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Presunti finanziamenti illeciti, la Camera nega l'arresto per l'azzurro Diego Sozzani

Caccia ai franchi tiratori della maggioranza: durante il dibattito M5s e Pd si erano detti a favore dellʼautorizzazione a procedere

L'Aula della Camera ha bocciato la richiesta di arresto per Diego Sozzani, deputato di Forza Italia.

I voti a favore sono stati 235, quelli contrari 309 e un solo astenuto. A fine luglio la Giunta per le Autorizzazioni di Montecitorio si era espressa, con scrutinio segreto, per l'ok ai domiciliari con il voto a favore di M5S e Pd. Sozzani è accusato di finanziamento illecito per un pagamento da 10mila euro ricevuto in campagna elettorale.


In sostanza, alla prova del voto segreto la maggioranza Pd e M5s non ha tenuto: durante il dibattito, infatti, le dichiarazioni di voto del Pd, con Bazoli, e dei Cinquestelle, con Saitta, avevano confermato la linea del "Sì" all'autorizzazione a procedere. Che però poi, nei fatti, nonostante la compagine giallorossa possa contare su 327 voti, non c'è stata: alcuni franchi tiratori si sono infatti schierati assieme a FI, Lega e Nci che si erano dichiarati per il "No" all'arresto.

Dopo il voto il parlamentare di Forza Italia è stato festeggiato dai colleghi di partito, e Stefania Prestigiacomo ha sottolineato che "lui è un galantuomo, per una volta il Parlamento non si è asservito ai magistrati".

Intanto tra i capigruppo M5s e Pd, Francesco D'Uva e Graziano Delrio, c'è stato un lungo colloquio dopo l'inaspettato esito del voto. E D'Uva ha successivamente rimarcato come "nel segreto dell'urna singoli parlamentari non hanno seguito le indicazioni di voto del proprio gruppo: noi siamo molto dispiaciuti perché notiamo questa continua differenza, nonostante i cambi di maggioranza, del M5s con le altre forze politiche. Il M5s resta l'unico a portare avanti la battaglia contro i privilegi della politica". Ciononostante, "dire che al primo voto la maggioranza non ha tenuto sarebbe sbagliato: in questa votazione non entrava il governo".

Sozzani era stato coinvolto nell'inchiesta "Mensa dei poveri" della Dda di Milano, che a maggio aveva portato a 43 ordinanze di custodia cautelare tra Lombardia e Piemonte, portando anche all'arresto dell'allora consigliere comunale milanese e vice coordinatore lombardo di Forza Italia Pietro Tatarella.