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"Il Sindaco del Rione Sanità", Mario Martone aggiorna Eduardo De Filippo

Al cinema solo il 30 settembre, 1 e 2 ottobre dopo il passaggio a Venezia 76

In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia Mario Martone ha portato "Il Sindaco del Rione Sanità", ricavato da una sua recente rilettura teatrale del capolavoro di Eduardo De Filippo del 1960.

Martone mette il testo del grande autore napoletano alla prova della contemporaneità (con la realtà gomorriana che i ragazzi vivono nel quotidiano), incentrando l'opera sull'eterna lotta tra Bene e Male. Il film esce in sala come evento speciale, solo dal 30 settembre al 2 ottobre. Tgcom24 vi offre una clip esclusiva.

Nel 2017 Martone ha scelto di curare la regia di un progetto del gruppo di giovani attori indipendenti del NEST di San Giovanni a Teduccio, che agiscono sul territorio cercando di togliere i ragazzi dalla strada. Dopo il tour teatrale, è arivata l'idea della trasposizione sul grande schermo, che si trasforma in un'attualizzazione della pièce, in cui Martone ha il grande pregio di allargare la platea e donare respiro (e spazi, aggiungendo ambienti rispetto al salotto di eduardiana memoria).

Il Sindaco del titolo è Antonio Barracano, “uomo d'onore” che sa distinguere tra “gente per bene e gente carogna”, e che con la sua carismatica influenza amministra la giustizia secondo suoi personali criteri, al di fuori dello Stato e al di sopra delle parti. Il suo motto vuole che chi “tiene santi” vada in Paradiso e chi non ne tiene vada da lui. Quando gli si presenta Rafiluccio Santaniello, il figlio del fornaio, deciso a uccidere il padre, la faccenda risulta più delicata: Don Antonio, riconosce nel giovane lo stesso sentimento di vendetta che da ragazzo lo aveva ossessionato e poi cambiato per sempre. Così il Sindaco decide di intervenire in prima persona per salvare entrambi.

In un film che non è teatro filmato, ma reinventato, riincanalato, riportato a un pubblico odierno che non ha nulla di nostalgico, ma che vive di un dialogo tra passato e presente, Martone supera anche il trabocchetto della contemporaneità cinematografica figlia di "Gomorra", puntando sulla parola rispetto all'azione. Rende così la stessa parola immagine facendola scorrere nel corpo dei suoi attori (capitananti da Francesco Di Leva), lasciando da parte sparatorie e movimenti gigioni di macchina da presa.

Lo stesso Martone ha spiegato il risultato finale: "Abbiamo fatto una cosa tra Cassavetes e Mario Merola". Caratteristica centrale di questa trsposizione è uno switch semplice e decisivo: far interpretare Barracano a un attore giovane (l'età è praticamente dimezzata dall'opera di Eduardo) così da "richiamare i boss di oggi". E se Eduardo nei panni del Sindaco era un esempio di pacata saggezza popolare (in vestaglia), Di Leva ha il carisma di un rapper (in tuta e cappuccio).