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Bugo adesso se la gode: "Questo è l'album della mia rinascita"

A quattro anni di distanza il cantautore pubblica "Nessuna scala da salire", album dalle sonorità rock con richiami agli anni 80. Tgcom24 lo ha incontrato

Dopo quattro anni di silenzio Bugo torna e...

se la gode. Come recita il singolo "Me la godo" che ha anticipato l'album "Nessuna scala da salire". L'album, uscito prima in vinile e adesso in tutti i formati, è un lavoro caratterizzato da un'impronta rock che guarda agli anni 80. "Avevo perso la voglia di scrivere canzoni - spiega a Tgcom24 -. Adesso sono tornato più carico che mai".

Il primo passo è stato l'Ep "Arrivano i nostri". Poi l'uscita in vinile (con l'album andato dritto al primo posto della classifica dei vinili più venduti). Ora il ritorno del cantautore può definirsi compiuto, con tanto di tour in vista. "Volevo tornare con calma - spiega lui -. Come se mi presentassi a una cena e porto venti piatti in tavola. Iniziamo dal primo. Mi sembrava giusto. E "Cosa ne pensi Sergio?" (il singolo uscito a inizio estate 2015 - ndr) è andato bene".

Cosa rappresenta per te questo lavoro?
Ottavo album. Importante perché l'ultimo era del 2011. Tornare dopo tanto tempo sapevo che era un rischio, degli artisti ci si dimentica facilmente. Tornato più carico che mai. Fare una riflessione rincorsa di due o tre anni non è come farla di un anno.

Come mai un silenzio discografico così lungo?
Avevo perso la voglia di scrivere canzoni, l'ultimo disco mi aveva portato diversi problemi. Le reazioni della critica e del pubblico mi avevano messo paura. Il titolo del disco simboleggia proprio il fatto di non voler avere paura.

Cosa era andato storto con quel lavoro?
Era qualcosa di diverso rispetto ai miei canoni. Il primo singolo era una canzone di amore e il disco era quasi interamente dedicato a mia moglie. La gente ha detto che mi ero rincoglionito.

Adesso sembra cambiato tutto a partire dalla copertina, con un bianco e nero inusuale.
Nella copertina volevo far venire fuori la mia faccia, volevo espormi. L'idea era quella di uno che torna con questa aria da sbruffone.

Nel 2008 cantavi "C'è crisi", ora invece "Me la godo". E' cambiato il contesto o sei cambiato tu?
In realtà sono due facce della stessa medaglia. Il significato vero di "C'è crisi" era: c'è un problema vero, cosa vuoi fare? Fa' niente! E adesso me la godo. Dopodiché non bisogna assolutizzare. Adesso scrivo che me la godo ma ogni tanto mi rompo anche i coglioni. Scrivo inconsciamente, eventuali pensieri li faccio a posteriori. Ho la necessità di dire le cose semplici e chiare.

Nell'album è inevitabile sentire richiami al Vasco Rossi degli anni 80...
Vasco è uno dei miei eroi. In alcuni dischi è saltato fuori in qualche volta più, in altre meno. Nella fase 82-89 lui e Guido Elmi hanno fatto il massimo per mettere i punti fermi nel rock italiano. E quindi resta un punto di riferimento. I ragazzi che ascoltano il Vasco di oggi dovrebbero ascoltare un po', le cose di quel periodo, rivoluzionarie. Ma la mia non è stata un'operazione nostalgica. Per me è un disco del 2016, non anni 80. Poi è chiaro che l'influenza c'è... 

Hai vissuto in India. Come mai?
Non sono fuggito dall'Italia ma tornando mi sono chiesto cosa ci fosse da lamentarsi. Credo ora di amare di più la mia terra e la mia gente.

Come vedi il Paese adesso?
Credo che il popolo dovrebbe essere più unito. In tante cose. Da nord e sud a indie-mainstream nella musica. Forse non siamo ancora una nazione. Ma negli italiani ho fiducia. Non nella politica, che non fa nulla per la gente.

Che rapporto hai con i social?
È bellissimo attaccare tutti via social. Il problema è che non sono umani. Scrivi una cosa ma non si vede la tua faccia, non si capisce "come" dici quella cosa. Quindi la cosa non mi piace. Io cerco di essere me stesso anche lì, di non aver paura. E qualche volta scappa qualche casino. Voglio essere amato e odiato per le cose brutte che ho, non amato per un'immagine finta.