Mariupol, esercito russo diffonde le foto dall'interno del teatro distrutto
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Sergente maggiore e medico della Guardia nazionale, ha combattuto e medicato feriti fino alla fine. Era riuscita a mettere in salvo il figlio attraverso un corridoio umanitario
Olena Kushnir, sergente maggiore e medico della Guardia nazionale ucraina, è morta in battaglia a Mariupol nel giorno di Pasqua. Era una delle cento donne combattenti che sono rimaste nell'inferno dell'assedio della città portuale senza mai arrendersi. La giornalista ucraina Tetyana Danylenko le descriveva come "un gruppo di cento soldatesse rimaste a Mariupol senza acqua, cibo e la garanzia di un'igiene di base e sopravvivenza".
Era riuscita a mettere in salvo il figlio - Olena ha combattuto e medicato feriti fino alla fine. Quando la battaglia per le strade della città portuale, snodo di questa guerra, si era fatta più feroce, il sergente Kushnir aveva provveduto a mettere in salvo il figlio piccolo attraverso uno dei pochi e fragili corridoi umanitari di Mariupol. Poi però era tornata indietro, nonostante avesse già perso il marito negli scontri dei primi giorni di occupazione russa.
Difendere Mariupol era l'unica opzione - "Non compatitemi, sono un medico, una combattente, sono ucraina, faccio il mio dovere", diceva a un'amica pochi giorni prima di morire in una chat riportata da Mariupol today che ha anche diffuso un video appello che la sergente aveva girato per "scuotere l'occidente". Nel video, girato in un rifugio segreto e bersagliato dalla propaganda russa che sui suoi canali festeggia la sua morte, Olena compariva con la divisa militare e chiedeva insistentemente di permettere l'evacuazione di Mariupol "dando l'opportunità di portare medicine alla popolazione, allontanare i tanti feriti e permettere una degna sepoltura ai morti".
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Gli appelli sui social e l'ultimo post - Olena ha descritto anche la distruzione totale della città e la catastrofe umanitaria di chi, assediato, non ha più cibo, acqua, possibilità di sostentamento alcuno: "A Mariupol ci sono ancora persone, sono nelle cantine, sono sotto terra, hanno bisogno di tutto. Se non volete salvare Mariupol, salvate i suoi cittadini vi prego! Non vogliamo essere eroi e martiri, non potrete dire che non sapevate perché sapevate e potevate agire", uno dei suoi appelli. Sulla sua pagina Facebook, il soldato Kushnir ha raccontato la guerra a partire dal 24 febbraio. "Sono all'inferno ma va bene così", scriveva Olena i primi di marzo già sul fronte più caldo. L'ultimo post è su Mariupol. "La mia città è morta. Sempre e per sempre", scriveva il 10 aprile.