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Pd, prove di dialogo con il M5s: il 3 maggio direzione al voto, muro renziani

Il leader della Lega, Matteo Salvini, protesta contro lʼipotesi di unʼalleanza dem-Cinquestelle: "Folle. Pronti a una mobilitazione". Se la situazione di stallo continua il Colle è propenso a un "governo di tregua"

Pd, prove di dialogo con il M5s: il 3 maggio direzione al voto, muro renziani - foto 1
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La pausa forzata, imposta dal ponte del Primo maggio, non servirà a chiarire la situazione tra i partiti che iniziano a fare i conti con la possibilità di tornare presto alle urne.

Il 3 maggio si riunirà la direzione del Pd che dovrà decidere se accettare di aprire le trattative con il M5s. Appuntamento che sembra destinato a fallire a causa dei renziani. Matteo Salvini si oppone: "Un governo Pd-M5s sarebbe folle. Pronti a mobilitazione".

L'obiettivo però è evitare che si arrivi alla conta. Ecco perché i pontieri sono già al lavoro per trovare un punto di caduta. Intanto è il reggente del partito, Maurizio Martina, a fare la prima mossa proponendo una consultazione della base Dem (le modalità nel caso si decideranno in seguito) se ci fosse il via libera a un dialogo con i grillini. "Io sono molto preoccupato sia di un governo con Salvini come socio di riferimento sia di una precipitazione al voto anticipato nei prossimi mesi. L'Italia non può permettersi questi scenari", premette Martina che poi ci tiene a precisare: "Il 3 maggio non dovremo decidere se fare o non fare un governo con M5s ma se iniziare un confronto, entrare nel merito delle questioni, capire se ci possono essere punti d'intesa. Credo che arrivati a questo punto sia giusto capire se esiste la possibilità di un confronto".

Lega avverte: "Mobiliteremo milioni di italiani" - Sul versante opposto il centrodestra resta alla finestra in attesa del "fallimento", secondo il giudizio unanime, delle trattative tra M5s e Pd. Ma nell'attesa di capire se il forno tra Dem e pentastellati riuscirà ad accendersi, Matteo Salvini lancia un chiaro avvertimento: pronti a scendere in piazza nel caso in cui si formasse un governo Pd-M5s "Mobiliteremo milioni di italiani se il voto non sarà rispettato", mette in chiaro il leader della Lega.

Salvini in attesa di una vittoria nel Friuli Venezia Giulia - Il segretario leghista si prepara nel frattempo a incassare anche la vittoria il Friuli Venezia Giulia chiamato domenica alle urne per la scelta del nuovo presidente di Regione. Salvo colpi di scena, le urne consegneranno il risultato che tutti si aspettano: vittoria del centrodestra che sostiene Massimiliano Fedriga. Il dato però che Fi, Lega e Fdi aspettano con maggiore trepidazione riguarda le percentuali dei singoli partiti. Non è un caso che Silvio Berlusconi preoccupato da un distacco troppo grande tra gli azzurri ed il Carroccio abbia deciso di trasferirsi nella Regione gli ultimi 4 giorni di campagna elettorale. Le elezioni in Friuli infatti ribadiranno ancora una volta che la golden share della coalizione  nelle mani di Matteo Salvini. E se la coalizione unita si appresta a conquistare un'altra regione del Nord, e i tre leader non fanno altro che predicare unità e compattezza (l'incontro venerdì sera a Trieste tra Berlusconi e il segretario leghista ne è la prova) le strade tornano a dividersi quando si parla di governo.

Silvio Berlusconi non ha dubbi sul fatto che l'incarico debba andare al centrodestra: "Andiamo in Parlamento e presentiamo un programma con dei progetti concreti". Una soluzione che da tempo aveva individuato anche Giorgia Meloni convinta che dopo il "fallimento del contratto dei perdenti tra Pd ed M5s", il Colle "senza indugio deve dare l'incarico al centrodestra in modo che possa presentarsi in Parlamento a chiedere la fiducia su pochi e chiari punti. Un'idea che non dispiace nemmeno a Matteo Salvini (indisponibile però a bruciarsi in Aula senza numeri) che pero' non rinuncia a tenere uno spiraglio aperto anche con il Movimento Cinque Stelle.

In caso di stallo il Colle pensa a un governo di tregua - L'ultima decisione spetterà comunque al presidente della Repubblica che prima di tirare le somme attende di capire l'esito della direzione Dem. Dopo aver sondato per 20 giorni la tenuta del centrodestra Sergio Mattarella osserva scettico le contorsioni di un Pd dalle cento anime. Ed è costretto a esplorare anche gli scenari meno voluti, a partire dal ritorno rapido alle urne. Il presidente della Repubblica riceve chiari segnali sulle difficoltà che sta incontrando Maurizio Martina nel cercare di portare un partito unito all'interno di un processo di dialogo con l'M5s. Forzatamente quindi deve già pensare alla prossima mossa, che è quella di tentare un "governo di tregua". Una richiesta forte che si basa su una convinzione suffragata da dati ripetuti: per tornare a votare in tranquillità, a ottobre o agli inizi del 2019, servirebbe una modifica alla legge elettorale che appare impossibile in questo scenario. Soprattutto in caso di urne a ottobre. Ma sicuramente serve un governo che approvi la Legge di Bilancio 2019 e scongiuri l'aumento dell'Iva previsto dalle clausole di salvaguardia.