Addio a un protagonista

Morto Dick Cheney, il vice di Bush che guidò la guerra al terrorismo dopo l'11 settembre

Si è spento a 84 anni l'ex vicepresidente statunitense, figura centrale dell’amministrazione George W. Bush e artefice della "guerra al terrore" dopo gli attacchi dell’11 settembre 2001

04 Nov 2025 - 15:57
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È morto a 84 anni Dick Cheney, vicepresidente degli Stati Uniti dal 2001 al 2009, tra i principali artefici della strategia americana nella "guerra al terrore" seguita agli attentati dell'11 settembre. La notizia è stata resa nota dalla famiglia. Considerato uno dei più potenti vice nella storia degli Stati Uniti, Cheney ha accompagnato per due mandati la presidenza di George W. Bush, segnando in modo profondo la politica di sicurezza nazionale e la visione militare di Washington. Figura di rilievo e insieme divisiva, è stato protagonista delle decisioni che portarono all'invasione dell'Iraq nel 2003 e alla nascita della dottrina dell'intervento preventivo.

Dalla Casa Bianca al Pentagono: una carriera di potere e influenza

 Nato nel 1941 a Lincoln, in Nebraska, Cheney iniziò la carriera politica nel Partito repubblicano come deputato del Wyoming. Negli anni Ottanta servì nell'amministrazione di Gerald Ford e poi come segretario alla Difesa sotto George H. W. Bush, ruolo nel quale gestì l'intervento statunitense nella Guerra del Golfo del 1991. Dopo una parentesi nel settore privato, tornò sulla scena politica nel 2000, quando George W. Bush lo scelse come candidato alla vicepresidenza. La decisione si rivelò strategica: la sua esperienza e la conoscenza dell'apparato federale lo resero un punto di riferimento cruciale per la nuova amministrazione.

L'11 settembre e la nascita della "guerra al terrore"

 L'11 settembre 2001 Cheney si trovava alla Casa Bianca quando due aerei dirottati da al Qaeda colpirono le Torri Gemelle di New York. Da quel momento divenne uno degli uomini più ascoltati del governo, guidando la risposta americana all'attacco. Fu tra i primi a sostenere la necessità di un'azione militare in Afghanistan contro i talebani, considerati responsabili di aver dato rifugio a Osama bin Laden. La sua influenza contribuì a delineare la nuova dottrina di sicurezza nazionale, basata sull'intervento preventivo e sull'espansione dei poteri presidenziali in materia di difesa.

Il caso Iraq e le accuse sulle armi di distruzione di massa

 Pochi anni dopo, nel marzo 2003, Cheney sostenne con determinazione l'invasione dell'Iraq, affermando che il regime di Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa e mantenesse legami con al Qaeda. Le successive indagini internazionali dimostrarono che tali informazioni si basavano su intelligence errate. Ciononostante, Cheney difese per anni la legittimità dell'intervento, sostenendo che gli Stati Uniti avessero agito "sulla base delle migliori informazioni disponibili". Le sue posizioni e la sua fermezza alimentarono un dibattito globale che contribuì a ridefinire il ruolo dell'America nelle relazioni internazionali del XXI secolo.

Un vicepresidente onnipresente e controverso

 Durante i due mandati di Bush, Cheney esercitò un potere senza precedenti per un vicepresidente. Supervisionò le politiche di sicurezza interna, promosse la creazione del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale e sostenne programmi di sorveglianza estesa. Difese apertamente i metodi di "interrogatorio rafforzato" applicati ai sospetti terroristi e la detenzione senza processo nella base di Guantanamo. Scelte che gli valsero critiche da parte di organizzazioni per i diritti umani, ma che Cheney considerava strumenti indispensabili per prevenire nuovi attacchi.

Gli ultimi anni, le critiche a Trump e il sostegno a Kamala Harris

 Dopo il ritiro dalla politica attiva, Cheney pubblicò libri di memorie e sostenne la carriera della figlia Liz, deputata del Wyoming. Nel 2021 condannò duramente l'assalto al Congresso da parte dei sostenitori di Donald Trump, definendo l'ex presidente "un codardo" e "una minaccia senza precedenti per la repubblica". Negli anni seguenti fu progressivamente emarginato dal suo partito, fino ad annunciare il proprio voto per la democratica Kamala Harris alle presidenziali del 2024, dichiarando di voler "mettere il Paese al di sopra del partito".

L'eredità politica di una figura divisiva

 Colpito da problemi cardiaci fin da giovane età, Cheney sopravvisse a diversi infarti e a un trapianto di cuore nel 2012. La sua carriera, durata oltre quarant'anni, ha lasciato un'impronta indelebile sulla storia politica americana. Ricordato da molti come il "vero architetto" della politica di sicurezza dell'era Bush, rimane una figura centrale per comprendere la trasformazione degli Stati Uniti dopo l'11 settembre. Cheney lascia la moglie Lynne, le figlie Liz e Mary e sette nipoti.

Gli effetti della guerra in Iraq sull'equilibrio del Medio Oriente

 L'intervento militare del 2003, sostenuto da Dick Cheney e dall'amministrazione Bush, ebbe conseguenze durature sull'assetto geopolitico della regione. La caduta del regime di Saddam Hussein aprì un lungo periodo di instabilità in Iraq, caratterizzato da guerre civili, tensioni etniche e l'ascesa di gruppi jihadisti come l'Isis. L'assenza di un piano politico post-bellico coerente e la dissoluzione dell'esercito iracheno alimentarono il caos interno, contribuendo alla radicalizzazione di ampie aree del Medio Oriente e ridisegnando l'influenza di Iran e Stati Uniti nella regione.

Bush rende omaggio a Cheney: "Al mio fianco per otto anni"

 L'ex presidente George W. Bush ha reso omaggio al suo fedelissimo ex vice, definendolo "uno dei migliori servitori pubblici della sua generazione". In una nota ufficiale, Bush ha ricordato l'integrità, l'intelligenza e la serietà con cui Cheney ha ricoperto ogni incarico pubblico, sottolineando che "ha sempre reso onore al Paese che amava". L'ex inquilino della Casa Bianca ha raccontato di aver inizialmente incaricato Cheney di trovare un candidato alla vicepresidenza per la campagna del 2000, ma di aver poi compreso che "Dick era la persona di cui avevo bisogno. Sono ancora grato che sia stato al mio fianco per gli otto anni successivi, è stata una presenza calma e costante alla Casa Bianca in mezzo a grandi sfide nazionali. Contavo su di lui per i suoi consigli onesti e schietti, e non ha mai mancato di dare il massimo. È rimasto fedele alle sue convinzioni e ha dato priorità alla libertà e alla sicurezza del popolo americano".

Il ruolo di George W. Bush nelle decisioni sulla guerra in Iraq

 Sebbene Dick Cheney fosse il principale promotore della linea d'intervento, il presidente George W. Bush ne assunse pienamente la responsabilità politica e istituzionale. La decisione di invadere l'Iraq nel marzo 2003 fu giustificata pubblicamente con il rischio delle presunte armi di distruzione di massa, una tesi poi smentita. Bush difese la scelta come "necessaria per la sicurezza dell'America", pur riconoscendo anni dopo che le informazioni d'intelligence erano state errate. Il suo secondo mandato fu segnato dal tentativo di gestire le conseguenze del conflitto e dal progressivo calo di consenso interno e internazionale.

Liz Cheney e la rottura con il Partito repubblicano

 Figlia maggiore di Dick Cheney, Liz Cheney ha rappresentato per diversi anni il Wyoming alla Camera dei Rappresentanti. Esponente conservatrice tradizionale, fu tra le pochissime repubblicane a votare per l'impeachment di Donald Trump dopo l'assalto al Congresso del 6 gennaio 2021. La sua posizione le costò l'espulsione dal gruppo parlamentare e la sconfitta alle primarie del 2022. Appoggiata dal padre, ha poi fondato un comitato per la difesa della Costituzione, sostenendo che il partito si sia "allontanato dai suoi valori originari di libertà e responsabilità".

La dottrina neoconservatrice e la politica americana degli anni Duemila

 La visione politica promossa da Cheney e dai principali membri dell'amministrazione Bush si fondava sul principio che la sicurezza nazionale degli Stati Uniti potesse essere garantita attraverso l'espansione della democrazia e l'uso preventivo della forza. Questa dottrina neoconservatrice, teorizzata già negli anni Novanta dal "Project for the New American Century", segnò profondamente la politica estera americana dei primi anni Duemila. L'idea di un'America "interventista" e guida morale del mondo portò a un decennio di guerre e a una profonda revisione dei rapporti internazionali, con riflessi ancora oggi visibili in Medio Oriente e in Asia.