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Se i videogiochi ci fanno stare bene

Si chiama “NeuroRacer”, e migliora le abilità multitasking, la memoria e l'attenzione

Dal Web

Ne abbiamo sempre sentito parlar male: sono stati accusati di creare aggressività, asocialità, deficit cognitivi, addirittura crisi epilettiche e problemi alla vista. Stiamo parlando dei videogiochi, che oggi, alla faccia di genitori iperapprensivi e associazioni di consumatori sempre sul chi va là, possono vantare una piccola rivincita: secondo una recente ricerca dell'Università di San Francisco, pubblicata su Nature, videogame appositamente creati per allenare il cervello aiuterebbero a contrastare il naturale declino delle capacità cognitive tipico della terza età.

I soggetti sottoposti all'insolito esperimento sono uomini e donne tra i 60 e gli 85 anni, in buone condizioni di salute. Per un'ora al giorno, tre volte a settimana, per un mese, hanno giocato a “NeuroRacer”, un videogame ideato dal team di ricercatori, che consisteva nel guidare un'automobile in una strada di collina piena di curve e, contemporaneamente, premere un bottone ogni volta che sullo schermo spuntava uno specifico segnale stradale (un cerchio verde).

La ricerca ha evidenziato che, dopo un mese, i soggetti hanno notevolmente migliorato le loro capacità di multitasking; inoltre,sono stati riscontrati miglioramenti nell'attenzione e nella memoria, aree cognitive non direttamente utilizzate durante il gioco. I miglioramenti sono rimasti invariati nei sei mesi successivi all'”allenamento”.

I risultati ottenuti rivelano che il cervello degli anziani potrebbe essere più malleabile e rimodellabile di quanto creduto in passato. “Stimolando il cervello è possibile guidare la plasticità e migliorare le sue funzioni”, ha spiegato Adam Gazzaley, direttore del gruppo di ricerca. Si può ipotizzare, quindi, che videogiochi di questo tipo potrebbero essere utilizzati non solo come specifico training per le capacità cognitive di soggetti sani, ma anche, nel caso di videogame appositamente creati, per combattere malattie neurologiche e psichiatriche che influiscono pesantemente sulle funzioni cognitive (la ricerca pubblicata su Nature parla addirittura di Alzheimer).

Tuttavia, secondo Robert Howard, dell'istituto di Psichiatria Kings College di Londra, “siamo ancora molto lontani dal poter raccomandare questo tipo di allenamento cognitivo come terapia preventiva o curativa”. Lo stesso Gazzaley ha precisato che i risultati ottenuti non sarebbero raggiungibili con I videogiochi attualmente in commercio, e ha ribadito che è fondamentale non sopravvalutare i risultati.