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Le Iene tornano sul caso Sarti: "L'M5s spiava i propri deputati"

Lʼhacker avrebbe agito da un computer di Montecitorio. Le foto osè della parlamentare forse depredate in questo modo

Le Iene tornano sul caso Sarti:
tgcom24

La vicenda delle foto intime di Giulia Sarti finite online diventa un caso per l'intero M5s dopo la nuova puntata de Le Iene in cui Filippo Roma denuncia che molti deputati del movimento sarebbero stato spiati dal loro stesso partito.

A confermare questa ipotesi è stato l'ex consigliere regionale emiliano Giovanni Favia - tra i primi espulsi via blog - il quale ha parlato di "vendetta politica interna".

La deputata Sarti sarebbe stata spiata e colpita perché legata a Favia, dice lo stesso epurato dal movimento. Favia chiama in ballo Max Bugani - ras cinquestelle di Bologna, socio dell'Associazione Rousseau e vicino a Luigi Di Maio - che avrebbe anche ispirato l'hackeraggio delle mail di parlamentari M5S nel 2013 per controllarli.

L'hacker 5s dentro a Montecitorio - Su quest'ultimo aspetto "Le Iene" danno voce a un ex deputato M5S (coperto da anonimato) secondo cui "l'indagine su chi avesse hackerato gli account si fermò quando si accorsero che il lavoro di accesso fu fatto da pc della Camera". A dirglielo sarebbe stato il deputato - al secondo mandato - Stefano Vignaroli. Che però smentisce tutto. "Per evitare che si alimentino ulteriori assurdita', chiariamo una volta per tutte: Max Bugani e il M5S non c'entrano nulla con l'hackeraggio che ho subito nel 2013", twitta Sarti, ex presidente della Commissione giustizia della Camera, a rischio espulsione per le mancate restituzioni dello stipendio.

Favia al Corriere della sera ha parlato di "vendetta politica interna al M5s" causata dalla stretta amicizia di Sarti con lui. "Mi astengo dal commentare ricostruzioni prive di senso", risponde la deputata. Favia descrive nel M5S "uno spionaggio stile Stasi", l'onnipresente polizia politica della Germania Est comunista. Con una caccia ai potenziali dissidenti suoi amici. Secondo l'ex deputato intervistato dalle Iene, l'hackeraggio della posta elettronica di alcuni parlamentari M5S nel 2013 - inizio della loro prima legislatura -, fu fatto da computer di Montecitorio. La "gola profonda" avrebbe rivelato che Vignaroli, uno dei deputati hackerati, gli disse che "l'indagine su chi avesse penetrato gli account si fermo' quando si accorsero che il lavoro di accesso fu fatto da macchine della Camera".

"Non posso mai aver detto che le indagini si sono fermate perché gli accessi venivano dalla Camera - commenta Vignaroli -: le indagini non le faccio io né posso sapere se si sono interrotte e perché. Inoltre gli accessi dalla Camera non mi hanno mai insospettito semplicemente perché mi ci collego io stesso dai pc della Camera". "Non ho più seguito la vicenda perché mi ero seccato di disperdere così energie che invece dovevo dedicare alla mia attività parlamentare - ha aggiunto -. Tanto non avevo nulla da nascondere nella mia mail".