mostre

Galleria Cardi Black Box, Milano

Petrified Paper, Painting Extravaganza

25 Nov 2010 - 16:15

Cardi Black Box inaugura la nuova stagione espositiva con un doppio appuntamento: accanto alla consueta attività espositiva, avvia un percorso di tipo più sperimentale, rivolto all’arte emergente, dedicando il primo piano della galleria a progetti monografici di giovani artisti.

Negli spazi principali della galleria, da venerdì 1 ottobre a domenica 7 novembre, viene presentata  PAINTING EXTRAVAGANZA: otto artisti internazionali, appartenenti a diverse generazioni, affrontano ciascuno il tema della pittura, dando vita a un confronto e a un dialogo visivo di grande attualità sul linguaggio pittorico contemporaneo.

Richard Aldrich, Markus Amm, Davide Balula, Kees Goudzwaard, Jacqueline Humphries, Sterling Ruby, Scott Short, Charline von Heyl attraverso i loro lavori operano una riflessione sulla pittura. Il gesto proprio dell’attività pittorica è reinventato e remixato attraverso la materia dei lavori presentati dagli artisti, capaci di manipolare i codici tradizionali ed esplorare i limiti della pittura adattandoli alla propria sensibilità e alla propria poetica.

In concomitanza con l’apertura della mostra, Cardi Black Box dà il via a un nuovo progetto dedicato agli artisti emergenti: LevelOne#1 che occupa la grande sala al primo piano della galleria, con opere di giovani artisti invitati a realizzare progetti site-specific.

"Vogliamo valorizzare i nostri talenti: l'arte è una delle eccellenze del made in Italy. Ma bisogna avere coraggio", ha spiegato Barbara Berlusconi.

Dopo l'inaugurazione con il primo Level1: Francesca Anfossi, (1980) con il progetto “Petrified Paper”, dal 16 novembre 2010 Level2: Alessandro Sciaraffa: Alaska.

orario galleria: lun-sab 10-19 /
gallery hours: mon-sat 10am-7pm

Cardi Black Box
Corso di Porta Nuova 38
I-20121 Milano
t. +39 02 45478189 - f. +39 02 45478120
gallery@cardiblackbox.com - www.cardiblackbox.com


Painting Extravaganza

Painting Extravaganza è una collettiva che riunisce otto artisti internazionali provenienti da diverse generazioni che scontrandosi con l’impossibilità di fare pittura nella società contemporanea sembrano vivere in maniera personale la sua perdita di potere. Ognuno a suo modo sembra lottare con il pressante e con un ‘extravagante’ bisogno di dipingere; usano infatti oltre alla pittura, o meglio "contro la pittura" lo scanner, la vernice spray, la fotocopiatrice, la serigrafia, il collage o la fotografia per creare delle immagini contemporanee che non esistono solamente nello spazio bidimensionale ma vengono reinventate attraverso la loro installazione nello spazio. Painting Extravaganza presenta quindi dodici lavori "astratti", accomunati da un che di non finito, o meglio un che di volutamente approssimativo che lascia le opere in fieri; è come se l’artista contemporaneo non potesse mai decretare la riuscita di un quadro ma solo interrompere la sua produzione. Questa tendenza nasce da un condiviso scetticismo di fondo, da un rifiuto impulsivo dell’idea di permanenza e di eternità legata alla pittura. Attraverso una dose di calcolata casualità, questi artisti vogliono insinuare il dubbio sul valore e la riuscita dei loro lavori. Questi interventi non sono tuttavia puri esercizi post-moderni e autoriflessivi, al contrario rompono con la definizione di pittura aprendosi a nuove problematiche, in cui la mano dell’artista non si annulla ma diventa il tramite per la campionatura di segni diversi.

Così Davide Balula (1978) nei suoi River Paintings (2009-2010) cattura sulla tela il deposito casuale dei sedimenti di diversi fiumi in cui immerge le tele; mentre nei Burnt Paintings (2010), mette in mostra le imprevedibili irregolarità delle superfici lignee consumate dal fuoco. Attraverso queste astrazioni organiche l’artista collabora in maniera divertita con le irresistibili forze dell’entropia. Tuttavia attraverso questi lavori bidimensionali organici Balula tenta in realtà di emulare processi fotografici diversi come la costituzione del negativo (nei Burnt Paintings) o l’inquadratura dell’immagine (nei River Paintings).
Similmente Scott Short (1964) parte dal vuoto di un foglio bianco che viene gradualmente segnato e reso vivo dalle tracce di polvere ed inchiostro delle molteplici fotocopie a cui lo sottopone. Il risultato finale viene poi ritratto minuziosamente dall’artista sulla tela dando vita ad un’opera grafica, in cui il segno acquisisce una forte valenza emotiva.
Kees Goudzwaard (1958), al contrario crea lavori che a prima vista sembrano studi minimalisti costruiti incollando insieme con lo scotch rettangoli di carta colorata, ma ad uno sguardo attento si percepisce come siano copie in scala 1:1 di composizioni create con precisione dall’artista. Goudzwaard sviluppa lo spazio colorato di ciascuna pennellata trasformandolo in un elemento vivo nell’opera finale, che acquisisce attraverso i titoli un ulteriore livello di lettura.
La sostanza materica delle opere riunite in mostra reinventa e remixa l’idea di gesto pittorico, manipolando i limiti della pratica pittorica in rapporto alla soggettività degli artisti. Così in Open End Jaqueline Humphries (1960) estende le sue indagini intellettuali sull’astrattismo, concentrandosi sul gioco gestuale e sull’autoriflessione.
Su uno sfondo argentato, attraverso pennellate veloci, brillantini e pittura spray, Jacqueline Humphries mette in scena effetti di luce dinamici, guidando lo sguardo dello spettatore in un viaggio emotivo attraverso i diversi strati pittorici. La tela si struttura attraverso gesti liberi catturati attraverso una serie di vettori, che trasformano la percezione del rapporto tra sfondo e figura e rendono attraverso i giochi di luce la superficie pittorica pulsante. In questo modo il suo lavoro entra in un rapporto dialogico serrato con le composizioni analitiche della sua contemporanea Charline von Heyl (1960) che ha dichiarato che uno dei motivi che la spingono a perseguire la sua attività pittorica è il desiderio di inventare immagini che non sono state ancora viste e che non possono essere facilmente definite. Il suo approccio al fare pittura è quindi paradossale: un profondo spazio piatto, si combina attraverso diverse velocità pittoriche alternativamente con colori vividi o piatti e gesti statici e violenti. Gli scarti spaziali, i pentimenti, i cambi d’umore rendono questi quadri instabili e obbligano lo spettatore a restare allerta; come se la vibrante qualità della sua pittura suscitasse delle emozioni, che restano però sospese. Fear, fünf, sex (paura, cinque, sesso) riesce a sublimare le contraddizioni e le assurdità del suo fare pittura, offrendo ambigue interpretazioni attraverso il titolo che suona come quattro, cinque, sei mentre parla di sesso e paura.
Similmente, nelle sue tele, Richard Aldrich (1975) attraverso forme scure, irregolari quasi fangose, buchi e pennellate vigorose, che hanno un che di primitivo, chiama in causa, con irriverenza, l’intera storia della pittura moderna. Nei suoi lavori, infatti traspare una volontà di giocare con lo spettatore senza volerlo sedurre anzi la volontà di spiazzarlo continuamente, rendendo il proprio lavoro poco riconoscibile.
Anche Sterling Ruby (1972) in Alpha Quilt/CDC Eternity tende alla trasgressione di qualsiasi forma di canone o identità prestabilita, attraverso l’utilizzo della stampa, della serigrafia, e di immagini rielaborate al computer. Il suo lavoro evoca molteplici riferimenti come l’irriducibile conflitto tra il singolo e la società, il minimalismo e le pulsioni irrazionali, il desiderio e la repressione. I collage di Ruby incorporano immagini trovate con macchie di colore e vernice, trasferite su uno sfondo specchiante poi rielaborato, lasciando irrisolta la relazione tra l’opera finita e le immagini pre-esistenti di cui l’artista si è appropriato.
Il grande dittico di Markus Amm (1969) nasce invece su uno sfondo neutrale su cui sono stati incollati molteplici strati di giornali strappati coperti di smalto bianco. Il colore che Amm rulla vigorosamente sui frammenti di giornale mantiene un carattere saturo che allude contemporaneamente al decollage eliminando però i riferimenti testuali. Amm sviluppa un discorso estetico autoreferenziale, che trasforma la manipolazione fisica dei frammenti di giornale ridipinti, nell’evocazione del processo di continua stratificazione storica sulle facciate degli edifici e metaforicamente del fare pittura.

L’extravagante dialogo tra le opere riunite in mostra tenta di offrire una visione della pittura contemporanea attraverso una pratica dialogica che non rifiuta il risultato estetico del lavoro pittorico, restando tuttavia conscia della complessa genesi delle immagini nella società contemporanea.

Ilaria Bonacossa  -  Art At Work


 
Petrified Paper
Francesca Anfossi

Nel mondo di Francesca Anfossi, nulla si crea né si distrugge, al contrario le cose si trasformano cambiando forma e consistenza in continuazione e gli agenti naturali diventano gli attori primari della realtà che ci circonda. La sua mostra Petrified Paper si sviluppa, quindi a partire da una sorprendente riflessione sull’aspetto geologico del mondo e della sua costante e lenta trasformazione. Nel suo lavoro questa giovane artista, italiana d’origine e londinese per scelta, indaga le trasformazioni della materia, senza però soffermarsi sugli aspetti documentari e scientifici, ma al contrario operando come uno scienziato-pazzo che tenta attraverso i suoi lavori di scatenare una forma di entropia irrefrenabile capace di mettere tutto in contatto e in contraddizione, creando quindi un continuo cortocircuito tra immagini scattate al microscopio e memorabilia kitsch raccolte fin dall’infanzia.

I lavori di Anfossi sono contraddistinti da una leggerezza, legata ai materiali scelti, capace di mettere in discussione il rapporto con il mondo che ci circonda. Erede di Bruno Munari nel suo rapporto ottimista con gli oggetti quotidiani, Francesca Anfossi dimostra un forte legame con il fare arte "a mano" e con la tradizione artigiana italiana. Infatti la maggior parte delle sue immagini nascono da fotografie scattate dall’artista, o scansionate da una moltitudine di libri che raccoglie e consulta in continuazione, e vengono poi ritagliate e montate insieme, manifestando un rapporto tattile che nasce dal bisogno fisico di manipolare la carta e i suoi derivati. Collage, monostampe, proiezioni di foto su vari materiali rendono l’articolazione della poetica di Anfossi fluida e naturale, come se un lavoro generasse automaticamente quello successivo, in un processo a catena simile a quelli chimici. Anfossi, infatti, attraverso il costante contrasto e affastellamento di materiali ed immagini ci spinge a cercare nei nostri ricordi paesaggi emotivi ed onirici, che ci portino a guardare le cose che ci circondano da un punto di vista inatteso, come succede quando si sogna ad occhi aperti. Strumentali a questo processo sono i titoli delle sue opere, che diventano dei meccanismi capaci di innescare una serie di riflessioni paradossali.

Così il titolo Petrified Paper- Carta Pietrificata, evoca un processo geologico in cui alcune materie naturali come il legno e le foglie (da cui viene prodotta la carta) diventano pietra fossilizzandosi; in senso lato però restare pietrificati vuol dire avere talmente paura da perdere la capacità di muoversi, tuttavia il gioco di parole carta-pietrificata evoca il contrasto tra la cultura - l’idea della permanenza delle opere d’arte - e la natura in continua trasformazione. Questi lavori rivelano un altro tema presente nel lavoro di Francesca Anfossi una sorta di "malinconia sotterranea": non è una malinconia sdolcinata e sentimentale, si avvicina piuttosto alla sensazione di tenerezza che suscita in noi la riscoperta d’oggetti d’uso comune del nostro passato o d’immagini fuori moda.

The Ingenuity of Ingenuous Igneous Rocks (L’ingegnosità delle ingenue rocce ignee) è un’installazione multimediale molto pittorica in cui delle foto fatte al microscopio di rocce vulcaniche (ignee) vengono proiettate a ritmo serrato su una lastra di ottone sagomata a forma di rilievo montuoso della città di Goreme in Cappadocia con il sottofondo del verso notturno delle cicale. Attraverso questo paesaggio fantastico l’artista sembra spingerci a riflettere sullo scarto che esiste tra le vicende umane e il lento svolgersi del tempo biologico e della maestria della natura.
La serie delle carte Petrified Paper, stampate e colorate, usando la lastra di ottone dell’opera precedente, rappresentano la sagoma di una porzione di Göreme, costruita appunto in Cappadocia a partire da 4000 A.C. Queste stampe crescono come formazioni rocciose, sottoposte al passare del tempo e raccontano attraverso le loro trasformazioni come il faticoso tentativo umano di rendere un paesaggio difficile ed inospitale accogliente abbia portato alla creazione di un luogo magico. Il ripetersi quasi ossessivo di un’unica sagoma nei colori e nelle trasparenze scelte dall’artista, ha il potere di trasformare un’immagine reale in un mondo fiabesco e inquietante. Così questa serie di grandi castelli di sabbia ci ricordano il Golem di Praga o la vicenda biblica della trasformazione della moglie di Lot in una colonna di sale.

L’opera Drip or Drop?(Sgocciola o cade?) attraverso il semplice ribaltamento di una diapositiva (tratta da una cartolina della nonna) proiettata su un collage a parete gioca con l’idea di naturale crescita geologica attraverso la sedimentazione calcarea delle stalattiti e delle stalagmiti. Di nuovo, Francesca Anfossi, giocando con il doppio senso di drop (goccia e cadere) parla di quella sensazione di precarietà e "magia" che le stalattiti e le stalagmiti suscitano nell’uomo. Attraversare la mostra di Francesca Anfossi è una vera e propria avventura visiva in un mondo animato, di calviniana memoria. Infine i tre collage, presentati in mostra, vengono definiti dall’artista petrography che, al di là del gioco di parole, è il nome scientifico dello studio delle pietre, quando vengono tagliate e poi scansionate al microscopio.

Ilaria Bonacossa -  Art At Work

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