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Pensione integrativa,i passi giusti

10 Nov 2010 - 15:36

Il Paese invecchia e le pensioni scendono: il trend ormai è inesorabile. E così, il trattamento di anzianità riservato a tutti noi dalle casse pubbliche non è più sufficiente, come in passato, per mantenere il nostro abituale tenore di vita. Tutta "colpa" della vita che si allunga, e che richiede flussi sempre maggiori di denaro per versare le pensioni agli aventi diritto. In pratica, al termine del nostro ciclo lavorativo potremo contare su una pensione pubblica molto più leggera rispetto ai nostri guadagni in età lavorativa.

Molto meglio pensarci adesso. Costruendo oggi, quando ancora ne abbiamo le possibilità, una differente fonte di reddito che ci aiuti ad affrontare la vecchiaia con maggiore tranquillità.

Se fino a qualche anno fa un lavoratore che andava in pensione poteva contare su un trattamento di anzianità molto vicino al suo reddito del periodo "attivo", con il passare del tempo la differenza tra lo stipendio percepito e l'assegno pensionistico versato dalle casse pubbliche si è accresciuto sempre di più. A tutto svantaggio della pensione, scesa intorno a livelli pari ai due terzi circa del reddito precedente per i dipendenti, ma ancora di più per autonomi e collaboratori, e comunque per chi ha un contratto diverso da quello di lavoro subordinato.

Ma la legge ci viene in aiuto. Dal primo gennaio 2007 infatti tutti i lavoratori hanno la possibilità di costruirsi una pensione integrativa personale, con versamenti che assicurano loro interessanti vantaggi fiscali. Chi vuole può anche utilizzare il suo Trattamento di fine rapporto per accumulare negli anni il suo "monte pensione" da cui attingere nel momento del bisogno, e cioè quando le sue entrate saranno pesantemente ridotte. Con un vantaggio anche sulle tasse: ogni anno si possono dedurre dal reddito imponibile fino a 5.164,57 euro, se questi soldi vengono accumulati in una pensione integrativa. Ecco perchè, proprio per sfruttare gli incentivi fiscali a disposizione, conviene oggi accumulare una pensione personale chiedendo all'azienda per cui si lavora di utilizzare i soldi destinati al Tfr per arricchire la pensione integrativa.

Qualche numero per chiarire
Un lavoratore dipendente di 35 anni, con un reddito imponibile di 25mila euro e con cinque anni di contribuzione, può contare, a 65 anni, su una pensione pubblica che raggiungerà a malapena il 70% di quanto guadagna oggi. Per aderire a un piano individuale pensionisitco (Pip) senza costi di sottoscrizione e gestione, e con bassi costi di caricamento, basteranno 200 euro al mese, più il Tfr. E questo "investimento" gli permetterà di aumentare, e di molto, la sua pensione finale. A fine carriera lavorativa potrà contare su entrate pari all'88% dell'attuale reddito.

L'importante è trovare un piano pensione con un basso Isc (indicatore sintetico dei costi). Il lavoratore versa un premio prestabilito, in genere a scadenza mensile, e proprio grazie agli incentivi fiscali in vigore riesce a recuperare buona parte dei versamenti stessi (circa il 40%) deducendoli dalla dichiarazione dei redditi. Un buon piano pensionistico assicura così un'ottima pensione integrativa, che permette di avvicinarsi al reddito lavorativo. E questo in cambio di un versamento effettivo relativamente basso: 150 euro al mese in tutto.

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