DISSENSO INTERNO

Art 18, Civati: "Rischio scissione Pd" Attesa per la direzione di lunedì

Le minoranze del partito aspettano l'incontro di lunedì per decidere la linea da tenere alla luce delle decisioni del premier sul Jobs Act. E c'è chi pensa di legare strettamente la riforma del lavoro alla legge di Stabilità, per mettere nero su bianco i fondi da utilizzare per le nuove tutele

27 Set 2014 - 21:39
 © ansa

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Se il premier Matteo Renzi abolisce l'articolo 18 c'è il rischio di una scissione nel Pd. A dirlo è uno dei leader della minoranza del partito, Pippo Civati, che spiega come la secessione sia un rischio "se Renzi non si rende conto di essere anche il segretario di un partito che può avere legittime differenze al proprio interno e che è stato eletto per difendere l'articolo 18 così, non certo per abolirlo".

Tra gli altri esponenti delle minoranze pd il clima non è certo più sereno, anche se si attende la direzione del partito, lunedì, per capire quale sarà la linea ufficiale scelta dal premier. Ma con l'intenzione di votare no alla relazione del presidente del Consiglio e segretario Pd qualora sul Jobs act Renzi decidesse di tirare diritto senza fare concessioni.

Due i capitoli chiave sui quali le varie anime Dem attendono aperture: quella dell'articolo 18 e quella delle risorse da destinare ai nuovi ammortizzatori sociali, tema sul quale c'è chi sta pensando di preparare un documento da portare in direzione nel quale chiedere di allineare l'esame della riforma del mercato del lavoro a quella della legge di stabilità, che dovrebbe essere il veicolo dove mettere nero su bianco i soldi da utilizzare per le nuove tutele promesse dal governo. L'ipotesi del documento sarebbe al vaglio di esponenti delle diverse anime della minoranza, da Francesco Boccia a Pippo Civati e Stefano Fassina ai cuperliani, mentre i bersaniani hanno subito manifestato una certa freddezza.

L'idea di legare riforma del lavoro e legge di stabilità è già contenuta in un emendamento presentato per l'Aula e firmato da tutti e otto i componenti del Pd in commissione Lavoro al Senato; ma a differenza dell'emendamento, il documento su cui si sta ragionando avrebbe l'effetto di far slittare l'esame del pacchetto lavoro a dopo il via libera alla Finanziaria. Fatto non secondario, considerando che il timing della riforma del Jobs act sta a cuore al premier, che ne vuole l'approvazione a Palazzo Madama entro l'8 ottobre.

"Faccio appello al premier e segretario del Pd - insiste comunque Gianni Cuperlo, leader della sinistra dem - perché, nelle prossime ore, assuma una posizione coerente con il profilo della principale forza del progressismo e del socialismo europeo".

Tra i Dem c'è però anche chi, come i giovani turchi, è su posizioni più dialoganti e non nasconde di apprezzare i tentativi di Sergio Chiamparino, che vorrebbero circoscrivere il diritto di essere reintegrati da parte dei lavoratori ai soli casi di discriminazione, lasciando a un arbitro scelto dall'impresa e dal sindacato la valutazione dell'indennizzo per tutti gli altri casi. Ma il presidente della commissione Lavoro di Montecitorio Cesare Damiano taglia corto: "Se qualcuno pensa che la soluzione sia mantenere il reintegro solo per il licenziamento discriminatorio dice una banalità, perché questo diritto è universalmente riconosciuto".