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Dopo la rivolta di Roma, Sacconi: "Nuclei clandestini lavorano per incitare alla violenza"

Il ministro del welfare torna sull'ipotesi di una ripresa del terrorismo: "Fanno leva sul disagio sociale che c'è"

31 Ott 2011 - 17:57
 © LaPresse

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"Gli scontri avvenuti a Roma il 15 ottobre, durante la manifestazione pacifica degli indignati, sono sì sintomo di insofferenza giovanile, ma indicano anche che sono al lavoro nuclei organizzati che operano clandestinamente per trasformare il disagio in rivolta". Lo ha affermato il ministro del Lavoro Sacconi. "Il terrorismo nasce dal ventre della società, soprattutto quando la dialettica politica da strada diventa linea politica", ha concluso.

"I terroristi e i violenti organizzati in Italia, come dimostrano i decenni tristi che abbiamo vissuto, non sono venuti da Marte: li abbiamo allevati nelle nostre scuole, nelle nostre università, nelle nostre case. E con molta tolleranza politica, culturale, istituzionale. La Germania non ha fatto così", afferma ancora il ministro.

Dal caso Calabresi all'omicidio Biagi
"Che cosa significa ciò? Significa che il terrorismo non nasce da lucide elaborazioni estremiste prodotte all'interno del quadro politico, ma nasce dal ventre della società, da pulsioni che diventano irrefrenabili quando la dialettica politica da strada diventa linea politica. Ricordiamo l'uccisione del commissario Calabresi: per oltre due anni Calabresi è stato indicato, anche sulla stampa 'borghese', come il defenestratore di Pinelli creando il clima e il 'contesto' (ricordate Sciascia?) in cui è maturato, fino alla scontata conclusione, il delitto Calabresi. Facciamo un salto di quasi trent'anni: abbiamo scordato 'il contesto' in cui è maturato l'assassinio di Marco Biagi?".

Bisogna riflettere su quanto successo a Roma
"Oggi, in Italia non esiste (ancora..) un movimento eversivo da cui possano scaturire energie terroristiche paragonabili a quelle che abbiamo vissuto negli ultimi trent'anni del secolo scorso. La crisi delle ideologie ha colpito anche le progettualità rivoluzionarie. Quello che è successo a Roma ci dovrebbe tuttavia far riflettere sull'esistenza, nel nostro Paese, di spinte ribellistiche di non sottovalutabile potenzialità eversiva. Le tossine degli anni Settanta continuano a produrre patologia politica. L'Italia non vive una condizione di guerra civile. Viviamo, tuttavia, quotidianamente un dibattito politico e una dialettica da guerra civile", afferma Sacconi.

Il dissenso serve ma deve rispettare l'avversario
Marco Biagi "non è stato ucciso da una possente organizzazione terroristica. E' stato assassinato da un gruppetto di una decina di persone (infermieri, tecnici di radiologia, precari universitari) che pensavano di fare un favore alla società eliminando quello che anche voci non rivoluzionarie descrivevano come un 'nemico dei lavoratori'". "Il dissenso - conclude - è necessario e costituisce il sale della democrazia. Quando esso muove dal rispetto dell'avversario è ancor più efficace e convincente. Soprattutto se si ha fiducia nelle proprie ragioni".

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