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Usa, il ministro della Giustizia si è dimesso su richiesta di Trump

Secondo la leader democratica alla Camera, Nancy Pelosi, con il "licenziamento" di Jeff Sessions il presidente americano tenta di "minare e mettere fine allʼinchiesta sul Russiagate"

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Il ministro della Giustizia Jeff Sessions si è dimesso con effetto immediato su richiesta di Donald Trump.

"Ringraziamo Jeff Sessions, e gli auguriamo il meglio", ha scritto via Twitter il presidente americano, annunciando che Matthew Whitaker, capo dello staff di Sessions, sarà temporaneamente ministro della giustizia ad interim. "Un sostituto permanente sarà nominato successivamente".

Pelosi: "Trump vuole bloccare le indagini sul Russiagate" - "E' impossibile leggere il licenziamento di Sessions come qualcosa di diverso da un altro spudorato tentativo di Donald Trump di minare e mettere fine all'inchiesta del procuratore speciale Robert Mueller", ha commentato la leader democratica alla Camera, Nancy Pelosi, invitando Matthew Whitaker, che ha assunto l'interim, a ricusarsi "per le sue precedenti minacce di indebolire l'indagine sul Russiagate".

Da Sessione a Whitaker - Con le elezioni di Midterm, lo scenario per il presidente degli Stati Uniti è totalmente cambiato e destinato a incidere fortemente sulla seconda parte del suo mandato. Il ritorno della Camera in mano ai democratici, tra le altre cose, alimenta anche lo spettro dell'impeachment. E' in questo contesto che viene letto l'immediato siluramento di Jeff Sessions, al quale il tycoon non ha mai perdonato di aver fatto un passo indietro sul fonte delle indagini del Russiagate, aprendo la strada alla nomina del procuratore speciale Robert Mueller. Da qui la sostituzione ad interim con il suo capo di gabinetto, Matthew Whitaker, che ora potrebbe subentrare al numero due Rod Rosenstein nella supervisione delle indagini dopo essersi detto a favore di un taglio dei fondi per gli accertamenti e di una limitazione del loro raggio d'azione.

Trump: "Se indagano me, io indagherò loro" - Secondo gli esperti, si preannuncia un profondo rimpasto della squadra di governo e dello staff della Casa Bianca. "Se indagano me, io indagherò loro", ha tuonato Trump ai democratici. "Possono giocare a questo gioco ma noi possiamo giocare meglio, e io di solito sono più bravo", ha sottolineato. Una minaccia che rappresenta l'unica deroga a un atteggiamento volutamente dialogante scelto per il "day after".

E in effetti il tycoon è ora a un bivio: nei prossimi giorni e nelle prossime settimane dovrà decidere se perseguire la strada del disgelo o proseguire con un'escalation che ha già raggiunto livelli di guardia. Quest'ultima lo porterebbe ad agire sul piano a lui più congeniale, cosa che potrebbe tornargli utile in vista delle elezioni presidenziali del 2020. Ma anche un'inversione di rotta, ammorbidendo decisamente i toni, avrebbe i suoi vantaggi, ora che bypassare l'opposizione è diventato impossibile.

Il dialogo coi democratici - Per attuare almeno in parte la sua agenda e trasformare in legge alcune delle sue priorità, la via del dialogo potrebbe essere dunque quella giusta. Non a caso il primo appello, lanciato dopo i risultati del voto, è stato quello a "lavorare insieme" su temi come infrastrutture o immigrazione. Molto però dipenderà anche dall'atteggiamento che assumeranno i democratici, che avendo ora la maggioranza alla Camera hanno il potere di poter citare il presidente sul fronte del Russiagate.

Verso nuove indagini? - Non solo: i dem possono anche cercare di costringere Trump in tutti i modi a rivelare le sue dichiarazioni fiscali, quelle finora mai svelate, e sottoporlo a indagini su altri aspetti che riguardano il conflitto di interessi. Per il momento la Pelosi, probabile nuova speaker della Camera, ha preferito non forzare la mano: "Noi abbiamo il dovere di vigilare, ma non ci saranno inchieste indiscriminate". Ma la mossa sul Russiagate ha fatto tornare il gelo. Si dovrà vedere anche cosa deciderà di fare il procuratore speciale che indaga sul Russiagate, Robert Mueller, silente nelle ultime settimane della campagna elettorale, ma che dopo il voto potrebbe tornare alla carica dando nuovo impulso alle indagini.