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Ue, la Corte di Giustizia annulla il "Privacy Shield": come cambia il trasferimento di dati negli Usa

Secondo i giudici, lʼaccordo non fornisce ai cittadini europei sufficienti garanzie contro le leggi statunitensi. La decisione potrebbe creare problemi allʼattività di colossi come Apple, Google e Facebook

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La Corte di Giustizia Ue ha dichiarato invalido il "Privacy Shield", l’accordo che regolamenta il trasferimento di dati con gli Stati Uniti. Secondo i giudici, l'intesa non protegge il diritto alla riservatezza e non fornisce ai cittadini europei sufficienti garanzie contro le leggi americane. Il caso trae origine dalla denuncia di un austriaco, i cui dati furono trasferiti da Facebook Ireland a server di Facebook Inc., situati negli Usa.

La sentenza non interrompe immediatamente tutti i trasferimenti di dati al di fuori dell'Ue, in quanto esiste un altro meccanismo legale che alcune società possono utilizzare, ma impone che il controllo sui trasferimenti dei dati sia intensificato. Bruxelles e Washington potrebbero dover trovare un nuovo sistema che garantisca ai dati degli europei negli Stati Uniti la stessa protezione della privacy dell'Ue.

 

Cosa cambia ora per il trasferimento dei dati dei cittadini e aziende Ue verso gli Usa? Innanzitutto la sentenza potrebbe creare diversi problemi all’attività di colossi come Apple, Google e Facebook ma anche di migliaia di imprese più piccole che lavorano con trasferimento di dati. I "big tech" potrebbero dover ripensare la propria strategia industriale o ad affrontare costi notevoli per la creazione di centri per la raccolta dati in Europa dove il Gdpr garantisce appieno i diritti dei cittadini Ue.

 

Il caso è iniziato dopo che l'ex dipendente della National Security Agency statunitense Edward Snowden ha rivelato nel 2013 che il governo americano stava curiosando su dati e comunicazioni online delle persone. Le rivelazioni includevano dettagli su come Facebook ha fornito alle agenzie di sicurezza Usa l'accesso ai dati personali degli europei.

 

La denuncia di Max Schrems - L'attivista e studente di legge austriaco Max Schrems ha presentato quell'anno una denuncia contro Facebook, che ha la sua base europea in Irlanda, sostenendo che i dati personali non dovrebbero essere inviati negli Stati Uniti, come fanno molte aziende, perché la protezione dei dati non è forte come in Europa. Sebbene il caso legale sia stato innescato da preoccupazioni su Facebook in particolare, potrebbe avere implicazioni di vasta portata per tutte le società tecnologiche che spostano grandi quantita' di dati su Internet se i regolatori rileveranno che le protezioni della privacy statunitensi sono insufficienti e bloccano i trasferimenti.  Schrems ha affermato che la sentenza equivale a una vittoria per la privacy: "Gli Stati Uniti dovranno impegnarsi in una seria riforma della sorveglianza per tornare a uno stato 'privilegiato' per le compagnie statunitensi".

 

Clausole salva-dati - Le aziende utilizzano meccanismi legali chiamati clausole contrattuali standard che obbligano le imprese a rispettare rigidi standard di privacy dell'Ue durante il trasferimento di messaggi, foto e altre informazioni. Aziende come Facebook trasferiscono sistematicamente tali dati tra i suoi server in tutto il mondo e le clausole vengono utilizzate per garantire che le regole dell'Ue vengano mantenute quando i dati lasciano il blocco.

 

L'accordo invalidato - La Corte di giustizia dell'Ue ha dichiarato che tali clausole sono ancora valide. Tuttavia, ha sentenziato che non è valido l'accordo ombrello tra Stati Uniti e Ue sui trasferimenti di dati. Il tribunale ha osservato nelle sue sentenze che ci sono "limitazioni alla protezione dei dati personali derivanti dalla legge nazionale degli Stati Uniti sull'accesso e l'uso da parte delle autorità pubbliche statunitensi di tali dati trasferiti dall'Unione Europea a quel Paese terzo".

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