Il capogruppo del Pd in commissione cultura spiega in cosa consiste il ddl ex Aprea
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Dopo aver ascoltato la voce dell’On. Aprea, anche l’On. Maria Coscia, Capogruppo del Pd in commissione Cultura, ha parlato a Skuola.net per spiegare agli studenti in cosa consiste il ddl 953 (ex Aprea); tanto contestato dai ragazzi e dal mondo della scuola in generale.
On. Coscia, il ddl 953 detta le nuove norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche statali. In pratica, ci può spiegare brevemente di cosa si tratta?
Il ddl è una proposta che nasce da vari progetti di legge per mantenere un’idea di scuola democratica, aperta e capace di far dialogare tutte le componenti che ci sono al suo interno, dal dirigente scolastico, agli studenti, ai docenti, fino ai genitori. Proprio per garantire la partecipazione di tutti questi soggetti alla vita scolastica, sono previsti diversi organi con l’ulteriore funzione di garantire un equilibrio fondamentale perché si affermi un’idea di scuola pubblica, aperta e capace di dialogare con il territorio. Un aspetto molto importante è quello che ogni scuola può darsi uno statuto fortemente vincolato da quelli che sono i limiti e le condizioni poste dalla legge di cui stiamo parlando, ma anche in generale, dalla legislazione generale sull’istruzione. Quindi gli organi devono essere quelli previsti dalla legge, cioè il Consiglio dell’autonomia, il Consiglio dei docenti e il dirigente scolastico. Il primo ha la funzione di deliberare e di dare indirizzi, il secondo ha il compito della programmazione didattica e il terzo ha la funzione gestionale. Ci sono anche importanti novità che riguardano il nucleo di autovalutazione dove c’è la presenza di tutte le componenti della scuola, quindi di insegnanti, ma anche di studenti e genitori e anche di una presenza qualificata di esperti indicati dal sistema scolastico in generale. C’è la rendicontazione annuale, proprio per sottolineare il fatto che la scuola è una struttura ed un riferimento fondamentale per i territori che dà la possibilità di migliorare l’offerta formativa in base alle esigenze che sono in primo luogo dei ragazzi. A mio avviso ci sono ancora dei problemi da approfondire e mi auguro che il Senato lo possa fare per avere più garanzie di quanto non si possa leggere nel testo approvato alla Camera .
Da quale necessità nasce questo disegno di legge?
Nasce dalla necessità di operare un cambiamento, un aggiornamento della normativa sugli organi collegiali, perché parliamo di una normativa che si riferiva agli anni ’70 e nel frattempo erano intervenute altre leggi come la Legge Bassanini che introduceva l’autonomia scolastica e la stessa riforma del Titolo V della Costituzione che riconosce tale autonomia scolastica. C’era l’esigenza di rivisitare le norme sugli organi collegiali senza far venir meno i principi fondamentali che sono appunto la salvaguardia della scuola pubblica, di una scuola democratica e aperta. Rimane il bisogno di combattere ogni forma di centralizzazione e burocratizzazione, mantenendo però un quadro di riferimento nazionale certo, contro l’ipotesi che era quella, invece, dell’On. Aprea di voler istituire, per esempio, le fondazioni che noi abbiamo fortemente combattuto e sconfitto e non ci sono più nella legge..
La protesta dei ragazzi si concentra in modo particolare contro tre punti ben precisi di questo ddl. Le va di vederli insieme in modo che i ragazzi possano capire?
Assolutamente
L’ Art. 1 comma 3 recita “Alle istituzioni scolastiche è riconosciuta autonomia statutaria, nel rispetto delle norme generali sull’istruzione”. In breve, questo significa che ogni scuola avrà un proprio statuto, quindi le sue regole. Gli studenti vedono in questo comma una facilitazione della scuola a limitare alcuni loro diritti come quello, per esempio, di riunirsi in assemblea. Secondo lei la paura dei ragazzi è fondata?
Secondo me non è fondata perché bisogna leggere, insieme a questo articolo, anche l’art. 7 che afferma che devono essere garantiti i momenti assembleari e di associazione degli studenti e delle altre componenti scolastiche. Però, mi rendo conto che rispetto alla normativa attuale c’è bisogno di arricchire e precisare. Si può e si deve migliorare ulteriormente questa norma e dare da questo punto di vista maggiori certezze ai nostri studenti.
A contribuire a gettare insegnanti e studenti nel panico, viene poi l’art. 8 del Ddl Aprea in cui viene affermata la centralità del ruolo dell’INVALSI. Secondo l’interpretazione data dagli studenti, saranno proprio i risultati di queste prove nazionali ad influenzare l’elaborazione del POF e quindi a decidere quello che gli studenti dovranno studiare snaturando il ruolo dell’insegnante. È effettivamente così?
Anche questa paura mi sembra infondata perché purtroppo si è conosciuto l’Invalsi solo attraverso queste prove che invece non hanno quel valore che si teme perché non è possibile che possano essere introdotte nella scuola italiana solo valutazioni con quiz e test. La scuola ha un altro obiettivo che è quello di dare ai ragazzi una serie di strumenti in grado di dargli una capacità di valutazione critica. Noi abbiamo un’altra idea di valutazione che nell’articolato della legge emerge. La valutazione deve essere, in primo luogo, uno strumento di autovalutazione da parte delle scuole. In breve, le scuole nel definire il POF e darsi degli obiettivi sulla base curricula nazionali da raggiungere devono avere dei propri strumenti in grado di capire se funziona, se si lavora nella direzione di questi obiettivi. Per questo è previsto il nucleo di autovalutazione. Quindi c’è un’idea nella legge che è esattamente l’opposto di quanto interpretato dai studenti: la valutazione come strumento per migliorare l’offerta formativa e dare l’opportunità ai ragazzi di apprendere meglio. L’impostazione dell’Invalsi va completamente modificata, alla Camera spero che arrivi un documento sul sistema di valutazione che è già stato in qualche modo elaborato dal ministero che dà proprio un altro impianto al sistema di valutazione compreso l’Invalsi.
L’Art. 10 comma 1 legittima l’entrata dei privati all’interno della scuola pubblica. Per i ragazzi questo tipo di intervento economico permetterebbe ai soggetti privati di mettere bocca sulle finalità educative della scuola, quindi sull’offerta formativa, incrementando la differenza tra le scuole e la diseguaglianza nella preparazione degli studenti. Lei è d’accordo?
Assolutamente no. Questo timore nasce dal fatto che prima esisteva la proposta dell’On. Aprea che prevedeva la trasformazione delle scuole in fondazioni dando un ruolo ai privati abbastanza rischioso. Questa possibilità non esiste più: i privati non possono influire sulle decisioni autonome della scuola rispetto all’offerta formativa, alla didattica o a quant’altro. Quando si fa riferimento alla possibilità di avere dei rappresentanti esterni alla scuola, si tratta di rappresentanti che sono espressione del territorio. È prevista la possibilità che possano esserci contribuiti che arrivino dai singoli cittadini o da realtà private per potenziare l’offerta formativa della scuola, ma solo da questo punto di vista, senza la capacità di incidere o di influire sull’offerta formativa della scuola. Questa possibilità c’è già oggi, con questa proposta di legge viene regolata e resa trasparente perché deve essere certificata nei bilanci della scuola. Le scuole rimangono in un sistema nazionale dell’istruzione. Hanno la facoltà di decidere l’offerta formativa confrontandosi con gli enti locali e con il territorio, ma la decisione resta alla scuola. Tutto questo non viene messo in discussione.