IL CONVEGNO A PALAZZO VECCHIO

Sicurezza urbana tra sinergia, regole e visione: Firenze discute il futuro del sistema integrato

Il confronto tra pubblico, privato e mondo accademico durante il convegno a Palazzo Vecchio per i 100 anni del Corpo Vigili Giurati

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 © Ufficio stampa

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Un secolo al servizio della comunità. Ma anche un’occasione per guardare oltre, verso un nuovo modello di sicurezza urbana. Dove la parola chiave è integrazione: integrazione tra pubblico e privato, tra sicurezza percepita e sicurezza reale, tra nuove tecnologie e capitale umano. Il Corpo Vigili Giurati ha celebrato i suoi 100 anni di attività con un grande evento istituzionale nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, che ha visto la partecipazione di istituzioni locali e nazionali, esperti e rappresentanti del mondo accademico. Il convegno, intitolato “Sicurezza Urbana: visione storica ed evoluzioni future”, ha messo al centro una consapevolezza sempre più diffusa: la sicurezza è un bene comune, che richiede un sistema integrato e dinamico, capace di coinvolgere pubblico e privato in modo strutturato e continuativo.

La necessità di una cooperazione vera tra pubblico e privato

  Per costruire un sistema efficace, i fronti su cui intervenire sono molteplici. Lo ha ricordato Andrea Giorgio, assessore alla Sicurezza del Comune di Firenze: “La nostra città ogni giorno ospita il doppio delle persone rispetto ai residenti, tra turisti, studenti e lavoratori. Non possiamo più ragionare con un modello che assegna le forze dell’ordine solo in base alla popolazione residente”. Ecco perché “servono alleanze trasversali, e una cooperazione vera tra pubblico e privato” che a Firenze è già operativa grazie al protocollo Mille Occhi: “Una rete che collega forze di polizia e vigilanza privata, attiva soprattutto di notte, quando le risorse pubbliche sono ridotte. È una realtà che funziona bene: avere personale qualificato sul territorio, che conosce dinamiche e criticità, è un grande valore per la città”.

Una normativa da aggiornare

  Sul fronte normativo, l’appello più chiaro è arrivato da Maria Cristina Urbano, presidente di ASSIV, che ha sottolineato come la burocrazia rischi di frenare l’evoluzione di un settore sempre più tecnologico: “Oggi per ottenere una licenza e la qualifica professionale occorrono mesi. È una trafila lunga, che penalizza le aziende e non tiene conto dei cambiamenti in atto”. E aggiunge: “La normativa mostra segni evidenti di usura. Le tecnologie hanno potenziato in modo straordinario i servizi di vigilanza, rendendoli più efficaci e versatili. Ma le regole non si sono aggiornate”.

Un bene collettivo, non un servizio individuale

  Per Alberto Pagani, docente e advisor per il settore sicurezza all’Università di Bologna, “concepire la sicurezza privata come sussidiaria o marginale è un errore concettuale. La sicurezza è un bene comune. Un’azienda che paga la vigilanza privata sta producendo sicurezza anche per chi le sta intorno. Come la scuola paritaria o l’ospedalità convenzionata svolgono un servizio pubblico, così può fare la sicurezza privata, se regolata e coordinata. Concepire la sicurezza privata come secondaria è concettualmente sbagliato”.

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