Charity Report

Il dispacciatore è tornato al lavoro

L'avventura di Anna e Fabio attorno al mondo

18 Set 2018 - 15:03
 © in-concessione

© in-concessione

Capitolo 1

Prima che vi immergiate nella lettura, sento il dovere di scusarmi per il ritardo con cui inziamo a pubblicare il diario di  questo viaggio. 
Motivazioni? Giustificazioni?
Molte, ma una vale per tutte: in due mesi esatti abbiamo percorso 15000 km e gran parte del nostro percorso si è svolto su strade sulle quali tenere una media di 50km all'ora era un sogno.
15000 km a 50 all'ora richiedono 300 ore. Metteteci qualche sosta, qualche ora di  manutezione, 300 ore di sonno, 5 giorni dedicati alla visita al primo progetto di cooperazione del nostro viaggio, una fila di problemi da risolvere (di cui trovetete ampia traccia  nel racconto) e vedrete che avanza pochissimo tempo. E noi vecchi abbiamo bisogno di riposare un po' più degli altri. 
 

Fabio Stojan

Siamo riusciti a partire con un paio di giorni d'anticipo rispetto al Dday previsto. Cosa che, considerando lo stato dei nostri nervi in quel momento, è da considerarsi un notevole successo.  
Per risparmiare un po'di km, abbiamo preso il primo traghetto disponibile da Ancona per Igoumenitsa. Prendere la cabina ci è parso troppo costoso. Prendere il classico posto ponte, troppo scomodo. Perciò abbiamo preso 2 ”poltrone business”. Dopo aver passato un pomeriggio sulle poltrone, abbiamo concluso che era meglio dormire sulla moquette. Dopo lo sbarco abbiamo fatto un tappone di 600 km, pernottando a pochi km dalla frontiera turca.

La mattina successiva abbiamo puntato direttamente su Istanbul. Il GPS ha fatto il suo lavoro e prima di pranzo eravamo sistemati al terzo piano senza ascensore di una bella pensioncina a Kucuk Ayasofja. Per me Istanbul è una specie di rimpatriata. Siamo andati in giro senza una meta precisa, Galata, poi un giretto al bazar ma siamo capitati in città in Bayram, perciò il bazar era chiuso. Il giorno dopo abbiamo messo in programma una visita al Museo dell'Innocenza, fondato da Orham Pamuk. Qui abbiamo avuto un'altra e più cocente delusione: il museo è chiuso ad è stata abbattuta la palazzina che lo ospitava probabilmente come ulteriore sfregio verso lo scittore che è un noto oppositore del governo di Erdogan. La mattina successiva siamo partiti per Ankara. Poche ore di sosta e poi via per Sivas, Erzurum e Dogubayazit, Strade ottime, temperatura gradevole, costo della benzina ragionevole. Anche a Dogubayazit ci siamo concessi un giorno di sosta. Siamo vecchi e ci stanchiamo facilmente: anni addietro attraversavamo tutta la Turchia un due giorni e mezzo. Ma, tutto sommato, ora è meglio. Il giorno a Dogubayazit l'abbiamo impiegato a fare un po' di lavoro, approfittando dell'ultimo wi-fi funzionante, e per fare qualche doverosa fotografia a Itshak Pasha Saray: sempre più restaurato e sempre più falso. Approposito: la situazione in Kurdistan sembra che stia tornando ad essere piuttosto calda. Lo si nota principalmente dal nervosismo della polizia.

Dopo una settimana di viaggio eccoci in Iran. Una nazione con le sue particolarità e il suo fascino. Fra le varie difficoltà che potrete incontrare, ci sta il fatto che Facebook è bloccato, che molte delle query che vi può venire in mente di fare su Google, saranno anch'esse bloccate dall'apparizione di una strana pagina (in farsi) che sembra il collage di 8 post-it (ogni rettangolino ha un colorino pastello tipico degli adesivi). In questi post-it, suppongo, ci sono i motivi per cui non potete accedere alla pagina richiesta. Negli alberghi il wifi è lento e discontinuo o le sessioni sono a tempo limitato. In un paio di casi è capitato che la password fosse segreta, perciò se perdete per chissà quale motivo il collegamento, dovete tornare alla reception e farvi ricollegare, cosa che l'impiegato fa con la stessa riservatezza con cui digiterebbe il pin del suo bancomat di fronte alla Banda Bassotti.

Oggi, giorno in cui comincio a scrivere questo dispaccio, ci troviamo in Iran. Alla frontiera con il Pakistan mancano solo 600 km e, siccome i primi giorni “di là”, minacciano di essere piuttosto duri, stiamo centellinando il piacere di essere ancora “di qua”. 
Da questa parte si viaggia senza scorta e si fa, più o meno, tutto quello che si vuole. Per chi fosse interessato, posso raccontare qualche particolare interessante. La moneta corrente è il Rial. Per fare un Euro ci vogliono dai 44000 (quarantaquattromila) ai 47000 Rial. Perciò quando pagate 100000 Rial state affrontando una spesa che si aggira, secondo quanto siete bravi a cambiare, fra i 2 e i 2,3 Euro. Se vi fate spennare in un locale per turisti, una cena vi può costare anche anche 300000 Rial. Una cifra enorme, che corrisponde a 6,38 €. La benzina costa 10000 Rial a litro, cioè qualcosa come venti centesimi. Rarissima da trovare, c'è anche la benzina verde (che qui si chiama Super) che costa 12000 Rial. Circa 25 centesimi. Fino a oggi abbiamo percorso in Iran quasi 2500km. Se non calcolo male, dovrei aver consumato circa 4 litri ogni 100 km. Perciò circa 100 litri, che ci sono costati la bellezza di 25 €. 

Non ostante queste caratteristiche l'Iran è il più europeo dei paesi dell'Asia. Chi vi dice il contrario o non ne sa nulla oppure sta mentendo. Il contatto con la gente è incredibile. Nei primi giorni di viaggio siamo stati tempestati di saluti, di “wellcome in Iran” gridati dai finestrini di tutte le auto che ci superavano. In migliaia ci hanno affiancati per farci fotografie e riprese con il telefono. Le soste sono anche più imbarazzanti. In pochi minuti abbiamo raccolto due chili di frutta freschissima, alcune fette di anguria tagliata apposta per noi, un rilevante numero di selfies e numerosi indirizzi di cui prendere nota “semmai ne avessimo bisogno”. Su questo punto poi c'è una specie di tradizione. Qualcuno ti avvicina con una scusa qualunque. Comincia a farti delle domande e  raccontarti un sacco di cose sulla scuola, il lavoro, la politica, Alla fine, quando si arriva ai saluti, ti lascia sempre un riferimento “nel caso in cui ti servisse qualcosa...”. Abbiamo raccolto diversi inviti a pranzo, di solito presentati verso le otto del mattino. Rifiutati solo perchè ci avrebbero fatto perdere l'intera giornata. 

La cosa che mette più in imbarazzo i luoghi comuni nostrani è la posizione delle donne. Con questo non voglio dire che se la passino proprio bene: le regole sull'abbigliamento sono quantomeno scomode. Ma tutt'altra è la loro posizione sociale. Le donne Iraniane stanno almeno una spanna sopra gli uomini. Sono vivaci, intraprendenti e, non ultimo dei loro pregi, molto affascinanti. Sono la dimostrazione di come una donna possa ridurre un uomo ad una mozzarella senza far vedere neppure un centimentro di pelle. 

Detto questo, torniamo al viaggio. Abbiamo seguito un itinerario classico e veloce. Dalla frontiera con la Turchia abbiamo raggiunto Tabriz e ci siamo sitemati in un alberghetto non male piazzato proprio dietro al più noto, più economico e più scassato Morvarid Hotel. Vi segnalo che in Iran (fonti ufficiali) ci sono solo 900 alberghi accreditati. Probabilmente quanti ce ne sono a Milano. Perciò trovare una stanza non è proprio una questione banale. Aggiungete che in molti alberghi, lo straniero che si muove in moto e arriva stracco e puzzolente, non è considerato un granché (considerate sempre una cosa quando vi rapportate con un Iraniano: il rapporto è umano o commerciale? Se è commerciale, sarà gentilissimo, ma spietato). Insomma: se volete evitare di peregrinare fra tutti gli alberghi della città cercando disperatamente una stanza, per poi finire alla Royal suite dell'Esteglal a 250$ a notte, è meglio prenotare qualche giorno prima. Qui nasce un altro problema: i più noti siti che si occupano di queste faccende (Booking.com, per dirne solo uno) non sono attivi in Iran. Perciò dovrete trovare dei siti locali che accettino le prenotazioni con carta di credito, visto che in Iran i circuiti internazionali non sono attivi. Ve ne indico solo uno: APOCHI. Funziona abbastanza bene anche se il modulo da riempire è piuttosto complesso e rischiate di prenotare la stanza sbagliata. L'altro problema è che questi siti locali applicano un ricarico sul prezzo ufficiale che è già salato. La soluzione più economica è quella di trovare qualcuno (un conoscente occasionale, il receptionist dell'albergo in cui siete...) che vi faccia la gentilezza di prenotare gli alberghi successivi, scegliendoli fra quelli potabili. In questi modo potrete dormire bene spendendo circa 30€ a notte, colazione inclusa. Un altro riferimento utile può essere la catena ITTIC. Sono alberghi statali, belli, costano piuttosto poco (soprattutto se chi vi fa la gentilezza di prenotare, da buon iraniano, tratta il prezzo) e hanno una presenza abbastanza capillare. 

Torniamo al percorso. Da Tabriz a Tehran: 700 km noiosissimi ma molto meno stressanti di una volta: ora c'è una rete di distributori di benzina piuttosto capillare e la strada è ottima. Unica distrazione, nell'area di Zanjan, è la bellissima cupola della Soltaniyeh. La si vede dall'autostrada, sul lato destro, dopo pochi km. Ci sono delle facili indicazioni per raggiungerla e potrete fare una sosta con un risvolto culturale. Nel nostro caso l'ingresso a Tehran è stato funestato da un ingorgo galattico iniziato circa 100 km prima della città e proseguito, senza rilevanti interruzioni, fino alla porta dell'albergo.  Da non perdere a Tehran: il bazar, il museo del tappeto, palazzo Golestan, il museo dei gioielli, il museo nazionale. Avendo già visto quasi tutto, siamo andati a visitare l'unica cosa che non avevamo visto: la sezione islamica del museo nazionale. Attenzione: l'aria condizionata all'interno è tenuta a temperature polari. Inevitabile, doveroso e divertente un bel giro al bazar, raggiungibile a piedi dal museo. Giusto per rappresentare come sia bello scoprire le città, ma anche riscoprirle, abbiamo trovato Tehran più pulita e con un traffico meno demente. Puoi attraversare la strada (con la necessaria circospezione) con la ragionevole certezza di arrivare dall'altra parte ancora vivo. Qualche anno fa non era così. Nella zona del bazar sono state create alcune oasi pedonali e ci sono dei comodi veicoli elettrici che vi portano su e giù. Per i percorsi più lunghi, è senz'altro preferibile il taxi. Con qualche frazione di dollaro potete provare l'ebbrezza di viaggiare nel traffico con un autista che guida come se fosse ubriaco e risparmiarvi faticate notevoli in un inquinamento senza eguali. La tappa successiva è stata Esfahan.

Se partite la mattina presto (diciamo verso le 7) troverete Tehran ancora semi vuota: qui si comincia a lavorare verso le 10. Perciò sarete già in autostrada prima che cominci il casino. La distanza fra Tehran e Esfahan è circa di 300 km, perciò siamo arrivati in tempo per il pranzo. Qui è successo uno dei vari problemi con Apochi: avevamo prenotato nello storico ed economico Hotel Jolfa, (nel quartiere armeno) giusto dall'altra parte del ponte Ferdowsi. Dopo aver confermato, ci hanno inviato una mail in cui dichiaravano che sfortunatamente il Jolfa era “fully booked” e che ci avevano spostati al Tourist. Più caro e cacciato in fondo ad una via chiusa per lavori. Il problema è che un iraniano non si ferma al cartello che indica “strada senza uscita” ma prosegue fino in fondo per vedere se è vero che sia “davvero”senza uscita. Arrivato in fondo constata che il segnale aveva ragione e allora fa 32 manovre per invertire la marcia (la strada in questione era a senso unico e anche piuttosto stretta) e cerca di tornare indietro zigzagando fra tutti gli altri che stanno cercando di fare quello che ha appena fatto lui. Perciò, quando siamo arrivati noi era in corso l'inferno. Alla fine, vista l'impossibilità di arrivare a destinazione con le valigie, che allargano parecchio la sagoma della moto, abbiamo dovuto scaricarle e e portarle a mano. Solo così ho potuto arrivare alla meta. Qui si è creato un altro problema: anche questo albergo era senza parcheggio. Anche in questo caso la risposta è stata: parcheggia la moto qui davanti. Ho accettato il consiglio. Dopo mezz'ora la reception mi ha chiamato, visto l'assembramento che si era creato, proponendomi di andare a parcheggiare due vie più in là, in un parcheggio sotterraneo, che mi avrebbero offerto a loro spese. 

Poi abbiamo deciso di cercare qualcosa da mangiare: un po' di frutta e uno yogurt. E qui comincia il solito scontro con la logica commerciale iraniana. Faccio un esempio. Avete bisogno di un rubinetto. La prima cosa che dovete sapere è in quale area della città si vendono i rubinetti. E' inutile che andiate in giro cercando di incontrare “per caso” un negozio che li venda. Sono tutti nello stesso posto. Trovata la zona in cui li vendono, avrete una scelta infinita. Se non siete nella zona giusta non ne troverete nessuno. Questo vale per tutto. Avete bisogno di frutta? Fatevi portare al bazar. Se non siete al bazar non ne troverete nessuno o quasi. La nostra ricerca è durata almeno 2 ore e si è conclusa trovandone solo uno che chissà perché stava nella zona “sbagliata”. Anche gli alimentari confezionati sono quasi del tutto assenti. Al massimo troverete qualche bibita, patatine fritte o frutta secca.  Comunque, nelle 2 ore di passeggiata siamo riusciti a mettere insieme una cena dietetica: qualche frutto e un kg di yogurt.

Il giorno successivo siamo usciti presto e ci siamo diretti prima verso la moschea grande (quella del venerdì) che si raggiunge con una lunga camminata nel bazar ancora chiuso. L'abbiamo visitata, scattato un milione di fotografie, siamo ritornati riattraversando il bazar lungo un altro precorso, abbiamo preso un cappuccino (qui è diventato di gran moda) e siamo di nuovo sbucati nella piazza. La conosciamo molto bene ma ci pareva imperdonabile non visitare la moschea Lutfullah e la moschea dello Shah. Il biglietto d'ingresso è piuttosto caro ed eravamo piuttosto a corto di contanti perciò abbiamo deciso di visitarne una a testa. Anna, che è più fortunata, è entrata a Lutfullah che è, probabilmente la più bella moschea mai costruita: piccola, raccolta e elegantissima. Io fuori facevo capannello con i bazar, con cui ho discusso di tutto. Poi è toccato a me entrare nella moschea dello Shah: la moschea blu. E' certamente bellissima ma fra i restauri e la costruzione di una specie di padiglione di tubi e teloni proprio nel cortile principale, non sono riuscito a fotografare quasi nulla. Abbiamo notato che in quasi ogni moschea c'è un angolo in cui un mullah si presta a “fare quattro chiacchere sull'islam”. L'iniziativa ha un tale successo che bisogna fare la fila per avere il proprio turno. Fra l'altro, sono stati scelti dei mullah poliglotti, per cui le discussioni si svolgono in tutte le lingue più note. Una bella idea. Pomeriggio di lavoro e manutenzione alla moto. Domani ci aspetta un trasferimento fino a Yazd. 

Viaggio senza particolari interessanti. Strada buona, temperatura decente, arrivati nel primo pomeriggio. Yazd è una città carovaniera costituita da basse case di fango. Molto povere all'esterno e molto sofisticate all'interno. Pomeriggio in giro per la città: caldissimo. Serata tranquilla. Mattina successiva con il previsto intoppo: colazione alle 7 e tentativo di recupero della moto. Il cancello del parcheggio è chiuso e il ristorante, a cui appartiene il parcheggio, anche. Dopo qualche minuto di incazzatura, uno dei ragazzi dell'albergo si presta a scavalcare l'altissimo cancello ed aprirlo dall'interno. Rientro in possesso della moto: prossima destinazione Kerman. 

Siamo un po' in anticipo sulla tabella di marcia perciò decidiamo di prenderci un giorno di sosta anche a Kerman. Del resto sappiamo che il passaggio in Pakistan (solo a 350 km), almeno nei primi giorni sarà piuttosto faticoso: meglio arrivare in buona salute. Per questo Kerman è un'ottima scelta. Meglio ancora, se decidete di fermarvi all'hotel Akhavan, E' una specie di istituzione: chiunque passi di qua lo trovate in questo albergo. I fratelli che lo gestiscono vi organizzano qualunque cosa e vi risolvono qualsiasi problema. Appena arrivato  mi presento come un viaggiatore che “è già stato qui vent'anni fa”: prima del terremoto. Facciamo una rimpatriatona generale. Chiamano uno dei dipendenti che lavora qui da allora e cerchiamo di ricostruire il nostro unico e ultimo incontro. The e biscottini. 

Serata nel ristorante sotterraneo: cucina semplice e, se ci rimanete più di due giorni, molto ripetitiva. L'unico problema dell'Akhavan è che è molto lontano dalle “cose da vedere”. Perciò, anche se vent'anni fa, avevamo raggiunto le mete interessanti rigorosamente a piedi, questa volta prendiamo il taxi. Un euro per andare e uno per tornare. Kerman ha uno dei pochi bazar rimasti allo stato originale. Abbastanza grande, bello da vedere e contiguo a un caravanserraglio ben restaurato. Più avanti c'è anche una moschea Sufi. Ci passiamo gran parte della giornata.

Il deserto fra Kerman è Zahedan è bellissimo. Ci sono montagne, dune, tratti pianeggianti e un sacco di piccole piste che si allontanano su entrabi i lati. Perciò andiamo a destra e va sinistra per cercare qualche bella inquadratura. Arriviamo a Bam nel primo pomeriggio. Siamo sistemati in un albergo ITTIC, la catena statale di cui ho parlato prima e su cui faccio un paio di precisazioni: essendo statale, non accetta valuta straniera e nessuna carta di credito e nessuno parla una qualsiasi lingua. Per fortuna che gli ospiti sono gentilissimi. Un tizio ci accompagna per tutta la città fino alla più nota guest house di Bam (aperta da almeno trent'anni, durante i quali non è mai stata fatta pulizia) il cui proprietario dopo una serie infinita di the e di consultazione del libri degli ospiti (in cui compaiono un sacco di nostre conoscenze ma mai il mio nome) ci cambia una cinquantina di dollari per le ultime necessità. Visto che siamo in giro andiamo direttamente alla fortezza di Bam. Che terribile delusione! Probabilmente siamo stati fra gli ultimi a vederla in condizioni originali. Ora sembra un castello di sabbia su cui si sia abbattuta un'onda. E' iniziata l'operazione di restauro ma, più che di un restauro, si tratta di una completa costruzione. Il risultato è una specie di set cinematografico. Troppo simmetrico, troppo nuovo, troppo falso. Peccato. Torniamo tristemente in albergo. 
Serata divertentissima. Qualcuno ha organizzato una festa per celebrare il suo ritorno dal pellegrinaggio alla Mecca. C'è un sacco di gente e finiamo a chiacchierare sotto il pergolato circondati da decine di bambini.

Partenza per Zahedan.
Nemmeno 300 km. Al primo distributore troviamo, per la prima volta da quando siamo in Iran, la benzina super (cioè la verde). Ci sediamo a prendere un po' di fresco e una famiglia ci fa raffiche di fotografie, selfie e alla fine ci regalano biscotti e una scatolona di datteri di Bam. Li mettiamo da parte. Nei prossimi giorni saranno utili. La prima parte del percorso è in un deserto piattissimo a perdita d'occhio, cosparso di enormi pietre che sembrano cadute dal cielo. Poi ci accostiamo a delle montagne e infine attraversiamo un passo. Quando scendiamo dal lato opposto siamo quasi arrivati. Entriamo a Zahedan in piena ora di punta. Sembra già di essere in Pakistan. Fa caldissimo e si procede senza nessun ordine in un ingorgo senza soluzione di continuità. In questa maniera attraversiamo tutta la città. fino ad arrivare al nostro ultimo albergo ITTIC. La stanza non è ancora pronta. Va bene: vado a fare benzina. In Pakistan costa mezzo euro, ma qui costa 20 centesimi. La receptionist mi ferma (strano: questa parla inglese): lei non può andare a fare benzina senza la scorta della polizia. La guardo per capire se sta scherzando. No: non sta scherzando, Per essere precisa mi comunica che non solo non posso andare a fare benzina ma non posso nemmeno uscire dall'albergo se non sono accompagnato da una scorta che va richiesta con anticipo.
Mi può far avere la scorta almeno per andare a fare benzina. Certo!
Non ci credo finche non la vedo: una macchina della polizia davanti e una moto con due soldati in mimetica. Ciascuno con il suo bravo AK47.

Partiamo facendo tutte le infrazioni al traffico che possiamo: inversioni, tratti contromano, eccetera. Dopo 3900 metri siamo al distributore. I miei accompagnatori bloccano la coda e mi fanno fare il pieno tenendo lontano tutti, compresi i bambini. Decido di riempire anche la tanichette di scorta così arrivo fino a Quetta (forse). La cosa è un po' più laboriosa del normale e attira l'attenzione di un bel po' di gente. I poliziotti si innervosiscono. Partiamo appena ho pagato senza darmi neppure il tempo di mettere il casco. Altri 3900 metri in cui completiamo il repertorio delle infrazioni possibili. Parcheggio all'ombra. Mi ritirano i passaporti. Domattina, per andare via, dovremo attendere che ci vengano a prendere.

Meglio andare a pranzo. In hotel, naturalmente. 


Fabio Stojan 

Stojan Around the World - capitolo 1: Turchia - Iran

1 di 36
© in-concessione © in-concessione © in-concessione © in-concessione

© in-concessione

© in-concessione

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri