ha dato un'interpretazione teatrale e discografica del pezzo, come è nelle sue corde, e abbiamo lasciato sul disco entrambe le versioni della canzone. 

 

Che programmi avete per  il prossimo futuro?

Io credo che a giugno ripartiremo. Anche l'anno scorso abbiamo fatto sedici date, che per noi abituati a farne più di 80 sono niente, ma le abbiamo fatte. Distanziati, all'aperto e con le mascherine, ma tutto è andato bene. E credo che si potrà fare così anche questa estate. I sentori ci sono. Basta che ci diano il via e noi siamo pronti. 

 

 

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