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Consulta: "Stop all'automatismo sul cognome paterno ai figli, metterli entrambi" | Genitori commossi: "Decisione storica"

Questo meccanismo è considerato "lesivo". In mancanza di accordo sull'ordine di attribuzione del cognome interverrà il giudice. Ora tocca al Parlamento emettere una legge non discriminatoria. Commossi i genitori che hanno iniziato l'iter: "Decisione storica"

Sono illegittime tutte le norme che attribuiscono "automaticamente il cognome del padre ai figli".

Lo ha stabilito la Corte Costituzionale. I Supremi giudici, infatti, ritengono "discriminatoria e lesiva dell'identità del figlio" tale regola sull'automatismo paterno con una sentenza, alla luce della quale "il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell'ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due". La coppia che ha intrapreso l'iter giudiziario si è detta "commossa e consapevole di aver scritto una pagina storica".

 

Discriminatorio dare il cognome del padre in "automatico" - Sono illegittime, per contrasto con gli articoli 2, 3 e 117 della Costituzione le norme italiane che non consentono ai genitori, di comune accordo, di attribuire al figlio il solo cognome della madre e quella che, in mancanza di accordo, impone il solo cognome del padre, anziché quello di entrambi i genitori. Lo ha deciso oggi la Corte costituzionale. La Corte ha ritenuto discriminatoria e lesiva dell'identità del figlio la regola che attribuisce automaticamente il cognome del padre.

 

Un solo cognome, se c'è l'accordo dei genitori - Nel solco del principio di eguaglianza e nell'interesse del figlio, entrambi i genitori devono poter condividere la scelta sul suo cognome, che costituisce elemento fondamentale dell'identità personale. Pertanto, la regola diventa che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell'ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due.

 

Senza accordo, doppio cognome - In mancanza di accordo sull'ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori, resta salvo l'intervento del giudice in conformità con quanto dispone l'ordinamento giuridico. La Corte ha, dunque, dichiarato l'illegittimità costituzionale di tutte le norme che prevedono l'automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento ai figli nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e ai figli adottivi. È compito del legislatore regolare tutti gli aspetti connessi alla presente decisione. 

 

Cartabia: "Grazie a Consulta, altro passo verso uguaglianza" - "Grazie alla Corte Costituzionale, un altro passo in avanti verso l'effettiva uguaglianza di genere nell'ambito della famiglia". Lo ha detto il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, commentando la sentenza della Corte Costituzionale sul cognome paterno.

 

Bonetti: "Sul cognome paterno è tempo di cambiare" - "La Corte Costituzionale ha giudicato illegittime le norme che prevedono l'automatica attribuzione del cognome paterno ai figli. Già in passato la Consulta aveva acceso un faro sul carattere discriminatorio di un simile automatismo, sia verso i figli che verso le madri. Oggi torna a ricordarci che è arrivato il tempo di cambiare: abbiamo bisogno di dare corpo, anche  nell'attribuzione del cognome, a quella pari responsabilità tra madri e padri che è insita nella scelta genitoriale, ed è compito alto e urgente della politica farlo". Lo scrive su Facebook la ministra per le Pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti. "Andiamo avanti presto e insieme su questa strada, che più volte ho sollecitato a percorrere: da Ministra garantisco all`iter parlamentare tutto il sostegno del Governo per fare un altro passo fondamentale nel realizzare l`uguaglianza di diritti tra le donne e gli uomini del nostro Paese", conclude Bonetti.

 

Commossi e soddisfati i genitori "promotori" - "Una grande soddisfazione. La coppia che ha intrapreso questo complesso e faticoso iter giudiziario mi ha chiamato poco fa: ci hanno sempre creduto". È quanto afferma l'avvocato Domenico Pittella, il legale, assieme al collega Giampaolo Brienza, della coppia della Basilicata dalla cui vicenda è scaturita la decisione della Consulta.

 

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