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IL DIARIO DI MARTA / Addio al silenzio

Impressioni, testimonianze e racconti di Marta Perego dal Giffoni Film Festival

IL DIARIO DI MARTA / Addio al silenzio - foto 1
lapresse

Quando si parla di Giffoni si parla dei film, dei ragazzini, dei giurati, dei bambini con le magliette arancioni che educati (a Giffoni i bambini sono tutti educati) entrano in fila indiana alle proiezioni.

Delle ragazzine (quelle con le magliette strappate, oggi ne ho vista una che aveva applicato un incastro di nodi da far invidia a Vivienne Westwood) che stanno in coda per 3 ore sotto il sole cocente per ascoltare Ermal Meta. Ermal Meta che io definirei dopo Ant- Man e Mr Incredible il vero supereroe del festival per aver indossato una camicia blu di seta a 40 gradi senza ombra di sudore.

Si parla di tutte queste cose, a ragione. Ma non si dice una cosa: che per 10 giorni devi dire addio al silenzio. Forse non si dice perché il rumore si impadronisce talmente tanto di te che non noti più la differenza. Ti facessero ascoltare Enya o gli Scorpions probabilmente troveresti i secondi più rilassanti… perché coprono tutto il resto. Prima di tutto ci sono le voci. Di 5600 giurati provenienti da 52 nazioni del mondo. Che una sopra l'altra diventano un tappeto di vociare che rimane con te dalle 9 del mattino fino a mezzanotte (che è il periodo che in media si passa alla Cittadella del cinema). Ridono, scherzano, chiacchierano. Un martello tuonante nei timpani.

Poi c'è il valzer di Shostakovich, brano cardine di "Eyes Wide Shut" che risuona a ogni blue carpet. Scelta raffinata del direttore Claudio Gubitosi, che accompagna non solo tutti i firmacopie ma anche ogni audiovideo di noi giornalisti. Poi c'è l'audio degli incontri, dei film, delle musiche che i bambini ballano prima di vedere i film. La sera, si va a cenare al Convento, posto bellissimo, antico, di grande atmosfera e fascino dove c'è un bel buffet con tante mozzarelle e melanzane e, anche lì, musica dal vivo e poi dalle casse. Però alla fine prendi la macchina e torni nel tuo hotel a Salerno. Finalmente ti chiudi in camera per scrivere il diario per Tgcom24. Finalmente avrai del tempo per te stessa e il tuo silenzio. Ecco. Sono qui, in hotel e scrivo il mio diario. Ma fuori risuona un medley di latino americano. Festeggiano un diciottesimo. Nel tuo hotel. E la tua camera affaccia sulla terrazza del bar. Ora esco e ballo la colita. Che nella mia testa ha un non so che di Shostakovich.