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La rivoluzione russa di febbraio, cento anni dopo

Il calendario sovietico segnava il 23 febbraio 1917, nel resto del globo era invece l'8 marzo: il popolo e i soldati si unirono per mettere fine a oltre 300 anni di regno da parte della dinastia Romanov

La Rivoluzione di Ottobre mosse i suoi primi passi nel marzo di cento anni fa e trasformò in maniera radicale l'assetto sociale, politico ed economico della Russia e del mondo intero.

"Pace e pane": chiedeva questo a gran voce il popolo russo che insorse a Pietrogrado facendo scoppiare quella che è passata alla storia come la Rivoluzione di Febbraio. In Russia era il 23 febbraio 1917, nel resto del mondo l'8 marzo: la Giornata internazionale della donna, una festa socialista. La sommossa mise di fatto fine all'Impero russo e alla dinastia dei Romanov.

In quegli anni Pietroburgo era stata ribattezzata col nome di Pietrogrado per togliere alla città ogni eco di lingua tedesca. Intanto in Europa infuriava la Prima guerra mondiale e i soldati russi combattevano proprio contro gli eserciti di Germania e Austria-Ungheria.

Il "legame" con la Festa della Donna - Molte lavoratrici, esauste ed esasperate dalla miseria e dalle tante ore trascorse in fila per il pane dopo una lunga giornata in fabbrica, entrano in sciopero. E' la scintilla che accende la rivolta. Come in una reazione a catena, tantissimi operai seguono a ruota le donne poche ore dopo e paralizzano la città. Di lì a poco si uniranno a loro anche studenti ed esponenti della classe media.

La rivolta dei soldati - La reazione dello zar è dura: viene sguinzagliato l'esercito, che spara sulla popolazione inerme. Muoiono a decine, falciati dai proiettili. Almeno 60 secondo la maggior parte degli storici. Ma già a partire dal giorno successivo, quegli stessi soldati che avevano aperto il fuoco sui manifestanti passano dalla parte di chi protesta, e con loro i loro fucili. Interi reggimenti abbandonano la causa dello zar. Vengono distrutti e persino bruciati i simboli dell'impero, a partire dall'aquila bicipite.

L'ultimo viaggio dello zar - La capitale è nel caos, gli insorti sono diverse migliaia e Nicola II lascia il comando delle truppe al fronte per tornare a Pietrogrado. Prima ancora che arrivi, i rappresentanti del governo lo incontrano sul treno su cui sta viaggiando, nei pressi di Pskov, e lo convincono che è arrivato il momento di abdicare. In Russia è il 2 marzo 1917, il 15 marzo per il calendario gregoriano: è la fine della monarchia. Il granduca Michele, fratello dell'ormai ex zar, rinuncerà alla corona sotto le pressioni del governo e lo stesso Nicola II finirà presto agli arresti assieme alla famiglia. Un anno e mezzo dopo sarà massacrato dai bolscevichi con la moglie e i figli a Ekaterinburg.

Aver lasciato Pietrogrado per assumere personalmente il comando dell'esercito nel 1915 fu probabilmente un grave errore da parte dello zar, che fu così considerato direttamente responsabile delle sanguinose sconfitte subite dalle sue truppe, e quindi della morte dei due milioni di russi che persero la vita sul campo di battaglia.

La Russia prima e durante la rivoluzione - La Russia è messa in ginocchio dalla guerra: troppe braccia sono state strappate all'agricoltura per imbracciare le armi al fronte, l'inflazione è alle stelle, scarseggia il cibo, l'industria si concentra sulla produzione bellica ma mancano persino le materie prime. Nicola II, oggi venerato come un santo dalla chiesa ortodossa russa, è lontano dalla capitale e non ha più la situazione sotto controllo. Quando scoppia la rivolta, ordina di reprimerla nel sangue, ma non riesce a fermarla e torna quando è ormai troppo tardi. Che la famiglia imperiale fosse isolata lo si era capito da tempo. Già a dicembre un gruppo di nobili aveva ucciso Grigori Rasputin, un misterioso monaco siberiano che esercitava una forte influenza sulla zarina Aleksandra.

Il governo provvisorio e i soviet - Estromesso dal potere Nicola II, in Russia si crearono di fatto due sistemi paralleli di potere: da un lato c'era il nuovo governo provvisorio guidato dal principe liberale Gheorghi Lvov, di cui faceva parte anche il socialista Aleksandr Kerenskij, dall'altro c'erano i soviet sorti per iniziativa dei partiti di sinistra, degli operai, dei contadini, degli studenti e dei soldati. Il più importante era quello di Pietrogrado. In principio non furono i bolscevichi a prevalere nei soviet, ma i menscevichi e i socialisti rivoluzionari. Le cose cambiarono però nei mesi a venire. Il nuovo nemico era diventato proprio il governo provvisorio di Kerenskij. Fu questa la seconda scintilla della Rivoluzione russa, quella che porterà alla grande sommossa di ottobre e alla presa del Palazzo d'Inverno.