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Regeni, pm Roma: "Fu torturato a più riprese con pugni, bastoni e mazze"

Almeno quattro depistaggi messi in atto dagli apparati egiziani in relazione alla morte del ricercatore italiano. Lʼesame autoptico ha dimostrato che le torture avvennero a più riprese

Sono almeno quattro i depistaggi messi in atto dagli apparati egiziani in relazione alla morte di Giulio Regeni.

Tra questi, ha spiegato il sostituto procuratore di Roma, Sergio Colaiocco, in audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta, "l'autopsia svolta a Il Cairo" che parlava di "traumi compatibili con un incidente stradale" e il far trovare Regeni nudo per "collegare la morte di Giulio ad un movente sessuale".

Torturato a più riprese Dall'audizione svolta nella commissione parlamentare, sono emersi soprattutto dettagli sulla morte del giovane ricercatore. Giulio Regeni, infatti, è stato torturato "in più fasi", dopo la sparizione del 25 gennaio 2016 e il giorno della morte, tra l'1 ed il 2 febbraio successivo. Il fatto è stato ricordato e sottolineato dal pm Sergio Colaiocco nel corso della sua audizione. 

 

"Violenta azione su varie parti del corpo" "L'esame autoptico svolto in Italia ha dimostrato che le torture sono avvenute a più riprese. L'esame della salma - ha spiegato il magistrato - depone per una violenta azione su varie parti del corpo. I medici legali hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Giulio è morto, presumibilmente il 1 febbraio, per la rottura dell'osso del collo".

 

I falsi per depistare le indagini "Nell'immediatezza dei fatti sono stati fabbricati dei falsi per depistare le indagini", ha spiegato Colaiocco. "In primis l'autopsia svolta al Cairo che fa ritenere il decesso legato a traumi compatibili con un incidente stradale. Altro depistaggio è stato quello di collegare la morte di Giulio ad un movente sessuale: Regeni venne fatto ritrovare nudo".

 

Il racconto falso Il pm di piazzale Clodio ha poi aggiunto che "esistono altri due rilevanti tentativi di sviare le indagini. "Il primo alla vigilia della nostra trasferta del 14 marzo del 2016. Due giorni prima un ingegnere parla alla tv egiziana raccontando di avere visto Regeni litigare con una persona straniera non lontano dal consolato italiano e fissa alle 17 del 24 gennaio l'evento. E' tuttavia emerso che il racconto è falso e ciò è dimostrato dal traffico telefonico dell'ingegnere che lo colloca a chilometri di distanza dal nostro consolato sia dal fatto che Giulio a quell'ora stava guardando un film su internet a casa".

 

"Depistaggio per tutelare l'immagine dell'Egitto" Successivamente, ha spiegato il pm, "il soggetto che ha messo in atto il tentativo di depistaggio ha ammesso di avere ricevuto quelle istruzioni da un ufficiale della Sicurezza nazionale che faceva parte, tra l'altro, del team investigativo congiunto italo-egiziano. Un depistaggio voluto per tutelare l'immagine dell'Egitto e incolpare stranieri per la morte di Regeni".  E su questo episodio "non ci risulta che la Procura del Cairo abbia mai incriminato nessuno. Il quarto tentativo di depistaggio è legato all'uccisione di cinque soggetti appartenenti ad una banda criminale morti nel corso di uno scontro a fuoco. Per gli inquirenti egiziani erano stati loro gli autori dell'omicidio", ha concluso.  

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