Riunione della direzione Pd spinosa. Il partito si divide su referendum, governo e lettera Bce
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“Ci attrezziamo a entrambi gli scenari, il nostro orizzonte è il voto ma non ci sottraiamo a un governo di responsabilità.” Così Pierluigi Bersani al termine della riunione di vertice del Partito Democratico di oggi. Il segretario mette ordine dopo un incontro in cui il partito si è diviso un po’ su tutto: referendum, governo di transizione o voto, lettera della Bce. Non si è parlato della leadership in caso di elezioni.
L’unica certezza, secondo Bersani, è che l’esecutivo di Berlusconi non arriverà fino al 2013 e con questa prospettiva il partito si darà presto un programma da offrire agli alleati per creare un’intesa. A spingere per il governo di larghe intese sono soprattutto le minoranze, da Veltroni a Fioroni, a Franceschini e Sereni. Con loro anche Franco Marini, che siede in maggioranza, come il vicesegretario Enrico Letta.
Ma la direzione si apre con uno show di Arturo Parisi che ringrazia per le firme raccolte per il referendum in veste di Comitato promotore. Ma in veste di dirigente Pd attacca Bersani giungendo a dimostrare con un paradosso che dovrebbe presentarsi dimissionario. “La sua linea è stata sconfitta da una valanga di firme.” L’altro tema su cui Bersani cerca la mediazione è quello della lettera della Bce.
Per il segretario una lettera legittima perché ha dovuto supplire alla mancanza di un governo europeo e alla debolezza di quello nazionale. Posizione intermedia tra chi, nel partito, teme una deriva tecnocratica e chi invece difende il ruolo della politica e una linea che non butti a mare il welfare. Non si parla invece della leadership in caso di elezioni.
“Se il problema sono io ditelo – aveva chiarito pochi giorni fa Bersani – basta giochetti.” Tutti in pubblico avevano assicurato lealtà al segretario e oggi infatti del tema non si è parlato. Anche se, sottotraccia, le minoranze continuano ad agitare lo spettro della leadership.