Cicogne... sprint

Una carta per i diritti dei bimbi prematuri

Un fenomeno in aumento, ma le mamme sono impreparate

19 Nov 2012 - 11:44
 © Getty

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Adesso hanno una carta dei diritti anche loro, i piccini picciò: il 17 novembre, nella ricorrenza annuale della Giornata Mondiale della Prematurità, è stato condiviso ufficialmente il “Manifesto dei diritti del bambino nato prematuro”, promosso dall’associazione Vivere Onlus (coordinamento nazionale delle associazioni per la neonatologia, www.vivereonlus.com) e voluto dalla SIN (Società Italiana di Neonatologia, www.neonatologia.it). Alcune piazze d’Italia si sono accese di colore viola, colore che rappresenta la prematurità nel mondo, come piazza della Signoria a Firenze (organizzato da www.piccinopiccio.it).  

Ogni anno in Italia sono 40mila i piccoli che nascono prima del termine, ovvero prima della trentasettesima settimana di gestazione e costituiscono circa il 7% del totale dei nati vivi. Un 2% nasce anche prima della trentaduesima settimana, in età gestazionali che comportano maggiori rischi di incorrere nella mortalità o in gravi patologie. Infatti prima avviene il parto, maggiori sono le possibili disabilità per il bambino con incidenza dello 0,5-1% per i nati dopo la trentaduesima settimana e del 10-20% per i nati prima della trentaduesima, secondo i dati della SIN. Quando viene alla luce anzitempo, un bimbo è così piccolo da far provare una tenerezza impotente in chi lo osserva. Sembra un bambolotto, eppure è una persona (art. 1 della carta dei diritti), che prova sentimenti, che manifesta i suoi bisogni e che, anche nella pancia artificiale, l’incubatrice, che lo conterrà per settimane dopo la nascita, sopravviverà - se amato e accudito secondo criteri che il manifesto elenca – per crescere bellissimo. 
“Questa carta di diritti - dice il prof. Carlo Dani, direttore della Neonatologia e della Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale di Careggi – mette nero su bianco un sacrosanto diritto, che per i bambini nati a termine è scontato, mentre per un bimbo nato prematuramente e che deve trascorrere settimane o mesi in ospedale può essere ostacolato: considerare il neonato prematuro “una persona” è la premessa al diritto di “avere contatto immediato e continuo con la propria famiglia, dalla quale deve essere accudito” e coccolato (art. 4). Sembra un’ovvietà, ma un prematuro ha una barriera da dover superare: l’ospedale”. Pensiamoci: il piccolo pretermine si stava preparando pian piano ad entrare nel mondo ed invece si trova all’improvviso separato dalla madre, in un’esperienza di deprivazione sensoriale e affettiva, aggredito da luci e suoni che prima erano attutiti dalla placenta, sottoposto a sollecitazioni abnormi e dolorose (a partire dal primo respiro, difficile per i suoi polmoni ancora immaturi) che non consentono un sereno sviluppo armonico. Viene portato in una incubatrice. A questo punto il bambino ha il bisogno vitale di ritrovare un punto di riferimento conosciuto, insostituibile, ha bisogno di recuperare il calore che era normale nella pancia della mamma, di sentirsi di nuovo e ancor più amato per riacquistare l’istinto a sopravvivere pur fuori dall’ “uovo materno”. Ma non è facile.
© Ufficio stampa

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Le cause delle nascite premature sono da individuarsi nell’aumento dell’età materna, nell’aumento dei parti gemellari (anche in seguito alla procreazione medicalmente assistita), nelle cattive abitudini di vita (alcool, droghe, fumo), nell’alimentazione scorretta, nell’obesità, nello stress. I motivi che scatenano un parto prima del tempo non sono tuttavia certi, a meno che non si tratti di patologie della gravidanza come l’ipertensione, il diabete, le infezioni delle vie urinarie o perfino delle gengive, o di anomalie anatomiche dell’utero o simili. Quel che sorprende è che la maggior parte delle "mamme premature" viene colta impreparata, si trova catapultata in un incubo, è sommersa dai sensi di colpa, e si trova a dover affrontare un calvario per sé e per il proprio piccolo, perché la nostra società ad oggi ancora non si preoccupa di sensibilizzare le donne né di prospettare loro tale eventualità. Martina Bruscagnin, Presidente di Vivere Onlus, ricorda che “ancora, purtroppo, non è stata attuata la modifica alla legge sul congedo per le madri dei bambini prematuri che restano ricoverati per molti mesi in Terapia Intensiva Neonatale e che necessitano della presenza della madre vicino, sia durante il ricovero, che al rientro a casa”.
In conseguenza a ciò andiamo incontro non solo al pericolo per la salute e per la qualità della vita del neonato e della sua famiglia, ma anche all’alto costo delle cure prima in ospedale, poi a casa per la vita per ridurre eventuali patologie e disabilità. Ad esempio un bambino nato prima delle 28 settimane di gestazione ha bisogno di cure che costano fra i 100 e i 300 mila euro, che aumentano nel caso di ripercussioni successive o permanenti.
“Il fenomeno delle nascite pretermine è in aumento e, per quanto i progressi scientifici abbiano raggiunto traguardi un tempo impensabili nelle terapie a favore di questi piccoli, è necessario – dice il prof. Costantino Romagnoli, presidente della SIN – che ci sia maggior attenzione sociale, sia in termini di prevenzione, sia di umanizzazione delle cure negli ospedali”. E’ con questo fine che l’Italia ha risposto come primo Paese all’appello delle Nazioni Unite producendo il Manifesto dei diritti del bambino nato prematuro, riconosciuto a livello internazionale. 
Si sta lavorando “per rendere la totalità dei punti nascita italiani, e le annesse unità di Terapia Intensiva Neonatale, a misura di famiglia – prosegue il Prof. Romagnoli - secondo un principio inclusivo di ‘care’, favorendo la vicinanza dei genitori ai loro piccoli 24 ore su 24, utilizzando tutti gli strumenti come il Rooming-in, la Kangaroo Mother Care, sognando la realizzazione delle family room”.
 
Per alcuni ospedali virtuosi questo sogno è già realtà, avendo già da tempo messo in pratica buona parte di quanto previsto dal Manifesto. E’ il caso dell’Ospedale di Prato, un centro che conta circa 3000 nascite l’anno. Il direttore dell’Unità Pediatrica e di Neonatologia di Prato, il dott. Pier Luigi Vasarri dal 2008 consente che “i genitori stiano vicino e accudiscano i propri piccoli sia di giorno che di notte, compatibilmente con le necessità e le urgenze del reparto. Il personale infermieristico (specializzato nella NIDCAP - Newborn Individualized Developmental Care and Assessment Program) viene affiancato dalle mamme nel dedicare cure individualizzate e nello stimolare lo sviluppo neuroevolutivo del neonato. Tenere le TIN aperte ai genitori, soprattutto alle madri, 24 ore su 24, riduce i tempi di degenza del bimbo, allevia la traumatica separazione madre-figlio e migliora la qualità delle cure, diminuendone i costi”. Per far questo sono stati messi a disposizione delle mamme alcuni letti in camere attigue alla sala di Terapia Intensiva Neonatale: “questi spazi per le mamme – prosegue il dott. Vasarri – hanno favorito i bambini ricoverati, anche perché grazie a questi punti di appoggio le mamme possono dare ai figli il proprio latte – risorsa insostituibile raccomandata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la salute dei piccoli – ed alcune arrivano ad allattarli anche al seno, non appena i piccoli acquistano la forza necessaria per riuscire a succhiare”. Così come a Prato, anche nel resto d’Italia, grazie alla Carta dei diritti del prematuro, si potrà presto regalare ad ogni neonato prematuro la possibilità di avere la sua mamma tanto vicina da poterla toccare. Come in pancia. In ogni istante.

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