Parla il co-fondatore del gruppo: "Abbiamo fatto la storia della discografia italiana ma oggi è un disastro"
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Due nuove date internazionali per i Matia Bazar che, tra ottobre e novembre, saranno protagonisti in Canada e in Russia. E così, tra il sogno di un buen retiro in Brasile e le fatiche dell'ultimo tour, Piero Cassano non si ferma mai, godendosi le soddisfazioni di un gruppo che ormai è un marchio di fabbrica. "Siamo come una squadra - dice a Tgcom24 -, il nome Matia è amato dalla gente indipendentemente da chi fa parte della formazione in quel momento".
Quella dei Matia Bazar è un'onda lunga che sembra non volersi arrestare. A dispetto dei cambi di formazione e degli anni che passano. Troppe le canzoni che hanno segnato varie epoche e che sono entrate nel cuore e nella testa della gente. Di questo canzoniere Cassano è stato un elemento importante, lui che, negli anni lontani dai Matia ha segnato in qualità di autore la carriera di Eros Ramazzotti e altri big della nostra musica. Un lavoro che continua a pieno regime con il gruppo sempre in tour. "La gente ci ama - dice Cassano -. Lo percepiamo ai concerti e dopo gli spettacoli, quando ci piace sempre fermarci a parlare con il pubblico".
Grandi soddisfazioni dall'attività dal vivo. Ma la situazione della musica in Italia com'è?
Se parliamo di panorama discografico, è un disastro. Noi abbiamo una storia tale che potremmo raccontare il passato, il presente e anche il futuro della discografia italiana. Una volta le vendite milionarie erano all'ordine del giorno, e i Matia sono un gruppo che ha passato spesso il milione di copie. Oggi quando se ne vendono 200mila è un risultato strabiliante.
Di chi sono le colpe?
Le colpe sono tante. A partire dalla pletora di incompetenti assunti nel corso degli anni senza alcun tipo di meritocrazia e talento. Poi ci sono anche le radio. Una volta erano al servizio della musica, oggi, fanno da direttore artistico che case discografiche che non esistono più. Se una radio non vuole o non può passare un certo brano, sei tagliato fuori.
Chi soffre più di questa situazione?
Sicuramente i giovani. Chi ha già una base consolidata come noi può fare anche buon viso a cattivo gioco, ma ci sono davvero tanti progetti belli, legati ai giovani che magari non riescono ad andare ai talent e rimangono ai margini. E di questi non ne sentiremo mai più parlare.
Una grossa parte del tuo lavoro riguarda l'aspetto autorale. Porti avanti tutt'ora questa attività in parallelo a quella con i Matia Bazar?
E' tutt'ora il mio lavoro principale. In questo ultimo anno, in collaborazione con Fabio Perversi e Adelio Cogliati, abbiamo scritto per Mina. Con lei c'è un filo diretto che passa da Massimiliano Pani, che ha collaborato nel nostro ultimo cd. Abbiamo avuto dei grandissimi riscontri anche per canzoni del passato che sono state rivalutate e usate a fini commerciali proprio in questi anni. Per esempio "Solo tu", in Francia. "Devi dirmi di sì", scritta per Mina, e tante canzoni di di Eros, che mi hanno regalato Paesi come il Brasile e la Germania.
Abbiamo parlato della discografia. Per gli autori com'è la situazione odierna?
Pessima! Faccio un esempio che è illuminante. Io e Adelio Cogliati, che abbiamo scritto tantissimo per Ramazzotti, apparteniamo a un piccolo gruppo di autori che, quando la Siae invia i suoi foglioni, va a controllare. Abbiamo scoperto che una nostra canzone, "La luce buona delle stelle", cantanta da Eros con Patsy Kensit, ha avuto ultimamente 826mila download. Sai quanti diritti ci sono stati riconosciuti per questo? A me 48 euro e 24 a Cogliati. Stiamo rasentando la comicità.
Per il futuro cosa sogni?
Una vita diversa. I genovesi sono pignoli, precisi, mugugnoni e io mi sono anche trasferito in una Milano dove il business è al primo posto. Il risultato è che ho vissuto con una mentalità che arrivato alla mia età vorrei lasciare. Non ti nascondo che il mio pensiero è quello di un buen retiro. Mio figlio si è trasferito da anni in una Repubblica Dominicana ed è tutta un'altra vita. Il mio sogno è il Brasile, per affrontare certe problematiche con leggerezza a differenza degli europei che si prendono molto sul serio.