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Cringe, boomer, trigger e shippare: il vocabolario della GenZ è ormai una nuova lingua

In occasione della #GiornataProGrammatica 2022, il portale Skuola.net “racconta” come parlano e si esprimono i ragazzi di oggi

Cringe, boomer, trigger e shippare: il vocabolario della GenZ è ormai una nuova lingua - foto 1
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“Cringe”, “boomer”, “snitchare”, “crush”, “shippare”, “trigger”: probabilmente questi termini a molti adulti diranno ben poco.

Oppure, se hanno contatti con adolescenti o giovanissimi, li avranno sentiti dire di sfuggita, senza comprenderne il significato. Eppure si tratta di parole, insieme a molti altri neologismi, da tenere bene a mente se si vuole “tradurre” una generazione intera. Perché, ormai, sono in pianta stabile nel linguaggio di milioni di ragazze e ragazzi: sono i pilastri del vocabolario della GenZ. Ben 6 “zedders” su 10, infatti, dicono di usarli quotidianamente: oltre un terzo (36%) lo fa molto spesso, circa un quarto (23%) addirittura sempre. E’ quanto mostra una ricerca condotta da Skuola.net - interpellando 2.500 giovani tra gli 11 e i 25 anni - in occasione della X #GiornataProGrammatica 2022, l’evento per la promozione della lingua italiana ideato da “Radio3 – La Lingua Batte” in collaborazione con i Ministeri dell'Istruzione MI, degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale MAECI, l'Accademia della Crusca, la CRI - Comunità Radiotelevisiva Italofona, di cui il portale degli studenti è partner.

 

Le "nuove parole" entrano nella quotidianità, anche se di fronte c'è un adulto

 

Ma c’è di più. La Generazione Z si identifica nel proprio gergo a tal punto che, tra chi è avvezzo a mixare italiano e slang, circa 2 su 3 ammettono di usare le “nuove parole” non solo quando si trovano con i propri coetanei ma anche nelle situazioni più formali, ad esempio a scuola con i docenti, o al cospetto dei genitori: al 47% scappano di bocca ogni tanto, quasi 1 su 5 le inserisce di continuo nel discorso. E, spessissimo, i nuovi termini si fondono persino con i dialetti regionali: per il 41% i due piani si incontrano di frequente, per il 12% hanno ormai creato una lingua a parte. In fondo è comprensibile, visto che 3 intervistati su 4 sostengono di adottare un linguaggio creativo senza nemmeno accorgersene. Solo una minoranza lo usa in modo mirato: il 13% per sentirsi “parte del gruppo”, il 7% per non farsi capire dai grandi, il 5% per farsi notare.

 

Per i ragazzi alcuni termini meritano di entrare nei dizionari 

 

Tanto vale, allora, sdoganarle definitivamente queste parole. Non a caso, ben 7 ragazzi su 10 le metterebbero tranquillamente all’interno dei dizionari ufficiali: oltre 1 su 10 le ritiene degne più o meno tutte, i restanti (56%) ne selezionerebbe solo alcune. Rispedendo, parallelamente, al mittente le accuse di utilizzare troppi termini stranieri al posto di sinonimi italiani: il 42% si difende dicendo che la “inglesizzazione” del linguaggio rende il suo modo di parlare più universale, per il 31% ormai è superato il tempo delle distinzioni, solamente il 27% crede sia meglio trovare una variante madrelingua.

 

Ci si aggiorna soprattutto grazie ad amici e coetanei

 

Ma quali sono le fonti da cui gli “zedders” attingono di più per apprendere i nuovi registri comunicativi? La dimensione analogica batte quella digitale. Al primo posto, infatti, si piazzano nettamente amici o coetanei (55%); seguono, ma molto distanziati, i social network (20%); ancora minor impatto ha il modo di esprimersi dei personaggi famosi che seguono, come influencer, youtuber, streamer, creator, vip in generale (16%). A proposito di social, non vi è alcun dubbio che è soprattutto uno quello eventualmente in grado di modificare il modo di parlare della GenZ: TikTok, indicato da 2 su 3. Qualche chance, però, ce l’hanno anche Instagram e Youtube, votati rispettivamente dal 16% e dal 10% degli intervistati.

 

Le coordinate base per "tradurre" la GenZ

 

A questo punto, però, per chiudere il cerchio è necessario tornare, a mo’ di esempio, sulle parole citate all’inizio, per dare a tutti almeno un’infarinatura per decifrarle la prossima volta che le sentiranno pronunciare o le leggeranno su qualche social. “Cringe”, ad esempio, oltre ad essere il termine che la GenZ elegge a espressione di riferimento è anche il modo con cui i più giovani bollano i comportamenti considerati “imbarazzanti”, specie se i protagonisti sono adulti che tentano di avvicinarsi al loro mondo. C’è poco da sorridere anche quando qualcuno viene definito “Boomer”: praticamente gli è appena stato notificato che ha fatto o detto qualcosa da appartenente alla generazione dei “baby boomer”, ovvero “da vecchio”. Ancora più imperdonabile sarebbe “Snitchare” (dall’inglese “to snitch, fare la spia”) che i ragazzi usano quando accusano qualcuno di aver “spifferato” all’autorità (in questo caso un professore, un genitore, ecc.) cose che dovevano restare segrete.

 

Molto più complesso arrivare al significato di “Shippare”: si tratta di una abbreviazione e derivazione della parola inglese “relationship”, interpretata però nel senso di “vedere bene assieme due persone”, “immaginare che possano avere una relazione”, “attribuire un partner”. Dal tenore simile è Il termine “Crush”: sebbene la sua traduzione fedele sia “schiacciare, stritolare, frantumare”, ha una connotazione molto più romantica, definendo chi ha la famosa “cotta” adolescenziale. “Trigger”, invece, segnala un qualcosa (un gesto o un’affermazione) in grado di “infastidire”, “disturbare”. E poi ci sono “Slay” (mutuato dallo slang d’oltreoceano, che letteralmente significa “uccidere” ma che per la GenZ è un complimento e vuol dire “Bravo, hai fatto un buon lavoro!”), “Bro” (diminutivo di “brother, fratello”, usato per dire “amico stretto”), “Amo” (contrazione di “amore”, utilizzato però soprattutto dalle ragazze con le migliori amiche). Giusto per limitarci alle basi della conversazione.

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