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Ferzan Ozpetek tra dramma e amore preme l'acceleratore sulle emozioni

La recensione del nuovo film "Allacciate le cinture" al cinema dal 6 marzo

Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca) sono incompatibili. Lei è troppo per lui, lui poco per lei. Eppure lei lo ama, per come è, dal primo momento, quando i loro sguardi si incrociano sotto una pensilina e si scontrano subito dopo mentre aspettano un autobus riparandosi dalla pioggia battente che annuncia un triste presagio. Lui se ne accorgerà solo più tardi, quando sarà finalmente più consapevole di sé. La passione, il gioco, la spensieratezza, tredici anni dopo - con una famiglia e due figli - lasciano lo spazio al dolore, improvviso, per la malattia.

Ferzan Ozpetek tra dramma e amore preme lʼacceleratore sulle emozioni

La turbolenza, più o meno forte, che puntuale arriva per tutti, a ricordare che almeno una volta, quelle cinture, che non sono solo di sicurezza ma della vita, bisogna allacciarle. Così il tempo scandisce i battiti di una esistenza che viene messa a dura prova, che inevitabilmente cambia le sorti anche di chi ci sta affianco. Ferzan Ozpetek in "Allacciate le cinture" indaga ancora sull'amore, che stavolta va oltre la fisicità e si eleva in un'altra dimensione, scioglie come piace a lui i segreti più reconditi nel pianto, preme l'acceleratore sui sentimenti e raggiunge l'obiettivo, che poi è quello a cui tutti coloro che fanno cinema ambiscono: emozionare.

Lo fa raccontando una storia diversa e uguale a tante altre, che condisce con aneddoti personali, come quando Fabio (Filippo Scicchitano) confessa di quella volta in cui il padre lo scopre a dodici anni con l'amichetto in camera con i pantaloni abbassati. Sdrammatizza spesso con l'ironia, cerca la risata, aiutato da un cast di attori impeccabili come Elena Sofia Ricci (Viviana-Dora) e Carla Signoris (Anna) due donne legate da un sentimento che solo all'ultimo verrà svelato. Senza dimenticare Giulia Michelini (Diana) credibile anche quando da studentessa diventa dottoressa e cura la protagonista colpita dal tumore al seno, e Luisa Ranieri (Maricla) nel ruolo dell'amante napoletana di Arca, che mantiene l'inflessione pittoresca. Ozpetek plasma gli attori, li muove come burattini, li modifica anche fisicamente, svelando stempiature che mettono a dura prova il narcisismo dell'ex tronista, facendo perdere e acquistare chili, forse con un pizzico di sadismo. E pazienza se a volte lo fa inutilmente, come nel caso di Carolina Crescentini (Silvia) fidanzata di Antonio che però ama Francesco Scianna (Giorgio) di cui poi taglierà le scene. Più efficace nel caso di Paola Minaccioni (Egle) irriconoscibile nel personaggio più drammatico, che solo una brava comica poteva interpretare magistralmente come fa lei.

Tutto ruota intorno alla scena dell'ospedale, in cui Elena-Kasia scopre di essere ancora l'oggetto del desiderio del marito meccanico e donnaiolo, che la vuole anche segnata dalla chemioterapia, anche quando in un gesto di sfida, sofferente sul lettino, lei si sfila il foulard e mostra la testa calva, senza parrucca e senza inganno. Una scena su cui il regista costruisce tutto il film, suggerita da una frase di una amica malata che confida di "dormire" ancora con il marito dopo vent'anni perché "agli uomini non fa schifo niente". Una scena che come un segreto prezioso Ferzan, quando i tempi sono maturi e i protagonisti non riescono più a spogliarsi dei panni dei loro personaggi, spiega i dettagli in un bagno, l'unico posto in cui si riesce a stare tranquilli. Nell'intimità che permette di suggerire frasi come "sei la persona della mia vita" coronate sul set dalle lacrime, che come sottolinea Kasia diventano naturali solo se la "morte l'hai vista in faccia".

Scorrono i titoli di coda e arrivano le note di una canzone del passato, "A mano a mano", scritta da Riccardo Cocciante e interpretata da Rino Gaetano nei primi Anni Ottanta, dal testo ancora incredibilmente attuale: "A mano a mano ti accorgi che il vento ti soffia sul viso e ti ruba un sorriso... A mano a mano mi perdi e ti perdo e quello che è stato mi sembra più assurdo... ma dammi la mano e torna vicino, può nascere un fiore nel nostro giardino, che neanche l'inverno potrà mai gelare...". Perché come recita il sottotitolo del film nelle sale dal 6 marzo, "Il vero amore non avrà mai fine". Se si ha la fortuna, almeno una volta, di incontrarlo.